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PELLEGRINAGGIO Urna di
san Gabriele |
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"Dio non guarda il
quanto ma il come; la nostra perfezione non consiste nel fare le cose
straordinarie ma nel fare bene le ordinarie".
(san Gabriele dell'Addolorata) |
padre Norberto Cassinelli,
chiamato da Gabriele nella sua cameretta, si sentì chiedere:
"Padre, mi dica se nel mio cuore c'è qualcosa che non piace a Dio,
perché la voglio strappare".
Tomba di san Gabriele
nella prima Basilica
il nuovo Santuario
all'Isola del Gran Sasso
(Teramo)
la prima Basilica
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Breve
BIOGRAFIA di
san Gabriele
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dal
sito web del santuario
"La mia
vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro
queste sacre mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata
mi sembrano 24 brevi istanti; davvero la mia vita è piena di
gioia"
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SAN GABRIELE POSSENTI DELL’ADDOLORATA
è uno dei santi più popolari del mondo. Il suo santuario ai
piedi del Gran Sasso d’Italia (Teramo) ogni anno è ambita
meta di pellegrinaggio per milioni di devoti. Metà umbro per
via del padre avvocato Sante Possenti e metà marchigiano per le
origini della mamma Agnese Frisciotti, ogni abruzzese lo ritiene
talmente tutto suo che farebbe a pezzettini chiunque osasse
avanzare dei dubbi.
Nato ad Assisi il 1° marzo 1838, la sera stessa fu battezzato
nella cattedrale di san Rufino che sette secoli prima aveva
accolto l’illustre concittadino san Francesco. Era quasi
inevitabile che ne ereditasse anche il nome. Gabriele infatti è
il nome d’arte scelto al momento di farsi religioso, ma all’anagrafe
è registrato Francesco Possenti, Checchino per familiari e
amici.
Ben presto conosce l’asprezza del vivere perché a quattro
anni è già orfano di madre. Nel frattempo il padre,
integerrimo governatore dello stato pontificio, ha già lasciato
Assisi e si è trasferito con tutta la patriarcale famiglia
nella prestigiosa sede di Spoleto (Perugia) dove Gabriele
trascorre l’infanzia e l’adolescenza fino a diciotto anni.
Cresce volitivo e vivace scorrazzando con i fratelli per le
ampie sale del palazzo finché non va a spiaccicarsi il nasino
contro una porta.
Impara a pregare, ma non manca di dare anche qualche grattacapo
al padre che a stento riesce a frenarne l’esuberanza. Si
dimostra sensibile soprattutto con i poveri ai quali non esita
ad allungare la merendina o l’intero marsupio scucito al
padre. Primeggia a scuola per intelligenza, diventa leader di
tutte le imprese goliardiche coinvolgendo negli scherzi anche i
professori che nelle recite gli affidano sempre il ruolo del
protagonista.
Frequenta salotti, teatro e jet set sempre attillato all’ultima
moda. Viene soprannominato il ballerino o il damerino elegante.
Però non scende mai a compromessi morali, non tollera
intrallazzi o scostumatezze, di fronte alle avances di un
balordo fa roteare per aria un coltellaccio a serramanico. Sotto
l’elegante abbigliamento qualche volta cinge il cilicio, è
capace di passare dal teatro alla chiesa.
Naturalmente anche per lui arriva il tempo delle mele. Bello e
seducente, è tampinato soprattutto dalla figlia dell’avvocato
Pennacchietti e Gabriele non pare insensibile alle sue
attenzioni. Però ogni tanto si ritrova incasinato perché un
campanello d’allarme gli ricorda che la vita non è tutta rose
e fiori. Gli eventi stanno precipitando, sorella morte sta
sgretolando la numerosa famiglia con ricorrenti lutti.
Gabriele sussulta e finisce quasi per smarrire le coordinate.
Qui ci vuole un monitoraggio. Torna a mulinare con insistenza
per la testa un vecchio progetto, quello di consacrarsi
totalmente a Dio nella vita religiosa. Una promessa già fatta
la prima volta a dodici anni nel delirio di un febbrone e
rinnovata di fronte ad ogni pericolo, scongiurato il quale la
routine aveva sempre ripreso il sopravvento.
A rompere gli indugi si incarica la Madonna stessa durante la
processione della sacra icona per le vie di Spoleto. E’ il 22
agosto 1856 e Gabriele, in ginocchio tra la folla, avverte che l’immagine
si anima, gli occhi della Madonna diventano lame scintillanti e
una voce risuona chiarissima nel cuore: "Ancora non capisci
che questa vita non è fatta per te? Segui la tua
vocazione". Colpo fatale che mette fine a tutti i
tentennamenti. Superando inenarrabili difficoltà, quindici
giorni dopo è già nel noviziato dei passionisti a Morrovalle,
in provincia di Macerata. Nessuno riuscì a trattenerlo. E da
quell’istante fu tutta una corsa, una volata da internauta
verso la meta.
Ha diciotto anni e mezzo. La scelta della vita religiosa è
radicale e irrevocabile. Bacia piangendo di commozione la nuova
veste dark e ruvida, uno schiaffo al look del damerino che si
pavoneggiava per le vie di Spoleto. Ha trovato finalmente la sua
felicità. Ne informa ripetutamente i familiari: "La mia
vita è una continua gioia; la contentezza che provo dentro
queste sacre mura è quasi indicibile; le 24 ore della giornata
mi sembrano 24 brevi istanti; davvero la mia vita è piena di
gioia". Il papa Giovanni Paolo II durante la sua visita al
santuario nel 1985 confermò che "la gioia cristiana è la
nota caratteristica di san Gabriele".
le tappe della santità senza gesta clamorose, con una vita
semplice contrassegnata dall’eroicità nel quotidiano e
struggente devozione alla Madonna addolorata. Vuole strappare
dal cuore ogni minuzia che non palpita esclusivamente per il
Signore. Il suo direttore spirituale, il venerabile Norberto
Cassinelli, potrà affermare: "Questo ragazzo ha lavorato
con il cuore".
Passa gli ultimi due anni e mezzo sempre ritirato nel conventino
sperduto ai piedi del Gran Sasso tra ascensioni spirituali e
lavorio interiore le cui profondità sono note unicamente a Dio.
Solo qualche sortita all’aria aperta tanto per illudere i
polmoni già minati dalla tubercolosi, il male sottile che
presto lo condurrà alla tomba. Ma per lui è una festa e si
lancia verso il rush finale invocando la Madonna: "Mamma
mia, fa’ presto".
così la mattina del 27 febbraio 1862, al sorgere del sole, con
il volto trasognato e gli occhi sfavillanti che trafiggono un
punto fisso sulla parete sinistra, senza agonia sorride alla
Madonna che viene a incontrarlo. Ha 24 anni, ancora studente in
attesa dell’ordinazione sacerdotale. Ma ha già varcato la
soglia per celebrare la messa perenne nel rutilante spettacolo
dell’eternità in Dio.
La sua fama cominciò nel 1892 quando a trent’anni dalla morte
si verificarono i primi strepitosi miracoli tra la gente accorsa
in massa alla ricognizione delle spoglie. Beatificato da san Pio
X nel 1908, fu proclamato santo da Benedetto XV nel 1920 alla
presenza di oltre quaranta cardinali, trecento vescovi e un’incalcolabile
moltitudine convenuta da ogni parte del mondo. Nel 1926 Pio XI
lo dichiara compatrono della gioventù cattolica italiana e nel
1959 il beato Giovanni XXIII lo proclama patrono principale d’Abruzzo.(pde)
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