Quanta corrispondenza ha avuto Paolo?
Una ricerca a tappeto non è stata compiuta al momento della
raccolta degli scritti del santo e neppure dopo. E' difficile fare
un calcolo esatto. Enrico Zoffoli pensa che Paolo scrisse non
meno di 32.500 lettere (E.
Zoffoli, san Paolo della Croce storia critica, II, 212).
Paolo parla spesso di fasci di 20/30 lettere due volte la
settimana (per es. al P. Fulgenzio il 17 e 30 luglio 1749). Questo
si deve intendere per i periodi in cui era in ritiro. Fin verso
gli anni '60, però, egli fu spesso a predicare missioni, esercizi
spirituali e stette fuori anche mesi, quindi riceveva meno lettere
o per nulla, perché avvertiva le persone a non scrivere per
timore che le lettere andassero perdute.
Attualmente ne abbiamo circa 2.000.
Molte lettere sono andate perdute perché i destinatari le hanno
distrutte non volendo che fossero conosciuti i loro problemi o
stati di animo. Tra queste persone vi sono Rosa Calabresi che
dovette bruciare un 500 lettere, e M. Crocifissa Costantini in una
malattia bruciò quasi tutte le lettere perché, affermò, se mai
fossi morta, non volevo che si sapessero i fatti miei (E.
Zoffoli, san Paolo della Croce storia critica, II, 212).
Egli si sforzava di rispondere subito e lo ricorda
piu' di una volta. Ad un passionista che lamentava di non aver
ricevuto risposta, scriveva: <sempre che ho ricevuto lettere
dei religiosi sono stato solito rispondere subito> (N. 320).
Per questo spesso sacrificava il sonno rimanendo a scrivere fino
all'ora di andare con la comunità all'ufficio liturgico della
mezzanotte. Altre volte dopo l’ufficio notturno, invece di
andare a riposarsi, rimaneva al tavolino a scrivere lettere.
Il suo stile
Egli rivela una grande facilità nello scrivere e nel
porsi in relazione con il corrispondente. Scrive di getto e
meraviglia il costatare come rimane tanto attento ai diversi
problemi a cui rispondere, alle cose da ricordare, nel farsi
presente alla globalità della situazione della persona a cui si
rivolge.
Stupisce anche la facilità con cui dai concreti problemi
quotidiani come le costruzioni, la salute, le fondazioni, le
difficoltà economiche, quelle per l'approvazione delle regole,
per l'erezione dell'istituto, per le richieste di servizio
apostolico che non sa come fronteggiare, ecc., passi ad elevazioni
spirituali di una profondità esperienziale meravigliosa. Si
rivela una persona sempre presente a se' stessa ed a Dio. Più di
una volta, specialmente in campo spirituale, rileva che ha avuto
una particolare assistenza da Dio a beneficio del corrispondente.
Le lettere tradiscono il suo carattere sanguigno,
sensibilissimo che vibra fortemente e gli fa anche scrivere
accenti di sofferenza interiore, a volte con una certa tinta che
si potrebbe dire pessimista. Ma subito trova il modo di riportare
se stesso alla pace profonda, non perduta mai, perché vive con
motivazione di amore nella volontà del Padre insieme a Gesù
crocifisso.
Il P. Disma ha estratto dalle lettere quanto ha carattere
autobiografico e l’ha riunito in un volume a cui ha dato un
titolo indovinato: Diario intimo di S. Paolo della Croce (E.
Zoffoli, san Paolo della Croce storia critica, II, 212).
Impressionante la sua
umanità, la premura per le necessità dei religiosi e degli altri,
la affabilità e la gratitudine con cui si rivolgeva alle persone.
Di grande valore la sua attenzione all’igiene personale e delle
camere e dei locali comunitari per la conservazione della sanità
propria e degli altri. La premura per la pulizia della cucina e
dei cibi emula quella di una mamma (e.
zoffoli, op. cit., II, 212.).
Il linguaggio di Paolo e' vivo, scorrevole, a
volte anche faceto ed arguto. Usa molto le frasi latine desunte
dalla Scrittura, dai Padri, dai testi liturgici o da altre fonti.
Si nota in lui un progresso notevole tra lo stile delle prime
lettere e quello dagli anni '30 in avanti. La sua grammatica e'
buona, anche la correttezza ortografica, ordinariamente, e'
soddisfacente nonostante che scrivesse tanto in fretta e spesso
senza poter rileggere. Fanno tenerezza, e anche incuriosiscono le
frasi che usa per indicare la fretta con cui scrive o per le molte
lettere a cui rispondere o perché deve partire per affari o
missione, o perché il latore vuole rimettersi in viaggio.
Per cui nei saluti a volte rileva la fretta a cui si aggiunge a
volte l'indicazione della stanchezza per il tanto scrivere o per
l'urgenza di partecipare alla preghiera comunitaria o di andare al
palco per la predica o perché sta facendo la cura e conviene che
non si applichi molto. A volte non manca di notare una curiosità
sentita sul posto, come fa col p. Fulgenzio, il 16/12/1747, <dalla
grande Osteria di Posta di Baccano, dove muoiono gli uccelli
d'estate, per sentir dire. Un saluto a quella buona pelle del P.
Vice Rettore>. Nella chiusura spesso indica anche la prossima
partenza per comodità del corrispondente.
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