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Qualche ora prima di spirare,
«prese il Crocifisso tra le mani e tenendolo all’altezza
degli occhi e guardandolo disse: "Vedi, o Gesù? Non ne
posso più! Se è tua volontà, pigliami!". Poi alzò gli
occhi al quadro della Madonna appeso al muro davanti e
soggiunse: "Mamma mia, raccomando l’anima mia a te! Di’
a Gesù che mi usi misericordia!"».
Erano presenti il Parroco, la zia Elisa, quasi tutti i membri
della famiglia Giannini e due suore Barbantini.
«Ad un certo punto appoggiò il capo sopra la spalla della
Signora Giustina: calma e serena in tale posizione spirò,
mentre le cadevano dagli occhi due lacrime». Erano le 13, 45
del Sabato Santo, 11 aprile 1903.
«Io volli – dichiara il Correttore della Rosa, Don Roberto
Andreuccetti –, che le fosse messo sul petto, sopra la
veste, l’emblema dei Passionisti, perché se Gemma non fu di
fatto Passionista, lo fu sempre col cuore e col desiderio più
vivo». «aveva il Crocifisso sul petto e la corona legata al
polso della mano destra, vestita come al solito, ed in capo un
velo nero».
«Era bella come un angelo, calma, serena, col suo sorriso
abituale, e vennero molti a visitarla perché le avevano preso
venerazione; e questi erano di ogni condizione». Il trasporto
avvenne la sera di Pasqua. Col corpo, nella cassa, era stato
chiuso un tubo di cristallo, contenente una pergamena con una
breve memoria biografica di Gemma.
Dalla vita di Santa Gemma Galgani
Nel Maggio 1902 cade nuovamente inferma; ma, obbedendo al
Padre Germano che le aveva comandato di pregare per la
guarigione, alla fine di giugno si ristabilisce perfettamente.
Il 19 agosto muore la sorella Giulia. Ricaduta nel male, Gemma
guarisce di nuovo il 21 settembre dello stesso anno. La notte
del 21 ottobre è sorpresa da violenti attacchi e si chiama il
medico per ben due volte. «Gemma è malata assai; è ridotta
un cadavere in pelle e ossa; soffre dolori acerbissimi e pene
interne che fanno raccapricciare».
Lo stesso giorno cessa di vivere anche il fratello Tonino.
Pregato con vive insistenze, Padre Germano accorre e ordina
che si amministri il Viatico all’inferma. Ma Gemma non
muore. La malattia fa il suo corso senza che i medici riescano
a definirla in modo concorde. Passano altri mesi; e alla fine,
per evitare qualunque pericolo di contagio, prevale il
consiglio di trasferirla in una casa vicina: ciò avvenne il
24 gennaio 1903, con immenso dolore di tutti. Nell’uscire di
casa piangeva, dicendo:«Questa è la seconda volta che perdo
la mamma, ma viva Gesù! Sola con Gesù solo!».
Le ultime prove furono atroci, spaventose le vessazioni
diaboliche. I membri della famiglia Giannini l’avevano
assistita fino allora. Alla Signora Cecilia, gemendo
dice:«Non mi lasci finché non sono inchiodata in croce. Ho
da essere crocifissa con Gesù. Gesù mi ha detto che i suoi
figli devono morire crocifissi». Poi s’immerge in un’estasi
dolorosa, allarga le braccia e resta immobile fino alle 13,30.
«Guardi a un’immagine di Gesù crocifisso moribondo e
questa era la sua figura», scrisse poi Cecilia al Padre
Germano.
Spasimò fino al mattino del Sabato Santo. Verso le 8 le fu
portato il Viatico e ricevette l’Olio degli infermi. Prima
di mezzo giorno fu chiamato, e poté accorrere, anche Mons.
Volpi che, pur richiesto dalla morente, ricusò di farle gli
esorcismi, credendola ormai fuori dei sensi e in preda al
delirio. Si limitò a darle nuovamente l’assoluzione.
Qualche tempo prima la Signora Cecilia aveva ricordato a Gemma
il Padre Germano che si trovava a Roma. «Non chiedo più
nulla – aveva risposto la Santa – ; ho fatto a Dio il
sacrificio di tutto e di tutti. Ora mi preparo a morire».
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