31 dicembre 2002. S. Gemma Galgani, una diagnosi per la santa (Articolo pubblicato sul quotidiano Avvenire). | |
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UNA
DIAGNOSI PER LA SANTA di Vittorino Andreoli In una vita segnata da lutti e molte malattie e sofferenze sopportate eroicamente, tra cui l’imposizione delle stimmate, trova posto anche un referto di "isteria" da parte di un valente psichiatra. Un parere che però non impedì la sua canonizzazione nel 1940. La storia di questa donna, che fu anche anoressica, è la prova che la follia può essere arricchita da una dimensione soprannaturale. Aldilà dei singoli fenomeni, cioè, esiste qualcosa di più, la santità appunto. Un capitolo della sua esistenza è costituito dall’esperienza dell’estasi, di cui restano diverse testimonianze scritte. In un processo di sublimazione e di idealizzazione dell’amore. Parlare di follia e santità nel caso di Gemma
Galgani non costituisce una metafora, ma ha un ben preciso riscontro storico.
Esiste infatti una diagnosi clinica formulata nel 1899 dallo psichiatra dottor
Pietro Pfanner, il quale aveva visitato Gemma (allora di 21 anni) su
sollecitazione del suo confessore monsignor Volpi. Dalla conclusione diagnostica nasce tra i religiosi vicini a Gemma un contrasto di opinioni riguardo ai suoi comportamenti che, di volta in volta, tendono a essere ricondotti alla santità o ad una psicopatologia. Lo stesso monsignor Volpi si è schierato a lungo tra gli scettici; mentre un sostenitore senza riserve del carattere soprannaturale degli eventi sarà padre Germano, una specie di padre spirituale aggiunto, cui Gemma si mostra profondamente legata. Dal punto di vista clinico, va sottolineato che il 1899
è un anno particolarmente significativo per porre una diagnosi di
isteria. Qualche tempo prima (1895) erano stati pubblicati infatti i famosi
"Studi" di Freud e Breuer, che le conferivano una nuova dignità
nosologica in campo psichiatrico, nel solco di una tradizione che si era andata
consolidando nell’ampia discussione tra un Charcot che la poneva come un
disturbo epilettico e uno Janet che ne sosteneva invece la natura psicogena. Egli indica anche la possibilità di due tipi di terapia per questa paziente: una fisica (che verrà, di fatto, attuata) con l’impiego dei cosiddetti "bottoni di fuoco", l’altra una terapia di suggestione. Insomma, ai tempi di Gemma Galgani, a differenza di quelli di santa Teresa di Avila, esiste già una psichiatria piuttosto attenta, centrata sulla isteria e con un sapere raffinato che risente anche di Freud. Io ritengo che il dubbio tra isteria e santità
non si possa risolvere con un aut–aut, come se alla persona che è
isterica si debba negare automaticamente la santità. Sono - al contrario
- convinto che si possa avere santità anche in una isterica. Se infatti
sul piano clinico la follia di cui è affetta Gemma è simile alle
manifestazioni di altre isteriche, si rileva una differenza straordinaria che la
pone all’antitesi, proprio per gli eventi che in Gemma sono strani e che
uomini di fede hanno interpretato come soprannaturali. La
personalità La mamma era mancata quando Gemma era ancora bambina. Il giorno della Cresima (26 maggio 1885) Gemma sa che la madre, già ammalata, dovrà morire. Avviene ciò che con termine mistico è definita "locuzione interiore". "Tutto ad un tratto una voce al cuore mi disse: me la vuoi dare a me la mamma? Sì - risposi - ma se prendete anche me. No - mi ripeté la solita voce - dammela volentieri la mamma tua. Tu per ora devi rimanere col babbo. Te la condurrò in cielo sai, me la dai volentieri? Fui costretta a rispondere di sì". La madre morirà poco più di un anno dopo, nel settembre 1886: Gemma ha 8 anni. È facile intravedere in questo racconto un’elaborazione, una sublimazione del complesso di Edipo. Tutta l’educazione di Gemma è all’insegna
del cattolicesimo e anche le scuole elementari le frequenterà dalle suore
dell’Istituto di santa Zita ("zitine"). Interrompe però ben
presto gli studi formali per motivi di salute, problema che l’angustierà
per tutta la vita. Dovrà per questo allontanarsi dalla famiglia che la ospita per impedire il contagio. Gli ultimi anni sono dominati dalla sofferenza estrema fino alla morte. Le malattie si mescolano a comportamenti eroici, di grande sopportazione del dolore. Nel 1896 subisce un’operazione al piede per una carie ossea. C’è poi l’ascesso al rene, che parte da un dolore forte tenuto nascosto anche per evitare la visita del medico. "Il nostro corpo è il tempio dello Spirito Santo…e più che ho potuto ho custodito il mio corpo". Siamo nel 1898, e il rischio è di un’infezione. C’è poi la diagnosi di isteria, e la terapia
prescritta "dei bottoni", che consisteva nell’imporre un ferro
incandescente. C’è poi la tabe dorsale: una malattia grave e - a sua volta - dolorosa che richiedeva un’operazione. Non si poté eseguire tuttavia per le condizioni di debolezza della paziente. I medici "dissero che non sarei arrivata a mezzanotte… ". È a questo punto che si manifesta invece la "miracolosa guarigione". "Verso mezzanotte… sento una mano posarsi sopra
la fronte; sentii cominciare un Pater Ave e Gloria, per nove volte di seguito.
Io appena rispondevo, perché ero sfinita dal male. Nel 1894 (a 16 anni), Gemma perde anche un fratello,
Gino, seminarista diciottenne, figura da lei molto ammirata. L'isteria Nel 1901 la signora Cecilia Giannini scrive a padre Germano: "…l’estasi sono continue, non mangia più quasi nulla, soffre continuamente…". Del problema del cibo parla Gemma in una lettera del 1902, a padre Germano: "Stamani con Gesù abbiamo fatto il patto del cibo… il gusto non lo sentirò più, ma il cibo Gesù me lo fa ritenere, ma pochissimo". Va notato che Gemma fa uso di strumenti di penitenza, di vera e propria punizione. Parla di "cinta" che la salva da tante tentazioni. "Uscii di camera, andai dove nessuno mi vedeva né sentiva; presi la fune, che ogni giorno porto fino a mezzogiorno; l’empii tutta di chiodi, e poi me la misi tanto strinta che alcuni mi entrarono dentro; ma il dolore fu così forte, che non riuscii a resistere e cascai in terra senza rinvenirmi dove fossi" (Lett. n° 11 a Monsignor Volpi, ottobre 1899). Le stimmate hanno una data d’inizio: l’8 giugno 1899. "Al raccoglimento interno successe ben presto il rapimento dei sensi, ed io mi trovai dinanzi alla Mamma mia celeste, che avea alla sua destra l’Angelo mio Custode…In quell’istante comparve Gesù che aveva tutte le ferite aperte; ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco, che in un momento solo quelle fiamme vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore. Mi sentii morire, sarei caduta a terra; ma la Mamma mi sorresse, ricoperta sempre col suo manto… mi trovai in ginocchio in terra; ma mi sentivo ancora un dolore forte alle mani, ai piedi e al cuore". È noto che nell’interpretazione dell’isteria
gioca un ruolo importante la sessualità, sia pure espressa in maniera non
diretta ma attraverso forme di sublimazione e di idealizzazione. "Gesù mi ha alzata, mi ha presa in braccio. Che momenti!… Quanto mi accarezzava Gesù! Mi ha anche baciata" (Lettera a p.Germano n°19). "Signore mio Gesù, quando le mie labbra si avvicineranno alle tue per baciarti, fammi sentire il tuo fiele" (Estasi n°100). "Vieni, vieni Gesù…vieni…lascia che ti abbracci, o mio Gesù. Ora conosco quanto è soave il tuo possesso " (Estasi n°64). La
santità Troverei in realtà volgare che il riportare l’amore
indirizzato a Dio a paradigmi umani desse scandalo. Il processo di
idealizzazione si verifica abitualmente in ogni amore; qui il grado di questa
idealizzazione è alto perché il legame è fortissimo. Non vedo in questo contraddizione alcuna. Detto altrimenti, esiste dell’altro al di là della personalità fragile, al di là di una sindrome isterica e di un amore così intenso da coinvolgere la fisicità. Esiste tutto ciò che i credenti richiedono perché si possa parlare di santità. Credo che nella canonizzazione di Gemma Galgani (avvenuta il 2 maggio 1940 per volontà di Pio XII) si sia esaltata una vita concreta, una personalità fragile, e anche isterica, ma per ciò stesso ritengo si sia proclamato con forza che anche l’isteria può essere arricchita di una dimensione soprannaturale, quale i cristiani chiamano santità. Con ciò spero esaurito per sempre il dilemma dell’"aut–aut", isterica o santa, perché si instauri piuttosto quello dell’"et-et", isterica e santa. |