Ricorre quest’anno il primo
centenario della morte di Santa Gemma Galgani
di Pierluigi Mirra, passionista
"Ho
pregato Gesù che
mi facesse morire in una grande solennità"
Accadde questa santa morte a
un’ora di mezzodì del Sabato Santo, che in quell’anno
1903 cadeva l’undici aprile. Gemma aveva detto una parola
alla zia: "Ho pregato Gesù, che mi facesse morire in una
grande solennità. Che bello morire in una solennità!
..."
Morta che fu la santa
giovane, le suore ne curarono il cadavere; e, a
suggerimento di chi conosceva a fondo le antiche brame del suo
cuore, di essere religiosa passionista, la vestirono di bruno
e le posero sul petto un crocifisso e sul cuore lo stemma
della Passione, che è il distintivo proprio dell’Istituto".
Così il P. Germano Ruoppolo, direttore spirituale di Gemma
Galgani, descrive il momento del trapasso della vergine
lucchese.
11 aprile 1903: Gemma
aveva 24 anni e 1 mese!
Era nata a Borgonuovo, una
frazione di Capannori (Lucca) il 12 marzo 1878 dal dott.
Enrico Galgani e da Aurelia Landi. E’ la quinta di otto
figli. Battezzata, le fu imposto il nome dallo zio materno; e
poiché la signora Aurelia non era del tutto convinta di tale
nome, fu il parroco a tranquillizzarla, dicendo: "Le
gemme sono in Paradiso, speriamo che anche questa bambina sia
una gemma del Paradiso!"
I primi anni li trascorse in
famiglia, ma ben presto la sofferenza e la morte cominciò a
decimare la famiglia di Gemma. Prima la mamma nel 1886 e poi
il papà nel 1896. Queste morti diedero a Gemma una triste
eredità, fatta di miseria e di nomadismo. Lei accettò ogni
cosa con fede, secondo quell’educazione cristiana ricevuta
in famiglia dai genitori e poi dalle suore "gitine"
della beata Elena Guerra.
Si innamorò di Gesù Cristo fin da ragazza, tanto che a 16
anni un giovane la corteggiava e la voleva in moglie tra
il contento dei parenti di Gemma, che la volevano finalmente
sistemata; ma la giovane mostrò di avere già dato il cuore
ad un altro Amore.
Dopo la morte del padre fino
al 1899, quando sarà accolta presso la famiglia Giannini,
Gemma fu accolta presso delle zie a Camaiore, dove cercava di
dare una mano a sbrigare nel negozio di merceria. Non soltanto
Gemma prova la sofferenza di chi non ha più niente (casa,
genitori), ma è il momento in cui quella fisica comincia ad
essere per lei il pane quotidiano.
Già nel 1896 aveva subito un’operazione al piede per una
carie ossea. La tormentò prima un ascesso ai reni e poi un
altro alla testa! I medici cercano di tamponare tutto con
bottoni di fuoco lungo la spina dorsale senza anestesia, con
una effimera speranza di guarigione nella previsione dei
medici stessi. Sarà Gabriele dell’Addolorata a darle una
mano; si, il giovane studente passionista morto nel 1862 a
Isola del Gran Sasso la guarirà.
La sofferenza è il nutrimento del suo cammino spirituale, nel
quale dietro suggerimento della beata Elena Guerra ora si fa
guidare da Mons. Giovanni Volpi (1860-1931), che sarà il suo
confessore fino alla morte. Nel cuore di Gemma, dopo la
miracolosa guarigione, batte più forte che mai il desiderio
di consacrarsi a Dio in convento.
Il suo desiderio è quello di diventare "monaca
passionista" tra le claustrali fondate da S. Paolo della
Croce. Ecco come scrive a proposito Mons. Agresti:
"Voleva essere passionista, ma avrebbe accettato anche un
altro monastero, pur di chiudersi col mistero del suo dolore
incompreso e del suo amore sconvolgente. (continua
in seconda pagina)
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