Grande festa per la riapertura dell’antico monastero sul
Monte Pizzuti. Dopo anni di abbandono e dopo una radicale
ristrutturazione, in seguito alla donazione alla parrocchia di San
Rufino da parte dei legittimi proprietari di tale opera, riapre
al culto l’antico monastero benedettino, costruito nel secolo
XIV sul Monte Pizzuti, a 387 metri sul livello del mare, a
poche centinaia di metri dal Mar Tirreno.
Ora allo storico sito religioso ed artistico, è possibile
giungere con una comoda strada, realizzata tra il verde della
montagna, seguendo l’antico percorso degli eremiti che su questo
monte all’inizio del Trecento si ritirarono in preghiera e
scelsero una vita di penitenza.
Il monastero di Sant’Anna a Monte, meglio precisato come
Sant’Anna de aquis vivis fu costruito da due eremiti, Giovanni
de Trupparellis e Benvenuto da Sarzana, che nel 1325 eressero la
chiesetta dedicata a Sant’Anna con qualche cella per i loro
seguaci. Il terreno per la realizzazione di quest’opera fu
donato dalla Regina Sancia, la seconda moglie di Roberto D’Angiò.
Il titolo fu attribuito dagli stessi eremiti e successivamente
assunse il nome completo "Sant’Anna de aquis vivis"
per la sorgente di acqua che fu rinvenuta nel luogo, fonte
importante per la sopravvivenza degli eremiti e successivamente
dei monaci.
L’origine di questo importante sito religioso lungo la
fascia domiziana, che affaccia sul Mar Tirreno e gode di una
visuale incantevole, mozzafiato, (come ricorda lo storico
mondragonese, padre Alfredo Di Landa, missionario del Pime, nella
sua recente opera "Fanti e Santi in Terra Rocce Montis
Dragonis) è fissata in una pergamena, redatta a Napoli in data 27
luglio 1343, nella quale si dichiara che la consorte del principe
reale Giovanni Durazzesco (figlio di Carlo II lo Zoppo) confermava
la concessione di 12 moggi di terreno fatta in precedenza dalla
sua congiunta: "Agnese duchessa di Durazzo e contessa di
Gravina conferma la concessione della regina Sancia (supra,
a.1325, ottobre 1) In honorem –p. Raynaldum de Frisolono
hospicii nostri iudicem reginalem et nostrum consiliarum, etc"
Durante la gestione di Fra Benvenuto e Giovanni de Trupparellis,
per lo spazio di diciassette anni, i pochi eremiti che li
seguirono vissero una esistenza di lavoro e preghiera autonoma. Ma
l’eremita de Trupparellis, sentendo la responsabilità di far
sopravvivere la comunità, fece domanda all’Abate di Subiaco di
aggregare la stessa al Sacro Speco benedettino e di chiedere l’autorizzazione
al vescovo di Carinola per la costruzione di "un monastero
secondo la regola di san Benedetto in località Sant’Anna di
Acqua viva nel territorio di Rocca di Mondragone, diocesi (allora)
di Carinola", oggi di Sessa Aurunca.
L’autorizzazione del Vescovo di Carinola, monsignor Bono, fu
concessa volentieri a determinate condizioni. Da allora si
avviarono i lavori di ampliamento per il vero e proprio monastero
benedettino.
Nei 318 anni di attività che i monaci benedettini, sia alle
dipendenze dell’Abazia del Sacro Speco che dell’Abazia di
Montecassino, svolsero una vita di orazione e di lavoro sull’amena
collina di Sant’Anna de "aquis vivis" ed ebbero
trentotto Priori. Il Monastero veniva abbandonato dai Figli di San
Benedetto nel 1660.
Il logorio del tempo ha ridotto al minimo la consistenza del
bellissimo ed esteso luogo di preghiera e di lavoro, composto dal
ricco uliveto, dal mulino dei monaci, dalla colombaia, dalla
sorgente d’acqua e da altri locali in uso ai monaci.
I pochi ma ancora imponenti resti sono stati recuperati con
le offerte dei fedeli. Come recuperata è stata la strada di
accesso, che rende più agevole il cammino (anche in macchina)
verso l’antico monastero. Il 26 luglio, in occasione della festa
liturgica di Sant’Anna e di San Gioacchino, l’intera comunità
della vasta zona domiziana si ritroverà su questo luogo per
pregare, vivere una giornata di spiritualità, per condividere un
frugale pasto sull’esempio dei primi eremiti che vi abitarono e
dei monaci benedettini che vi risedettero per oltre tre secoli.