La Biblioteca di S.
Maria di Corniano nel cammino storico delle biblioteche passioniste del
Lazio sud: '700 e '800.
P. Giuseppe
Comparelli
Tipologia e analisi
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Ciò non toglie che
già a metà '800 le biblioteche che stiamo esaminando avessero volumi
di autori non tomisti come Genovesi, Pourchot, Galluppi, Gioberti,
Rosmini, ecc. affiancati a quei loro coetanei che nei seminari
prepararono la rinascita tomista come Sanseverino, Signoriello,
Liberatore, ecc. senza dire di qualche nome locale come il sorano
Marsella. Un assortimento che documenta il dialogo serrato, a volte
polemico, col pensiero laico, rappresentato in queste opere più dagli
autori francesi e tedeschi che dai ripetitori italiani.
Passando oltre sarà
forse superfluo dire che in queste biblioteche erano ben rappresentati
gli autori latini, su cui indugiavano i corsi istituzionali interni:
Cesare, Cicerone, Virgilio, Orazio, Livio, Nepote, Sallustio, ecc. meno
presenti gli autori greci. I testi rimasti e i corrispettivi dizionari
latini, come il diffusissimo Calepino, fanno ben indovinare l'uso
prolungato.
Discorso a parte per la
letteratura italiana, i cui titoli non sembrano abbondare perché
tocchiamo un settore sicuramente sfoltito dal consumo interno e da
attenzioni esterne. Il tempo di cui ci stiamo interessando dava molto
peso agli studi letterari in un ciclo che veniva detto "retorica".
Era ritenuto fondamentale per preparare i soggetti destinati a parlare
al pubblico e a scrivere. Anche qui l'approccio diretto agli autori era
di norma. Ma questi testi sono scomparsi, tranne qualche copia di
Ariosto, Tasso, Metastasio, Alfieri, Parini.
E' significativo che di
alcuni sia scomparso, tutto: Dante, Petrarca, ecc. come pure
trattatisti e grammatici che erano base di corso. Se si incontrano
testi come Manzoni, Giusti, Tommaseo, ecc. sono facilmente casi
posteriori alle leggi eversive dello Stato unitario, quale che sia la
data di stampa. Anzi è possibile imbattersi in autori di narrativa
anticlericale come Sue e Guerrazzi (biblioteca della Badia di Ceccano)
oggi in ombra. Comunque sono casi a sé perché in un concetto di
biblioteca ideale entravano, allora, solo autori consacrati da stima
sicura.
Ricchi di curiosità,
oltre che di ingenuità, sono quei titoli extra, rispetto alle
discipline umanistiche ed ecclesiastiche, che hanno tanto fascino per
noi di oggi: astrologia, floricoltura, occultistica, medicina spagirica,
ecc. La biblioteca di S. Maria di Pugliano su questo ha titoli di
interesse per studiosi e bibliofili c'è il testo voluminoso del
Donzelli, quello della fisiognomica di G.B. della Porta, 1610, Lo
studio di chiromanzia ed altro di N. Spadon (1672) l'erbario del
Mattioli ('500) lo studio sulle impoilazioni dalle Indie occidentali
pertinenti alla medicina, di N. Monardes (1589), Il trinciante di
V. Cervio unito all'arte della cucina di B. Scappi ('500) ecc. Tutto un
vivo desiderio di sapere le forze palesi e occulte della natura. Ma la
natura col suo teatro terrestre è affrontata bene nelle pagine
settecentesche della Storia naturale del Buffon (Badia) e
nella Storia dei viaggi del De La Harpe (42 volumi) dando a
questi fondi antichi una propria compiutezza.
Le discipline fin qui
elencate, qualcuna appena nominata, corrispondono a settori che
registravano lenti accrescimenti, quando non erano reparti quasi inerti.
Questo poteva succedere in epoche che coltivavano interessi più mirati,
a danno di altri. Uno di questi è quello patristico che appare
trascurato in qualche periodo. Ma c'è in proposito anche qualche
smentita: la divulgazione e gli studi sulla Bibbia. Questi fondi nel
loro piccolo documentano una grande attenzione in proposito: le collane
di interpretazione testuale sono nutrite ed erudite: Calmet, Sacy, van
den Steen, ecc. oltre i testi integrali, latini e italiani, già dal
'500, anche con deliziose xilografie in edizioni tascabili e popolari (senza
dire dei commenti di Nicola Da Lira nell'edizione del 1472 e del 1495 in
queste biblioteche), fanno giustizia di quella "paura"
cattolica della Bibbia che qualche storico della stampa ancora va troppo
sottolineando (per esempio V De Carlo, 1994).
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