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ARTICOLO sul Centenario della morte di S. Gemma
tratto dalla Rivista Presenza Missionaria Passionista, marzo-aprile 2003

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Ricorre quest’anno il primo centenario della morte di Santa Gemma Galgani
di Pierluigi Mirra, passionista

"Ho pregato Gesù che mi facesse morire in una grande solennità"

(continua dalla prima pagina)
Insistè, lottò per essere ammessa in un posto di solitudine. Niente. Ancora una nomadicità umiliante e senza approdi." Nel frattempo nell’avventura spirituale di Gemma erano apparsi i passionisti, i figli di S. Paolo della Croce e, uno di essi, il P. Germano Ruoppolo sarà colui che con pazienza, fiducia in lei, cesellerà la santità di Gemma. 
Il primo incontro con il P. Germano potremo definirlo un incontro a distanza. Cosi leggiamo nell’autobiografia di Gemma: "Mi trovavo innanzi a Gesù ma non era solo, aveva vicino a sé un uomo con i capelli bianchi dall’abito conobbi essere un sacerdote passionista aveva le mani giunte e pregava.

Lo guardai e Gesù mi pronunziò queste parole: ‘Figlia, lo conosci? Risposi di no, come era vero. "Vedi, aggiunse, quel sacerdote sarà il tuo direttore e sarà quello che conoscerà in te, misera creatura, l’opera infinita della mia misericordia." P. Germano innestò con delicatezza il suo lavoro su Gemma, in quello che già da tempo svolgeva Mons. Volpi. Certamente il "soggetto Gemma" era "complicato". 
Il Signore giocava con lei una strana partita, offrendole "carte particolari" da giocare in carismi e doni, che non sempre gli altri sapevano leggere e apprezzare. Gemma era chiamata a esperienze mistiche misteriose, le quali spesso al "profano lettore" e a chi non aveva lenti, che vedono al di là dell’ottica umana, potevano sembrare isterismi. Gemma, scrive ancora Mons. Agresti, "introdotta nel mistero dell’insondabile, desta ammirazione e curiosità; poi diffidenza, contraddizione, scherno. Le accadevano troppe cose strane, per crederla." 
E il suo tempo era imbrattato di positivismo e di scientismo, metri che non ammettevano voli al di là della crosta terrestre e dello sperimentabile. E mentre spesso gli "incompetenti" o la gente del popolo giudicavano la sua condotta come di una "pazzerella, stupida, citrulla," gli altri, "pretesi competenti", che leggevano con lenti positiviste, la definivano isterica. La sofferenza grande di Gemma era quella, che spesso non era capita neppure da coloro che le erano vicini o l’avevano presa per mano. 
Si, i tutti di costoro, le vessazioni diaboliche, le sofferenze per la sua partecipazione viva alla Passione di Gesù con le stimmate, a volte le rendevano pesante il cammino della Croce. Chi credette in lei da sempre fu il P. Germano Ruoppolo. 

A Mons. Volpi, che gliela aveva consegnata spiritualmente, il P. Germano scriveva: "Gemma è una vera gemma del cuore di Gesù; non vi è ombra di dubbio possibile sul conto suo. Per l’addietro non lo so, ma oggi è oro puro. Fra poco vedremo in codesta animuccia cose che faranno forse sbalordire il mondo." Il P. Germano ha fiducia nella sua figlia spirituale, scommette su di lei, rischia fino in fondo. 
Così il Padre scriveva a Cecilia Giannini: "Ancorché me la ponessero sotto il mare, Gesù me la caverebbe fuori appena finito il suo tempo. Per parte mia io sono qui e Gemma non l’abbandonerò mai." Anche il P. Germano esaudirebbe volentieri il desiderio di Gemma di entrare in monastero; ma egli è cosciente che in Gemma vive un pianeta particolare, animato da vita particolare; perciò scriveva a proposito: "Dovunque portassi la mia Gemma sarebbe un finimondo. 
Con le cose strane, che ella ha, metterebbe sossopra i monasteri." Gemma era chiamata a vivere la sua missione di contemplativa al di fuori delle mura della Clausura; una contemplativa nel chiasso del mondo, di quel mondo del quale sa leggere con occhi limpidi gli affanni, sentire le colpe, vivere il trauma, che l’accomuna alle sofferenze degli uomini. 
La contemplativa del Crocifisso, la figlia della Passione, la Crocifissa con la Chiesa, la Sposa Crocifissa, titoli che si addicono a questa gemma della Chiesa; che ha vissuto in sé stessa, con Cristo Crocifisso, l’esperienza drammatica del peccato dell’uomo e la sofferenza senza spazio della Passione del Redentore.

Nel centenario della sua morte, oggi noi guardiamo a lei come la sposa Crocifissa con Cristo, diventata nella santità, sorella universale di ogni uomo.

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