Ricorre quest’anno il primo
centenario della morte di Santa Gemma Galgani
di Pierluigi Mirra, passionista
"Ho
pregato Gesù che
mi facesse morire in una grande solennità"
(continua dalla prima
pagina)
Insistè, lottò per essere
ammessa in un posto di solitudine. Niente. Ancora una
nomadicità umiliante e senza approdi." Nel frattempo
nell’avventura spirituale di Gemma erano apparsi i
passionisti, i figli di S. Paolo della Croce e, uno di essi,
il P. Germano Ruoppolo sarà colui che con pazienza, fiducia
in lei, cesellerà la santità di Gemma.
Il primo incontro con il P. Germano potremo definirlo un
incontro a distanza. Cosi leggiamo nell’autobiografia di
Gemma: "Mi trovavo innanzi a Gesù ma non era solo, aveva
vicino a sé un uomo con i capelli bianchi dall’abito
conobbi essere un sacerdote passionista aveva le mani giunte e
pregava.
Lo guardai e Gesù mi pronunziò queste parole: ‘Figlia,
lo conosci? Risposi di no, come era vero. "Vedi,
aggiunse, quel sacerdote sarà il tuo direttore e sarà quello
che conoscerà in te, misera creatura, l’opera infinita
della mia misericordia." P. Germano innestò con
delicatezza il suo lavoro su Gemma, in quello che già da
tempo svolgeva Mons. Volpi. Certamente il "soggetto
Gemma" era "complicato".
Il Signore giocava con lei una strana partita, offrendole
"carte particolari" da giocare in carismi e doni,
che non sempre gli altri sapevano leggere e apprezzare. Gemma
era chiamata a esperienze mistiche misteriose, le quali spesso
al "profano lettore" e a chi non aveva lenti, che
vedono al di là dell’ottica umana, potevano sembrare
isterismi. Gemma, scrive ancora Mons. Agresti,
"introdotta nel mistero dell’insondabile, desta
ammirazione e curiosità; poi diffidenza, contraddizione,
scherno. Le accadevano troppe cose strane, per
crederla."
E il suo tempo era imbrattato di positivismo e di scientismo,
metri che non ammettevano voli al di là della crosta
terrestre e dello sperimentabile. E mentre spesso gli
"incompetenti" o la gente del popolo giudicavano la
sua condotta come di una "pazzerella, stupida,
citrulla," gli altri, "pretesi competenti", che
leggevano con lenti positiviste, la definivano isterica. La
sofferenza grande di Gemma era quella, che spesso non era
capita neppure da coloro che le erano vicini o l’avevano
presa per mano.
Si, i tutti di costoro, le vessazioni diaboliche, le
sofferenze per la sua partecipazione viva alla Passione di
Gesù con le stimmate, a volte le rendevano pesante il cammino
della Croce. Chi credette in lei da sempre fu il P. Germano
Ruoppolo.
A Mons. Volpi, che gliela aveva consegnata spiritualmente,
il P. Germano scriveva: "Gemma è una vera gemma del
cuore di Gesù; non vi è ombra di dubbio possibile sul conto
suo. Per l’addietro non lo so, ma oggi è oro puro. Fra poco
vedremo in codesta animuccia cose che faranno forse sbalordire
il mondo." Il P. Germano ha fiducia nella sua figlia
spirituale, scommette su di lei, rischia fino in fondo.
Così il Padre scriveva a Cecilia Giannini: "Ancorché me
la ponessero sotto il mare, Gesù me la caverebbe fuori appena
finito il suo tempo. Per parte mia io sono qui e Gemma non l’abbandonerò
mai." Anche il P. Germano esaudirebbe volentieri il
desiderio di Gemma di entrare in monastero; ma egli è
cosciente che in Gemma vive un pianeta particolare, animato da
vita particolare; perciò scriveva a proposito: "Dovunque
portassi la mia Gemma sarebbe un finimondo.
Con le cose strane, che ella ha, metterebbe sossopra i
monasteri." Gemma era chiamata a vivere la sua missione
di contemplativa al di fuori delle mura della Clausura; una
contemplativa nel chiasso del mondo, di quel mondo del quale
sa leggere con occhi limpidi gli affanni, sentire le colpe,
vivere il trauma, che l’accomuna alle sofferenze degli
uomini.
La contemplativa del Crocifisso, la figlia della Passione, la
Crocifissa con la Chiesa, la Sposa Crocifissa, titoli che si
addicono a questa gemma della Chiesa; che ha vissuto in sé
stessa, con Cristo Crocifisso, l’esperienza drammatica del
peccato dell’uomo e la sofferenza senza spazio della
Passione del Redentore.
Nel centenario della sua morte, oggi noi guardiamo a lei
come la sposa Crocifissa con Cristo, diventata nella santità,
sorella universale di ogni uomo.
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