Santa GEMMA GALGANI
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Realizzazione 
Angelo Masciello

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I genitori della santa descritti dal suo direttore spirituale, padre Germano Ruoppolo.

"Suo padre Enrico seguiva con occhio attento i rapidi progressi della sua Gemma nella virtù e nello studio, e benedicendone Dio, si sentiva crescere sempre di più in cuore la tenerezza per quella cara figliolina. Nei giorni di vacanza dalla scuola, la voleva sempre presso di sé, e quando non poteva averla, nel ritornare la sera in casa, la prima sua parola era quasi sempre questa: "E Gemma dov'è?" Ed i familiari gli additavano la cameretta, dove la cara fanciulla era solita di starsene ritirata tutta sola studiando, lavorando o pregando, di modo che pareva che in casa punto non vi fosse. Uscendo in città o in campagna, la conduceva seco per farla passeggiare all'aperto. I negozi meglio provveduti dovevano fornirle le vesti e gli abbigliamenti, e i migliori alberghi i cibi e i ristori, quando, per non potersi restituire in famiglia, gli toccasse desinare fuori di casa. In verità non è troppo da lodarsi in un padre questa soverchia parzialità, per quanto si voglia dire meritata, sapendosi a quali gelosie e dissapori apra d'ordinario la via. A Gemma stessa, la cui rettitudine di mente e di cuore si mostrò, sono per dire, fin dal suo primo uscire dalle fasce, un tal procedere del padre non piaceva, e se ne rammaricava forte, e spesso ne muoveva lamento con lui, protestandosi di non meritare punto quei riguardi, e dichiarando di non volerli. E quando non riusciva ad impedirli, stretta dal dispiacere si scioglieva tutta in lacrime. Talvolta ancora accadeva che il tenero padre, presa la bambina sulle ginocchia, si provasse a farle delle carezze e a darle qualche bacio; ma non vi riuscì quasi mai. A quell'angelo in carne sembrava, fin da quella tenera età, che in fatto di modestia non si dovesse far distinzione tra persona e persona, e perciò divincolandosi con quanto aveva di forza: "Babbo - diceva piangendo - non mi tocchi!" "Ma son pure tuo padre!" - ripigliava quello. "Sì, babbo, ma io non vo' esser toccata da nessuno". E il padre per non contristarla, tosto smetteva, e anziché rimanerne dispiacente, finiva d'ordinario con mescolare le proprie lacrime con quelle della figlia, e si allontanava stupefatto di tanta virtù in sì tenera bambina. La cara Gemma poi attribuendo queste sue piccole vittorie al piangere, avveduta siccome fu sempre, sapeva ben tenere in serbo quelle sue innocenti lacrime per qualsivoglia bisogno, sempre onesto, ben inteso; e non fu mai vero che non le riuscissero a bene.

Di tutt'altra tempra da quello del padre e degli altri domestici, era l'amore che a Gemma portava e dimostrava sua mamma Aurelia, quantunque esso non fosse men grande e forte. La Signora Aurelia non era soltanto buona cristiana, ma una vera santa, ed uno dei più perfetti modelli da proporsi ad imitare alle madri cattoliche. Pregava di continuo, ogni mattina si accostava alla sacra mensa con sentimenti di viva pietà, recandosi in chiesa anche con suo grandissimo disagio, e perfino con la febbre addosso. E da quel sacro cibo ritraeva forza e vigore per adempiere con puntualità e perfezione ogni suo dovere. Ella amava tutti i suoi figli, e prediligeva, come dissi, la Gemma, in cui meglio d'ogni altro era in grado di ravvisare il dono di Dio. Assai per tempo infatti la grazia celeste aveva preso ad operare in quella cara animuccia, e si vedeva chiaro nell'indole di lei così buona e arrendevole, nel suo amore alla ritiratezza e al silenzio, nell'aborrimento per le vanità e i sollazzi, e in una maestà di contegno, non certo propria dell'età infantile. Onde consapevole com'era del suo dovere, anziché confondersi con dimostrazioni inutili di sensibile affetto, si diede con ogni cura a coltivare in quell'anima i germi precoci delle virtù; ed eccola ad un tratto da madre farsi spirituale direttrice della figliola. La stessa Gemma, piena di riconoscenza verso il Signore, che le aveva dato tal madre, ricordava sovente le assidue e molteplici industrie, con cui si esercitava sopra di lei questo materno magistero, e dichiarava di dovere principalmente a sua madre la conoscenza di Dio e l'amore alla virtù. Ella era solita di prenderla in braccio, e stringendosela al seno, spesso con gli occhi pieni di lacrime le suggeriva santi ammaestramenti. "Mi ricordo - così scrive Gemma - che la mamma mia quando ero piccina (sotto ai 7 anni) era solita spesso prendermi in braccio, e più volte nel farlo piangeva. Ho pregato tanto [diceva] affinché Gesù mi desse una bimba; mi ha consolata, è vero, ma assai tardi. Io sono malata, mi ripeteva, e dovrò morire, ti dovrò lasciare". E qui prendeva a spiegarle le verità di nostra santa fede, i pregi dell'anima, la bruttezza del peccato, la felicità di essere tutta di Dio, e la vanità delle cose del mondo. Altre volte le mostrava l'immagine del Crocifisso, e le diceva: "Vedi, Gemma, questo caro Gesù è morto in croce per noi". E adattandosi alla capacità della fanciullina, si studiava di farle intendere il mistero dell'amor di Dio, e la maniera con cui ogni cristiano è obbligato di corrispondergli. Di poi le insegnava il modo di pregare, e per avvezzarvela, la tratteneva con se a recitare diverse orazioni, la mattina al primo alzarsi di letto, la sera prima di porla a dormire, e assai di frequente durante il corso del giorno.