La Biblioteca di S.
Maria di Pugliano nel cammino storico delle biblioteche passioniste del
Lazio sud: '700 e '800. P. Giuseppe
Comparelli
I dati fisiologici, gli
incrementi
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Quando tutto fu
riacquistato dallo Stato in asta pubblica nel 1896 ritornò la sicurezza
del possesso e un certo interesse alla tutela del patrimonio librario,
ma in un contesto ancora sfavorevole. Qui va messo in conto che,
soprattutto all'inizio di queste operazioni anticlericali di Stato, i
conventi e, ovviamente, le biblioteche rimasero incustoditi per qualche
tempo, altra premessa per spiegare ammanchi di titoli non strettamente
ecclesiastici.
A questo punto viene
spontanea la domanda: in che consisteva di fatto il patrimonio librario
passionista quando se ne occupò il Demanio? Dobbiamo ricordare che ai
lenti, ma continui, acquisti dell'Istituto si deve aggiungere un corposo
ingresso di titoli provenienti da soppressioni precedenti a quella che
interessò il Lazio dopo il 1870: un notevole fattore di incremento per
questi fondi antichi.
Il primo caso fu quello
legato alla Compagnia di Gesù, temporaneamente soppressa nel 1773.
Dalle ricche biblioteche delle sue sedi pervennero fondi alla casa
centrale dei passionisti di Roma. Da questi attinsero i superiori
prima e dopo la vicenda napoleonica per rifornire le biblioteche delle
due province religiose che allora costituivano l'Istituto. Questi libri
oggi sono riconoscibili sia per il monogramma sul frontespizio (quando
gli autori sono gesuiti) sia dalle pertinenze manoscritte, frequenti sui
libri antichi. Inutile dire che questi volumi, allora attuali,
contribuirono ad allargare l'orizzonte culturale della Congregazione.
Valga solo l'esempio del P. von Storchenau che fu affiancato agli autori
domenicani di filosofia per le sue stimatissime Institutiones logicae
et metaphysicae. E così il Calino, il Croiset, il Cattaneo ecc. Non
che si ignorassero questi nomi più legati alle tematiche pastorali, ma
un massiccio ingresso di autori in varie discipline, con un. taglio e un
metodo allora moderno e rigoroso, certamente giovò agli studi e alla
cultura dei soggetti.
Di tutt'altra qualità
fu l'altro considerevole ingresso di titoli, questa volta esclusivamente
nelle biblioteche passioniste del Lazio sud, e avvenne nel 1866 in
seguito alla chiusura della sede passionista dell'Aquila, ex Regno di
Napoli, con l'applicazione delle leggi piemontesi sull'incameramento dei
beni ecclesiastici.
La sede, già monastero
degli Olivetani, era stata offerta ai passionisti nel 1830. Era
dotata di ricca biblioteca con testi e codici antichi. I volumi rimasti
sono tuttora riconoscibili dal timbro con cui i Passionisti segnarono e
inventariarono. Un registro è giunto fino a noi con la data del 1848.
Prima di abbandonare forzatamente il monastero i religiosi avevano
provveduto per tempo a porre in salvo casse con incunaboli,
cinquecentine ed altri ottimi esemplari di varie discipline. Oggi non
tutto è fruibile di questo fondo che fu smembrato per più case, quelle
appunto che erano nel sud dello Stato Pontificio, non ancora occupato,
ma si ha motivo per affermare che la biblioteca di S. Maria di Pugliano
ebbe la parte più consistente e pregiata.
Il caso della
biblioteca dell'Aquila è indicativo di tutto un sistema congeniale alla
pratica della condivisione nella vita religiosa, con cui si programmava
la circolazione del libro. Era prassi che l'apertura di una nuova sede
fosse accompagnata da un minimo di provvista di libri, almeno quelli
indispensabili all'alimentazione spirituale e culturale della propria
identità. Questo successe per la stessa sede dell'Aquila nel 1830 e
successe per quella di Caserta, presso il Palazzo Reale, nel
1855, come pure per altre che ebbero rapporto di giurisdizione
territoriale con le sedi del Lazio sud: Aversa, Isola del Gran Sasso,
Moricone, ecc. Ci soffermiamo su quella di Caserta per qualche
significativo particolare documentato. Qui fu lo stesso Superiore
generale P. Antonio Testa a stilare la lista dei volumi che poi spedì
in una cassa da Roma: Billuart, RoseIli, Rodriguez, Navarra, Alfonso de
Liguori, ecc. pregando i confratelli di far acquisti a Napoli per la
maggior convenienza dei prezzi rispetto a Roma (Lettera del 6 febbraio
1855).
Gli stessi religiosi che formarono quella prima comunità
portarono con sé volumi dalle biblioteche dei Lazio sud, soprattutto il
superiore P. Gabriele Abisati, uomo di cultura noto a suo tempo:
parteciperà come teologo al Concilio Vaticano I nel 1869-1870. Lo
stesso tenente Garzia, incaricato dal re a preparare la sede per i
religiosi ebbe l'ordine di provvedere per una biblioteca e raccogliere
titoli dietro suggerimento degli interessati. Nel frattempo Ferdinando
II pregò i religiosi di servirsi della biblioteca reale finché non
fosse allestita quella, conventuale. Tutto finì disperso nel 1866 con
l'occupazione piemontese e l'applicazione delle leggi anticlericali.
Questa circolazione del
libro, conseguente a scelte e tempi di povertà, guida a comprendere
innanzitutto una certa qualità patrimoniale del libro come lettura e
reazione collettiva, ma anche come possibile rapporto complementare
delle biblioteche in questione. I timbri che spesso si affiancano sui
frontespizi sono documenti di viaggi di fondazioni, di espulsioni, di
salvataggi... quasi una cronistoria.
Accennando ora al tema
d'ella conservazione ricordiamo che i volumi provenienti dall'Aquila
avevano segni recenti di restauro e di rilegature con pergamene di
codici mutili. Questo può spiegare perché in quegli anni si avviarono,
o si continuarono, laboratori di rilegatura e restauro in questi
conventi. Si curarono - e talvolta si integrarono con scrittura a mano -
testi slegati e inutili, collane acquistate in Veste economica ecc. Il
religioso più attivo in questo lavoro fu il fratello laico Angelo
Maceroni (1869) che diresse le operazioni sicuramente alla sede di
Paliano e in parte anche a Falvaterra e Ceccano.
I dati fisiologici, gli
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