C’è un’immagine di lei nell’ora estrema, che
rimane come viatico al nostro cammino di credenti, di
discepoli di Gesù, a questa terra benedetta di Lucca; vorrei
coglierla dalla testimonianza di Cecilia Giannini, scrive:
«Gemma prese il Crocefisso tra le due mani e tenendolo all’altezza
degli occhi e guardandolo disse: "Vedi, o Gesù, non
ne posso più! Se è volontà tua, pigliami".
Poi alzò gli occhi al quadro di una madonna appesa al muro
davanti e aggiunse: "Mamma mia, raccomando l’anima
mia a te, dì a Gesù che mi usi misericordia".
Baciò il Crocefisso, se lo pose sul cuore e tenendovi sopra
le mani chiuse gli occhi…così rimase, come addormentata e
sorridente, senza dare più alcun segno che dimostrasse il
momento preciso in cui l’anima sua se ne volò al cielo».
Cari
amici, è l’ultima immagine che ci rimane di lei, nel
momento in cui questa sposa di sangue entra nelle nozze regali
dell’Agnello, come ci diceva la prima lettura.
Il gesto ultimo che Gemma compie «in limine mortis» è un
gesto inconfondibilmente nuziale: baciò il Crocifisso e lo
tenne stretto nel cuore.
C’è una misteriosa, sconcertante e bellissima solitudine
di Gemma nell’ora delle nozze con il Signore Crocefisso:
sembra che anche la Chiesa, la Chiesa di Lucca si sia ritirata
nel momento supremo in cui l’anima abbraccia sponsalmente il
suo Dio e Signore: Padre Germano è lontano, Monsignor Volpi
è pressato dagli impegni pasquali, il canonico Andreuccetti
si è recato dall’Arcivescovo; nell’emergenza si reperisce
appena un sacerdote di Santa Maria Bianca che l’assolve e
recita le preghiere dei moribondi.
Così essa muore in desolazione spirituale ed in umana
solitudine, con la sola presenza (ed è terribile), con la
sola presenza di satana che continua a tormentarla e a
vessarla fino alla fine. È un abbandono e una solitudine che
quasi «sub contrario», per forza di contrasto e di
negazione, mostra fino alle soglie dell’evidenza, l’unica
presenza che con amore e dolore, ha dato consumazione a quella
vita ed ora sponsalmente la corona nella morte: la presenza di
Gesù Crocefisso.
S’avvera quanto ella in un’estasi aveva sussurrato al
Signore: «Gesù, tu mi chiedi amore, chi ti ha ucciso te,
o Gesù (classico modo di parlare popolare lucchese), chi ti
ha ucciso te, o Gesù? L’Amore.
Questi chiodi, questa croce, sono tutta opera d’amore. O
Gesù che sarebbe se un giorno si potesse dire che anch’io
sono stata consumata dall’amore per te? Sai Gesù come
vorrei morire?
Vorrei morire vittima d’amore per te».
Ecco,
si ricompone ora quella trilogia mistica di cui parlavamo, che
racchiude l’intera geografia spirituale di Gemma: peccatori,
amore, dolore.
Non sono parole esoteriche, non sono paesaggi spirituali
elitari o remoti per noi, sono gli orizzonti normali,
quotidiani, di ogni discepolo di Gesù che segue il cammino
del Maestro.
Queste parole dicono la verità prima, segnata
drammaticamente nella nostra storia e nella nostra vita: il
peccato; dicono la verità ultima e beatificante cui siamo
attesi e chiamati: l’amore; dicono la verità mediana: il
dolore, quale via di purificazione e di espiazione che
rimuovendoci dal peccato, ci consegna all’amore.
Così la via di Gemma, della povera Gemma, come amava
chiamarsi, innalza ad evidenza e ad esemplarità per noi
stasera e per questa benedetta Chiesa di Lucca, la via dei
piccoli, la via di ogni discepolo di Gesù: dall’estraneità
del peccato alla sponsalità dell’amore attraverso la via
purificante del dolore.
«Ti ringrazio Padre, Signore del Cielo e della terra,
perché hai nascosto queste cose ai potenti e ai sapienti, e
le hai rivelate ai piccoli». Sia lodato Gesù Cristo.