IL
PADRE DELLA
FAMIGLIA PASSIONISTA
prima parte, pubblicata
da P. Alberto Pierangioli sul Mensile " AMICI di Gesù Crocifisso" - settembre
2001
Carattere e formazione
Paolo Danei, detto poi della
Croce, nacque in Ovada (AL) il 3 gennaio 1694 e morì in
Roma il 18 ottobre 1775. Fu il primo dei sei figli su 15 nati
che sopravvissero alla mortalità infantile. Alto circa m. 1.75,
era di forte costituzione per cui nonostante gli attacchi di
malaria, di reumatismi acuti, della sciatica, delle frequenti
palpitazioni di cuore e di altre malattie dovute alle gravi
penitenze e ai molti strapazzi affrontati per l'apostolato e per
la fondazione della congregazione, giunse a quasi 82 anni di età,
mentre la media della vita si aggirava allora sui 35/40 anni.
Visse una parte
importante della vita sul promontorio dell’Argentario (GR),
che formava lo "Stato dei Presidi", una
piazzaforte militare di prim’ordine, contesa tra Spagnoli e
Austriaci. Vide 4 guerre e spesso vi fu coinvolto, esercitandovi
la sua eroica carità. Svolse il suo apostolato nel secolo dei "lumi",
che tanto osteggiò e limitò la vita della Chiesa, specialmente
degli istituti religiosi.
Paolo ebbe un carattere
definito dai contemporanei «igneo e fervido», o «sanguigno ed
assai sensitivo», per cui sentiva fortemente ogni avvenimento
gioioso o penoso che fosse, ed era esposto a molte sofferenze
psicologiche. A questo stato d'animo si aggiunsero per lunghi
anni le prove spirituali che gli facevano dire: «vi sono
giorni e son quasi tutti, che non so come fare a soffrir me
stesso. Eppure mi sforzo con gran fatica a soffrire gli altri,
ma sempre manco». I testi però sono concordi nel
riconoscere la sua affabilità, la gentilezza nel trattare con
garbo e dignità ogni persona. Era considerato e chiamato
"la mamma" della comunità.
Univa poi ad una grande
prudenza una straordinaria sollecitudine nel compiere quanto
deciso. Nella sua formazione fu rilevante l'influsso
dell'ambiente familiare, in cui i genitori, Luca (+ 1727) e Anna
Maria Massari (+ 1746), davano esempio di una grande fede in
Dio, di una sincera devozione a Gesù Crocifisso da
cui attingevano il coraggio per una dedizione senza limiti ai
figli.
Paolo fu vicino alla
madre che portò avanti le molteplici gestazioni mentre la morte
le rapiva nove figli ed aiutò il babbo nel commercio, che era
l'unica fonte di sostentamento per la famiglia. Intraprese a
questo scopo molti viaggi, venendo a contatto con gente di varia
mentalità.
Un valido aiuto
formativo egli lo trovò anche nelle confraternite, che in quel
tempo raccoglievano i laici migliori e li impegnavano nella vita
di fede e nelle opere di carità. Si andò formando negli studi
secondo le possibilità che gli offrirono i continui
trasferimenti della famiglia. Studiò a Roma teologia in modo
metodico per più di un anno, prima dell'ordinazione
sacerdotale, presso i Francescani dell'Isola Tiberina.
Dotato di felicissima
memoria e ottima intelligenza, poté acquistare così una buona
cultura generale e teologica. Le illuminazioni poi dello Spirito
Santo, avute nelle esperienze mistiche, lo resero esperto
maestro di spirito, dal giudizio prudente e sicuro. La
conoscenza dei veri bisogni del popolo, insieme alla sapienza
evangelica che aveva, lo aiutarono anche ad avere un giudizio
morale improntato a misericordia senza lassismo, a fiducia in
Dio per i meriti della passione di Gesù, accompagnata però da
una costante pratica delle virtù e nutrita con i sacramenti
specie dell'Eucaristia. Concorse così a ridare al popolo
cristiano il senso della bontà di Dio affievolito dall'influsso
giansenista.
Gli autori che
maggiormente influirono nella sua vita offrendogli idee,
immagini e frasi, furono s. Francesco
di Sales, s. Teresa di Avila, s. Giovanni della Croce, infine il
domenicano tedesco Giovanni Taulero che ha presente in modo
particolare dopo il 1748.
La scoperta della sua vocazione
Nel 1713, sembra il 22
luglio, festa di s. Maria Maddalena, Paolo ascoltando un
discorso del parroco fu talmente folgorato interiormente dalla
grandezza, dall’amabilità di Dio da vedere in modo totalmente
nuovo la sua vita. Ebbe il dono di una contrizione tanto grande
dei suoi difetti che fece una confessione generale, battendosi
il petto con una pietra e proponendo di «darsi ad una vita
santa e perfetta».
L'effetto più immediato di questa «conversione»,
come lui la chiama, fu scoprire Dio come «il suo DIO», «il
suo Amato Bene», come «l'Immenso», «l'Infinita
Bontà», "il Tutto", per cui la sua
adesione a Dio in avvenire non fu più un atto intellettuale,
anche se illuminato dalla fede, ma un vivere il mistero pasquale
di Cristo, che divenne per lui «Gesù nostro vero Bene»,
"l’Amore Crocifisso" o anche «Gesù Sposo».
Questo evento segnò
l'inizio di una profonda trasformazione interiore e della sua
vita mistica, rendendolo disponibile ad accogliere la vocazione
particolare che Dio gli donava.
questo clima maturò il
desiderio del martirio per difendere la fede, per cui accolse
l'invito lanciato ai cristiani da Clemente XI, nel 1715, perché
si arruolassero come crociati per aiutare Venezia a difendere
dai Turchi l'occidente cristiano. Mentre si trovava a Crema per
l'arruolamento, nel giovedì grasso, 20 febbraio 1716, entrò in
una chiesa per adorare il SS. Sacramento esposto per le
quarantore e comprese che non era chiamato alla difesa armata
della fede cattolica. Tornò in famiglia continuando ad aiutare
il babbo mentre sviluppava la sua vita spirituale ricevendo
particolari illustrazioni interiori sui misteri della fede.
Nel 1717 ricevette la
prima illuminazione circa la sua vocazione: si sentì
interiormente spinto a ritirarsi in solitudine per fare «vita
penitente con altissima povertà». Entro il 1718 ebbe
un'altra illuminazione interiore di «radunar compagni per
stare poi uniti assieme per promuovere nelle anime il santo
timore di Dio». Nell'estate del 1720 ebbe l'illuminazione
decisiva. Si vide interiormente vestito di un abito nero su cui
spiccava un cuore col Nome di Gesù e l'indicazione della sua
passione, mentre sopra il cuore era posta una croce.
Comprese
che doveva vestire così per far lutto in memoria della passione
di Gesù e promuoverne la «grata memoria» nell'animo
dei fedeli. In questa luce ebbe una comprensione nuova delle
esigenze di solitudine, di povertà e di penitenza sentite
anteriormente. «Dopo queste visioni della santa tonica con
il ss.mo segno, mi ha dato Iddio maggior desiderio ed impulso di
congregare compagni e, con la permissione di S. Madre Chiesa,
fondare una Congregazione intitolata: "I Poveri di Gesù".
E dopo ciò il mio Dio m'ha fatta restare infusa nello spirito
la forma della Regola santa da osservarsi dai Poveri di Gesù e
da me » (L. IV,219).
Per seguire questa
vocazione rinunciò a proposte di matrimonio e a una eredità
lasciatagli dallo zio sacerdote. Il discernimento, iniziato con
il direttore spirituale, lo terminò con il vescovo di
Alessandria, mons. Francesco A. di Gattinara (+ 1743). Questi,
dopo averne ascoltato la confessione generale ed averci parlato
a lungo, si assicurò sufficientemente della credibilità di
quanto il santo affermava ed acconsentì a vestirlo dell'abito
nero di penitenza il 22 novembre 1720, giorno di venerdì.
Quindi gl’ingiunse di ritirarsi per 40 giorni nella chiesa dai
santi Carlo ed Anna a Castellazzo (AL), di annotare ogni giorno
quanto passava nel suo spirito e scrivere la regola per la
progettata congregazione. Paolo visse giorni di grandi prove
spirituali, ma anche di profonde esperienze mistiche,
specialmente circa la Passione di Gesù e l’Eucaristia. Grazie
all’ordine del vescovo, abbiamo avuto il Diario spirituale dei
40 giorni, un documento eccezionale di esperienza mistica. (continua).
Parte
seconda -->>
Sunto dal libro "La Passione di Gesù in San Paolo
della Croce" del P. Martin Bialas e dal volume "Lettere
di S. Paolo della Croce" del P. Fabiano Giorgini.
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