Come ben sapete, non ero presente al Capitolo Generale
44° tenuto in Brasile. Non ho vissuto quindi l’atmosfera che lo ha
caratterizzato, l’esperienza intensa di Chiesa e di Congregazione che i
Capitolari provenienti da tutto il mondo hanno fatto, il cammino ed il dinamismo
di discernimento in esso operato. Attingendo dalla documentazione del Capitolo
Generale offro delle riflessioni, alcune solo enucleate, che esigono maggior
approfondimento e confronto con le singole realtà concrete. La documentazione
è quella contenuta nei tre fascicoli consegnati ai religiosi ed alle comunità:
- Documento del Capitolo
- Atti del 44° Capitolo Generale
- Messaggio del Papa Giovanni Paolo II al Capitolo, Conferenze ed Omelie.
1. LA VITA RELIGIOSA AL BIVIO
Inizio prendendo lo spunto da un’affermazione del documento del 44°
Capitolo Generale. "Come seguaci di Cristo Crocifisso, noi religiosi
passionisti siamo coscienti che la vita religiosa, in questo momento storico, si
trova ad un bivio e di conseguenza dobbiamo acquisire un atteggiamento di umile
e paziente ricerca nel discernere e ricontestualizzare le opzioni e le pratiche
adottate in altri momenti." (pag. 16).
E’ la constatazione di una realtà, la consegna di un impegno e l’apertura
di una prospettiva per il futuro.
Ciò che in gioco è la "costruzione di una nuova figura storica della
vita religiosa…Come spiegare che dopo tanto tempo e tanti sforzi spesi a
favore della vita religiosa essa non presenta ancora un volto sufficientemente
nitido, una figura convincente e significativa capace di manifestare in modo
immediato la sua proposta evangelica? Ossia: perché la Vita religiosa non
riesce ad uscire dal ‘bivio’ nel quale si è collocata (o è stata collocata
dallo Spirito)? Perché non riesce finalmente a rinnovarsi?…Essa non riesce
più a passare alla Chiesa e alla società il suo senso più profondo che è
quello di visibilizzare l’esperienza della sequela di Gesù’ per il
Regno?" (p. E. Valle, pag. 72).
"In questo processo ciò che è in gioco non è questo o quell’elemento
preso isolatamente: è il progetto della vita religiosa nella sua
totalità". Si parla di ‘rifondare’ (Cfr. O. Mondragon pag. 42)
e questo esprime la serietà della sfida e dell’impegno che la vita consacrata
si trova ad affrontare in questo tempo. Certamente queste espressioni provengono
da contesti diversi dai nostri, ma penso che possano aiutare a riflettere ed
offrano alcune indicazioni. Bisogna prendere consapevolezza di alcuni
problemi del processo attuale:
- la multiculturalità,
- la mondializzazione che sembra avvenire sotto il dominio delle culture
dominanti e dei loro interessi e valori (la globalizzazione apre ai mercati
ma non apre le frontiere),
- il reale valore del laicato,
- l’ecumenismo ed il dialogo intereligioso,
- la formazione personalizzata permanente e continua,
- ed infine il rispetto della vita e della creazione.
ALCUNE CONSEGUENZE
- Siamo collocati in questo tempo che diventa il nostro ‘kairos’
"come Congregazione e come famiglia passionista vogliamo fare di questo
tempo un kairos in cui la parola della Croce accada come ‘buona notizia’,
come kerigma fondante, come fonte di vita eterna, come invito alla
autenticità carismatica" (cfr. D.C. 4.1d, pag. 12). Tempo di grazia e
di crescita. "I cambiamenti in atto non devono essere visti come
"aut – aut" ma come "et – et". Essi sono
contemporaneamente novità e provocazione dialettica: sono passaggio e sono
una matrice. Hanno una dimensione essenzialmente spirituale che viene dal
nostro passato, ma deve essere risposta alla ricerca della presente
generazione dei religiosi/e". (E.Valle pag.68)
"In ogni comunità, in comunione con la Famiglia passionista, vogliamo
vivere i prossimi anni come un kairos, tempo di discernimento del carisma
passionista. Vogliamo sottoporre il nostro stile di vita e le nostre istituzioni
al soffio purificatore e creatore dello Spirito. Di conseguenza vogliamo tornare
a leggere la nostra storia di Congregazione, le Costituzioni, le nostre
tradizioni per apprendere e riesprimere tutto ciò con fedeltà creativa"
(cfr. DC 5.2).
Acquistare la sapienza: una delle possibilità che questo tempo ci
offre è quello di crescere in una visone sapienziale della vita e della storia
che ci permetta di vivere questo tempo di passaggio epocale e di disagio con una
visione positiva e propositiva. Altrimenti cadiamo in un atteggiamento negativo,
di disfattismo e di fuga individuale che fa crescere i segni di morte. Il
recente Capitolo Generale ci ha dato un messaggio di "cultura della
vita" che nasce dalla Passione di Gesù’, cioè dal vivere il suo Amore
salvifico in questo tempo.
Una delle analisi del nostro tempo dice che siamo malati di assenza, poveri
di speranza e di grandi ragioni: dove manca la passione per la verità, tutto è
possibile. Ma proprio questa realtà è la possibilità inaudita di una nuova
sapienza.
Nella storia di Israele, dopo il tracollo di tutti i messianismi, quello
davidico, cultico, sionisticobabilonese, emerge la sapienza. I rabbini
meditano spesso sulla cattività e distinguono diversi tipi di esilio,
precisamente quattro.
- L’esilio per antonomasia, l’archetipo di tutti gli altri, è quello
dell’Egitto.
- La cattività babilonese fu teologico-religiosa.
- La dominazione greca fu culturale.
- La dominazione romana toccava il potere. Fu dominazione politica ed
economica.
Quella sapienziale è una forma nuova, quasi inedita della religiosità d’Israele,
quasi senza continuità con i messianismi che hanno determinato la storia d’Israele
fino all’esilio, fino ad Ezechiele ed ai profeti minori. Nell’esilio tutto
cambia: non c’è più il tempio, non c’è più il sacerdozio, il sacrificio,
perché il luogo santo appropriato è unico si trova lontano.
Il grande pericolo in esilio è rappresentato dall’alienazione a motivo del
rischio di un’assimilazione progressiva alla cultura locale. Non la carità,
ma la fede è qui minacciata di sparire. E’ un modello confortante, ma
anche una sfida enorme guardare questi anni della storia d’Israele. Dopo l’esilio
si prepara un nuovo esodo. Il primo esodo, quello dall’Egitto è esemplare per
tutti gli altri. Il pericolo dell’esodo è di perdere la prospettiva della
speranza e di voler ritornare indietro.
La svolta avvenuta verso il 500 a. C., la svolta verso la sapienzialità mi
sembra un caso classico dal quale potremmo imparare molto. Spunta in questo
momento una sapienza, una visione universale del significato religioso di
Israele e del suo Dio. La chiesa, in ciascuna fase della sua storia, vive
contemporaneamente l’uno e l’altro stadio. Noi, oggi, siamo in fase di
esodo: tutto questo lo stiamo vivendo anche noi.
Non abbiamo le risposte puntuali per ogni problema e non si tratta di
risolvere alcuni problemi, piuttosto acquisire un atteggiamento globale e
positivo: "Passione di Cristo, passione per la vita". La logica
della Croce come dinamica del senso della storia e della vita, ‘la vita è
dono e va donata’. Uscire dalla logica della lamentela, del risarcimento, del
potere…offrire il proprio contributo per la salvezza del mondo, dell’umanità.
" La memoria passionis è innanzitutto proclamazione dell’amore di Dio
per l’umanità…la memoria passionis annuncia la ‘buona notizia’ della
vita rinata dall’amore…Il passionista è perciò colui che accetta la
mentalità del Crocifisso-risorto: donare la propria vita per dare la vita. E’
costituzionalmente un araldo della vita" (cfr. DC 4.1).
- Acquistare un orizzonte di mondialità "La vita rinata
dalla Croce è al chiave interpretativa di tutta l’attività capitolare
nel suo duplice aspetto di ‘memoria’ e di ‘profezia’. Come memoria
ha portato lo sguardo sulla croce da dove è scaturita la nuova vita e come
profezia ha indotto a guardare ai compiti del nuovo millennio con gli occhi
del Crocifisso". (cfr. DC 4). Ci sentiamo Congregazione
internazionale sparsa in tutto i mondo che cerca ovunque di annunciare la
‘vita nata dalla Croce’. Contemporaneamente sentiamo l’appartenenza
alla nostra area italiana, con la sua nostra storia e la sua cultura che
vogliamo mettere al servizio di tutta la Congregazione.
Quale servizio offrire alla Congregazione?
- Studio- cultura
: il Capitolo Generale ha fatto propria la proposta
della Cipi di un centro culturale che elabori, nel contesto odierno, l’espressione
del nostro Carisma, ed ha deciso la costituzione del Centroforum
internazionale. Credo che non debba mancare l’apporto del nostro
contributo anche culturale. Come qualificare dei giovani negli studi specifici
della nostra storia e spiritualità?
- Solidarietà
: "solidarietà è la parola scelta per
descrivere un nuovo modo di stare insieme come passionisti in missione per la
vita del mondo. Realtà nuove richiedono risposte ‘nuove’ nella fede…La
solidarietà esige da ognuno una profonda conversione di mente e di cuore. E’
una crescita nella comprensione che la vita è dono da condividere. Tutti noi,
facenti parte sia delle antiche che delle nuove aree della Congregazione,
siamo allo stesso tempo ricchi e poveri, pieni di risorse e di bisogni"
(cfr DC 4.6). Ne consegue, accettando con gioia la nostra diversità, un
impegno per la giustizia, la pace e l’integrità del creato. In questa
dimensione formativa ed operativa si colloca la costituzione dell’Ufficio
per la Solidarietà e la Missione. (cfr.5.5)
- Comunicazione
come informazione, attenzione/rispetto, tessere
relazioni
c. La comunità locale
Importante il passaggio tra ‘vita comunitaria’ e ‘comunità
di vita’ (Cfr. D.C. 4.3)
Non vi è più una omogeneità e regolarità di vita nelle nostre comunità
dovute a condizioni culturali e strutturali fortemente cambiate e ad una
complessità ed interazione di ragioni che rendono difficilmente proponibili
delle strategie globali. E’ un dato di fatto che nelle nostre comunità si
vive un forte disagio fin a mettere in dubbio la significatività di alcune
forme di vita. Come operare una un rinnovamento?
"La formazione al carisma è un processo personale e stategico che ci fa
essere permanentemente alla ricerca ed alla costruzione della nostra identità
partendo dal dialogo, dal discernimento e dall’ascolto…Questo processo
vitale di crescita ha come luogo privilegiato la comunità passionista. E’ in
essa che si ascoltano i racconti pasquali che costituiscono la nostra eredità,
dove si fa memoria della nostra storia , dove si ricevono gli elementi del
carisma che ci fanno famiglia e ci danno la nostra identità specifica. E’ in
essa che si devono ascoltare e discernere le sfide e le chiamate cui siamo
invitati dallo Spirito" (cfr. DC 4.4).
2. FORMAZIONE INIZIALE
E’ lo stadio che pone le premesse ed apre le possibilità a un cammino
di collaborazione e di comunione tra le Provincie italiane. Nel 1977 le sei
provincie italiane hanno iniziato il Noviziato nazionale e nel 1990 lo
Studentato teologico interprovinciale (STIP).
Questo è stato reso possibile ed ha potenziato un lavoro di condivisione
delle linee per il discernimento e l’accompagnamento vocazionale nel
Postulandato. E’ stato preparato ed approvato il "Programma delle
provincie italiane per la formazione". Ogni anno avvengono incontri
di comunicazione e di formazione tra formatori e consultori provinciali. Sono da
continuare, rimotivandoli e animandoli continuamente, attenti alle nuove realtà
culturali ed ecclesiali, (cfr. documento "Nuove vocazioni per una nuova
Europa").
Ritengo che sia nuovo e positivo coinvolgere anche i consultori della VCS e
FP (come è avvenuto nell’ultimo incontro a S. Sosio nel novembre 2000)
sottolineando così che il discorso vocazionale e formativo è anzitutto legato
alla qualità della nostra vita e della nostra attività apostolica. Inoltre
alcune aeree di azione e alcune problematiche si intrecciano: es. l’accompagnamento
e l’inserimento dei giovani sacerdoti, il prolungarsi della FI oltre il ciclo
istituzionale di studio…
E’ questa una sfida per i responsabili della formazione ma anche per tutto
il Consiglio provinciale: diventa urgente una lettura trasversale che porti a
guardare la realtà e a progettare insieme, nella informazione reciproca, nella
collaborazione ed interdipendenza. Il clima di stanchezza o di amarezza della
nostra vita, la fatica a far evolvere alcune situazioni problematiche, la
mancanza di un gruppo stabile di animatori e formatori nella Provincia, hanno
immediate ricadute nell’ambito dell’animazione vocazionale e del primo
accompagnamento.
Sta emergendo un altro punto che ritengo critico: la conclusione della
formazione iniziale o degli studi di specializzazione e l’inserimento
nelle comunità ed attività di provincia. Conosciamo la tipologia del giovane
di oggi, ma ritengo che il problema possa essere che la FI propone, un tipo di
formazione alla vita religiosa, alla vita comunitaria, alla preghiera e alle
forme di ministero….che non esiste nelle nostre comunità. Non so se non
esiste più o non esiste ancora…Cosa prospettiamo ai giovani che terminano al
FI o ai giovani sacerdoti? Quali comunità o attività offriamo loro? Come sono
valorizzati, come li aiutiamo a non cadere nella amarezza o nell’individualismo?
"Le finalità delle esperienze unitarie sono:
- procedere e crescere nell’unitarietà della formazione religiosa e del
nostro carisma, pur nella diversità culturale di ogni provincia
- favorire il cammino di integrazione tra le Provincie"
Questo abbiamo detto nell’ultima assemblea Cipi. Se queste finalità sono
valide alcune immediate conseguenze sono: crescere nella comunicazione
reciproca, individuare, preparare e offrire i formatori al servizio del
Noviziato e Studentato. Solo nel continuo incontro, scambio e verifica dei
cammini formativi attuati e nella progettazione delle possibilità future si
può far fronte all’attuale situazione di emergenza e farla diventare
situazione di crescita. Nessuna Provincia può percorrere un cammino di
autonomia o di autarchia e, tornare indietro nelle difficoltà, è andare contro
la storia ed il futuro. In questa prospettiva si sta preparando l’incontro di
verifica del Noviziato nazionale e degli Studentati (Stip e Sezano) programmato
il 5-6 giugno 2001 a Roma, con la presenza di tutti i Provinciali, i
Consultori VFS e di tutti i formatori interessati.
3. FORMAZIONE PERMANENTE
La formazione permanente è ‘paradigma della formazione iniziale’.
"La FP… è un’esigenza intrinseca alla consacrazione religiosa. Il
processo formativo non si riduce alla sua fase iniziale, giacché per i suoi
limiti umani la persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la
gestazione di quell’uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni
circostanza della vita, gli stessi sentimenti di Cristo". (VC 69)
"…Si chiama così perché deve prolungarsi per tutta al vita del
religioso, deve tenere gli stessi contenuti fondamentali che ha la cosiddetta
FI. Perché non si tratta di realtà del tutto nuove o molto distinte, ma un
progressivo approfondimento delle stesse realtà fondamentali…la fedeltà
dinamica al proprio carisma è il criterio di unità della FP nei diversi
livelli nei quali si realizza" (Relazione sullo stato della Congregazione,
2000, pag.15)
Vivere la FP come un cammino di conversione
"Il futuro della Congregazione dipende in gran parte dalla FP intesa
come attitudine vitale che ci rende capaci di essere segni e testimoni credibili
del Vangelo della Croce…Di fronte ad un mondo che cambia rapidamente, non
possiamo pretendere di aver raggiunto una tappa in cui la nostra formazione sia
ormai terminata…il nostro carisma esige che viviamo in un atteggiamento di
permanente esodo e conversione. Non può esercitare la sua funzione simbolica se
non si adegua ai profondi cambiamenti socio-culturali ed ecclesiali di oggi e se
non esprime in essi gli aspetti più’ fondamentali della sua identità
cristiana e carismatica. La conversione che questo adeguamento esige è di
grandi proporzioni: tocca gli atteggiamenti, le strutture e le tradizioni."
(Rel…pag.12)
Come attuare questo dinamismo che è un progressivo e reale cambiamento? Spesso
le persone sono al limite delle loro possibilità di lavoro: non poche non sono
più’ in grado di sopportare il cumulo degli obblighi, di lavoro, di stress.
Si impone il problema del benessere psico-fisico che le permetta di portare il
carico, talvolta assai poco gratificante e logorante, della via comunitaria,
delle strutture e delle attività. Affiora la stanchezza e al disillusione, il
desiderio di star tranquilli, di non creare problemi…come chiedere una nuova
mentalità o l’uso di nuove metodologie ad una comunità Provincia che si
presenta sostanzialmente anziana?
Il Progetto comunitario
E’ lo strumento scelto dalla totalità delle Provincie per la formazione e
l’animazione della comunità. Mette in atto la dinamica "progettare
insieme, operare insieme, verificare insieme". Parte dalla conoscenza delle
esigenze della vita consacrata passionista e dalla realtà dei religiosi che
compongono la comunità e dai compiti che ad essi vengono richiesti. Il progetto
serve pure ad accogliere e sperimentare tutto il novum di questi anni come il
passaggio dall’osservanza alla comunione, l’obbedienza come responsabilità
e carità, la comunicazione nella fede e nella preghiera, la nuova situazione di
apertura alla gente, la formazione permanente, la gestione delle possibilità
economiche…
Il progetto comunitario aiuta ad affrontare i settori della vita in modo
operativo e non solo esortativo. Rimane comunque un’operazione anzitutto
spirituale e come tale chiede una disponibilità interiore. Sarebbe riduttivo
considerarlo solo come strumento funzionale o operazione tecnica di
distribuzione di ruoli e tempi
Gli incontri dei superiori
L’autorità provinciale si deve far carico della scelta, formazione ed
accompagnamento dei superiori, organizzando incontri affinché possano
esercitare bene il loro servizio. Il loro compito specifico è l’animazione
della comunità, ma questo può scontrarsi con la molteplicità dei servizi
indispensabili richiesti ai superiori per la scarsità di persone nelle case e
per una mancante collaborazione e interazione dei ruoli. In ogni provincia è
frequente il richiamo al ruolo di animatori dei Consultori nel loro settore.
Commissioni CIPI
Forse il problema lo poneva bene p. Leone nella scorsa assemblea quando
"diceva di fare una revisione sulla qualità della comunione della CIPI:
è infatti troppo macchinoso trovare il tempo e l’entusiasmo per gli incontri
sia a livello di Assemblea, CE, Commissioni, avere la presenza di tutti, le
risposte a domande e proposte, ottenere la sovvenzione a progetti o alle
necessità comuni, il personale necessario alle iniziative in atto: vi è un po’
di disfattismo…per cui alcuni si domandano se ci crediamo o no a questo
organismo che è suggerito dalle norme generali (RG 94, 95 96). Se volete è
bene parlarne insieme"
Qualcuno sottolinea come la CIPI, nata come cammino e movimento di base sia
diventata una realtà di vertice. Si vive un divario tra vertice e base, quasi
che quello che si studia e si decide alla CIPI sia lontano dalla realtà delle
comunità e dalla conoscenza della maggior parte dei religiosi. Cosa fare?