Partecipanti
Abbiamo aperto il Sinodo con la liturgia nel nostro giardino dei SS. Giovanni e Paolo con la lettura dei brani del Vangelo secondo Marco riguardanti l’istituzione dell’Eucaristia, nell’Ultima cena di Gesù con i discepoli e il racconto del Getsemani.
“Prendete”, si consegna, “Prendete, questo è il mio corpo”, dona in totalità la sua vita. “Poi prese il calice… lo diede loro… Questo è il mio sangue, il sangue dell’Alleanza, versato per molti…” versa e dona il suo sangue con la certezza di una novità di vita, “non berrò più… fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio” (Cfr. Mc 14, 22-26).
Di fronte alla Passione imminente Gesù manifesta un’assoluta fiducia in Dio. C’è una grande armonia e continuità tra l’Ultima Cena, il Getsemani e il Calvario, tre atti di uno stesso dramma d’amore: “Ho desiderato tanto mangiare questa Pasqua con voi…”, “Prendete questo è il mio corpo dato… questo è il mio sangue versato per molti…”. Poi nel Getsemani: “Padre allontana da me questo calice… ma non la mia, però la tua volontà sia fatta”. E infine sul Calvario: “Padre perché mi hai abbandonato… Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”.
La tristezza e l’angoscia dell’uomo Gesù e poi l’obbedienza del Figlio. Sarà la morte, una dura morte appesantita dalla solitudine e dal rifiuto, “venne tra i suoi e i suoi non lo hanno accolto”, ma produrrà vita nuova in abbondanza. Gesù sa che la sua morte è un progetto di vita.
La vita nuova, frutto della sua morte sarà come una bevanda nel Regno di Dio. Ma questo non toglie che Gesù, sul Monte degli Ulivi, nel Getsemani, in aramaico “gat se mane”, torchio per olio, sia angosciato e come diviso nell’anima per la prossimità della sofferenza e della Passione: Gesù è l’oliva schiacciata nel frantoio. Egli ha conosciuto, come succede all’uomo, la generosità del dono e la voglia di ritirarsi, la serenità dell’abbandono e la paura di perdersi. Ma non si sottrarrà, nel suo cuore c’è l’accettazione incondizionata: “Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu”. Gesù sa che la sua Passione è un disegno di Dio. Gesù è processato e rifiutato dagli uomini, ma il calice viene dalle mani del Padre.
Nostro compito in questo Sinodo è discernere “il disegno e la volontà divina”, oggi, in riferimento alla nostra Congregazione e alle sue strutture; è riflettere sulla nostra vita, come Congregazione, all’interno dell’attuale mondo globalizzato e sul senso e l’efficacia della nostra missione in esso.
Siamo tutti consapevoli che la sfida interpella la nostra consacrazione alla Passione di Gesù fin nelle sue radici e in molti paesi è una sfida che arriva anche alla stessa sopravvivenza della Congregazione. Con la Chiesa del Concilio e del post-Concilio abbiamo fatto grandi passi nel rinnovamento, ma è necessario andare oltre. Non possiamo chiudere mente e cuore e restringerci all’interno delle vecchie strutture giuridiche pensando di preservarci. È necessario andare oltre con coraggio per essere lievito in un mondo cambiato. L’efficacia della nostra Missione è la nostra stessa vita. Noi viviamo se realizziamo la nostra Missione, così come il lievito è vivo soltanto nel suo fermentare la pasta. Se il lievito decide di preservarsi, decide la morte dei suoi germi vitali.
Dovremo, insieme, vincere le resistenze e le paure del nostro stesso cuore e di quello dei religiosi affidati al servizio della nostra autorità. Ci sembrerà di morire, ma sarà una scelta di vita. Conservare chicchi di grano in un vasetto di alabastro o di terracotta non è scegliere la vita e conservarla, ma è fare inaridire il grano che perderà la sua capacità di vivere e di generare vita. Invece il chicco di grano gettato in terra e come perduto germoglierà in spiga e sarà vita nuova; così come le olive nel frantoio schiacciate e come annientate, produrranno l’olio profumato che servirà per ungere profeti e re nell’Antico Testamento, servirà per consacrarci Figli di Dio e per formare unguenti e lenire le ferite degli uomini; così come per Gesù nella sua Passione, nel pomeriggio del venerdì più buio della terra, sembrerà tutto finito, “noi speravamo…” diranno i discepoli di Emmaus, ma poi sapranno riconoscerlo perché il Crocifisso è risorto e ha camminato con loro. È nell’ottica del Mistero pasquale che dovremo affrontare il tema della Ristrutturazione ed è con questo spirito che saluto fraternamente tutti i presenti. Veniamo da varie parti del mondo con differenze culturali e nella internazionalità, con presenze dei cinque continenti, ma uniti nella Passione di Gesù e nella speranza che nasce dalla Croce.
È bello stare di nuovo insieme. Ma è un Sinodo, quello che celebriamo, attraversato dalla Croce: la celebrazione del passato settembre, che doveva avvenire in Messico, ostacolato dall’imprevisto e improvviso mio intervento chirurgico; e in prossimità di questa celebrazione la grave malattia di P. Umberto Palmerini, Segretario generale e Procuratore, nonché quella, grazie a Dio meno grave, del relatore P. Liberti S.J., operato d’urgenza la scorsa settimana. I mistici leggono questi impedimenti come ostacoli posti dal “nemico” per contrastare le cose che favoriscono il Regno di Dio. Noi li viviamo con fede nella volontà di Dio.
È stata una scelta non facile quella di modificare luogo e data del Sinodo, poi il Consiglio Generale, valutata ogni cosa, ha optato per la celebrazione a Roma in questo fine di novembre del 2004.
Voglio ringraziare in questa sede la Provincia di Cristo Re, in tutti i suoi religiosi specialmente P. Francisco Valadéz, Superiore Provinciale con l’attuale Curia e p. Alfonso Iberri, precedente Superiore Provinciale e suo Consiglio, così come ringrazio anche le religiose passioniste e i laici della Famiglia passionista del Messico che hanno collaborato con la Provincia REG per la preparazione dell’evento. Nel passato mese di luglio, in occasione della celebrazione del Capitolo provinciale e della precedente visita alle comunità, che ricordo con gioia, ho apprezzato l’impegno e la realizzazione delle opere che intanto resteranno per le attività pastorali e culturali della Provincia e saranno già pronte e sperimentate per un prossimo Sinodo della Congregazione, se Dio vorrà. La delusione è stata grande, anche per noi, e ne siamo dispiaciuti. Però dice un detto latino, Quod differtur non aufertur : quello che è rinviato non è abolito, pertanto i partecipanti al Capitolo Generale prossimo potranno riscegliere il Messico come sede del prossimo Sinodo della Congregazione nel 2008, in libertà di spirito.
Cari Confratelli, non è un sinodo qualsiasi quello che stiamo celebrando, un sinodo che si somma agli altri, pure se importanti, del passato che hanno orientato e supportato la nostra vita e formazione permanente. Reputo questo Sinodo come un evento vitale per la Congregazione. Da questa consapevolezza, più che per osservare , data la mia assenza, quanto prescritto dalle Costituzioni al n° 144 “per il suo ruolo di organo consultivo e di aiuto al Superiore generale” è nata anche la decisione di rinviare il Sinodo da fine settembre a fine novembre: è un tema da affrontare tutti insieme, in forza; era necessario essere tutti presenti per prenderne coscienza e per indicare decisioni, Consiglio Generale e Superiori maggiori.
È un tema che sento molto e sono convinto che siamo parte, nel momento storico attuale, di un disegno di Dio per la Congregazione e questo lo dico non con orgoglio, ma con trepidazione e senso di responsabilità al quale è difficile sottrarsi, come non si sottrasse Gesù nel Getsemani! E non possiamo fuggire dalla Parola del Signore come Giona o come lui essere indispettiti e dispiaciuti se i piani di Dio fossero differenti dai nostri progetti (Cfr. Gn 1,3; 4,1).
Noi tutti con le conversazioni e le nostre esperienze, accumulate nelle comunità, province, vicariati e popoli tra i quali viviamo, siamo la grande risorsa di questo Sinodo. Abbiamo un compito di responsabilità nell’identificare dove e in che modo lo Spirito Santo vuole sospingere il cammino della vita della Congregazione e nel prendere decisioni adeguate per il suo presente e il suo futuro. Possiamo favorire la vita o ostacolarla, essere vinti dalle difficoltà o vincerle. Ci sono ancora possibilità di Rinascita e Rivitalizzazione, ma perché possano realizzarsi concretamente dovranno basarsi sull’innovazione, sullo slancio creativo e sulla consapevolezza della forza che deriva dal nostro carisma e dalla presenza viva di Dio nella storia. È necessario crederci e superare il Mar Rosso della paura e della indecisione. Lo Spirito ci interpella e ci sospinge a non fermarci alle attuali situazioni. Lasciamoci animare dalla forza del nostro Carisma! S. Paolo della Croce non fondò la Congregazione per continuare a gestire quello che già esisteva, ma generò una forza nuova, un vento della Spirito che inondò la Chiesa e il mondo, tanto che si racconta che Papa Benedetto XIV abbia detto “questa Congregazione nata per ultima doveva essere la prima a nascere”. “Generare una forza nuova, un vento dello Spirito”, è quanto ci chiedono la situazione del mondo oggi e lo stato della Congregazione, le religiose e i laici della famiglia passionista nei cinquantotto paesi nei quali siamo e operiamo.
Nei quattro anni passati, dopo il Capitolo generale dell’agosto-settembre 2000 in Brasile, ho avuto l’opportunità di visitare tutte le Province, Vice-province e molti Vicariati della Congregazione. Ho partecipato alle celebrazioni dei vari Capitoli, Congressi e visitato le comunità e spesso ho incontrato i laici e religiose della Famiglia passionista. C’è vitalità, impegno, lavoro e realizzazioni nel campo apostolico e sociale; non di rado in molte situazioni, in comunità e religiosi, c’è eroismo, santità e ci sono eroi: elementi positivi da non misconoscere o da rinnegare e ne ringraziamo Dio. Positività miste a tanti problemi, inadeguatezze e difficoltà come è umano che sia. Ma se immaginiamo di liberare e unificare nella operatività a livello mondiale la multietnicità della Congregazione con le sue ricchezze, sprigionando e condividendo le potenzialità che le province più antiche hanno come storia, patrimonio culturale, di formazione, di tradizione e di capacità di organizzazione anche economica e nel contempo liberare la vitalità, la giovinezza e il bisogno e la sete di futuro delle aree più giovani della Congregazione, credo che si potrebbe volare molto più in alto. È il tesoro del Vangelo del quale parla Matteo: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”, sangue nuovo e sangue antico che si rafforzano vicendevolmente, unificati e realizzati all’interno dell’unico e medesimo carisma.
Attualmente siamo una Congregazione internazionale che però vive e realizza l’internazionalità e la mondialità soltanto nei momenti istituzionali, quali Capitoli generali e Sinodi, incontri culturali e celebrazioni, che sono eventi importanti e forti, ma limitati nel tempo e nella capacità di incidere sulla vita concreta.
Siamo chiamati, riconoscendo i segni dei tempi ormai maturi, a pensare e programmare con un processo a medio termine, una Congregazione nuova nella internazionalità di vita vissuta insieme. Non si misconoscono le positività della localizzazione e della territorialità però se sono vissute come Congregazione più che come Province o Vicariati, cioè con mobilità, flessibilità e un progetto generale.
Pertanto la ristrutturazione è in riferimento alle strutture giuridiche che reggono la Congregazione, comprese quelle che regolano il servizio di animazione e di governo del Consiglio Generale e dei Consigli Provinciali; compreso il modo di intendere e realizzare i vari settori della sua vita quali la formazione, la vita comunitaria e spirituale, l’impegno culturale e sociale, la gestione e condivisione economica in riferimento alla Missione e alle povertà. Attualmente con la nostra organizzazione di Province, Vice-province, Vicariati e stazioni missionarie, pur essendo nati nello stesso carisma siamo come tante isole. Abbiamo ponti, strade, da un’isola all’altra come la solidarietà, le visite canoniche e pastorali, i Sinodi e Capitolo generali, la legislazione, l’informazione e l’interscambio di religiosi, in questi ultimi tempi un po’ più accentuato, ma non facciamo e non possiamo fare progetti e programmazioni unitarie a largo respiro che rispondono alle varie situazioni del mondo e delle diverse aree.
Ogni Provincia è presa dal risolvere i propri problemi. Siamo presi dal gestire il quotidiano e lavoriamo in difesa come se pensassimo di essere destinati inevitabilmente alla morte. Lo neghiamo anche a noi stessi, parliamo di speranza, ma in varie situazioni reagiamo come se in fondo al cuore avessimo la sensazione che andiamo all’esaurimento e alla morte. No! Il Dio della vita ci invita a rompere il cerchio dell’isolamento, a by-passare la vita, a realizzare il principio della fisica dei vasi comunicanti fino a diventare un mare unico di vita e di apostolato nel mondo globalizzato. Noi crediamo al Dio della vita, la nostra presenza qui al Sinodo è un atto di fede in Lui e di amore alla Congregazione.
Penso sia utile a questo punto fare riferimento anche ad alcune riflessioni della Lettera di indizione di questo stesso Sinodo.
La riduzione di numero dei religiosi e delle vocazioni nelle Province del mondo occidentale e lo sviluppo della Congregazione in Asia, Oceania, Africa ed in parte anche nell'America Latina e le mutate situazioni del mondo con il fenomeno della globalizzazione ci impongono storicamente di affrontare al meglio l’argomento della Ristrutturazione. Esso è anche uno dei compiti affidataci dal Capitolo Generale ultimo.
Infatti il rinnovamento nato dal Concilio Vaticano II ha modificato molto della vita religiosa sia a livello personale che comunitario, ma ha pressoché lasciate intatte le strutture delle Congregazioni. In un mondo sempre più globalizzato e interculturale, con flussi di immigrazioni dal Sud al Nord e dall'Est all'Ovest siamo ancora legati a strutture consolidate all'inizio del secolo passato.
Negli ultimi decenni il volto della società e della Chiesa è profondamente cambiato ed anche il volto della Vita religiosa. Il mondo è sempre più multi-etnico, multi-razziale e multi-religioso.
Il Capitolo Generale ultimo ha trattato profeticamente il tema della globalizzazione. Il Documento Capitolare al #4.6 afferma: "Solidarietà" è la parola scelta per descrivere un nuovo modo di stare insieme come passionisti in missione per la vita del mondo. Realtà nuove richiedono risposte "nuove" nella fede. La solidarietà esige da ognuno una profonda conversione di mente e di cuore. E' una crescita nella comprensione che la vita è un dono da condividere. (DC#4.6)
È tempo ormai di creare "un nuovo modo di stare insieme", di "dare risposte nuove a realtà nuove” in tutta la Congregazione.
Ristrutturare per rivitalizzare, ristrutturare per permettere un migliore flusso di vita da una parte della Congregazione all'altra, “in un solo corpo ed un solo spirito”. È tempo di aprirsi al dono della vita per avere tutti in Congregazione la possibilità di una nuova vita. Donando ci si preserva, preservandosi e rifiutando di aprirsi ci si illude di preservarsi, di vivere e si chiude così l'orizzonte del futuro: "chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà" (Mc 8, 35).
È tempo di pensare più come Congregazione che come Provincia, recuperando la freschezza evangelica e la capacità di dialogo tra tutte le parti della Congregazione con scambi di doni tra le diverse culture e nazioni. Dove c'è un'autentica e sincera comunicazione, lì si realizza la vera comunione. È necessario entrare nella "cultura dell'altro" per comprendere le sue idee, condividere le sue emozioni, condividere i suoi sogni. Uno di questi sogni è che la Congregazione si trasformi come se fosse una sola Provincia e in quanto tale vive ed è inviata a tutte le etnie del mondo per annunciare la "buona novella". Gesù ci vuole multiculturali e multietnici: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).
Ma oltre a domandarsi perché una Ristrutturazione ed arrivare alla convinzione che ormai è inevitabile attuarla; è necessario domandarsi e discernere quale Ristrutturazione è necessaria oggi per rivitalizzare la Congregazione e per essere quindi efficaci per la Missione. Che tipo di Congregazione vogliamo per il mondo di oggi con la sua secolarizzazione, le violenze, il terrorismo, la sua aggressività sia a livello mondiale che familiare, diffusa anche nel piccolo quotidiano di ogni giorno? Molto nasce dall'oblio della Passione di Gesù e dei grandi "valori" umani e cristiani e l'incapacità di amare e di riconciliarsi.
Per i mali del nostro tempo e per la stessa vitalità della Congregazione quale Congregazione fonderebbe oggi S. Paolo della Croce? E quindi, noi, quale tipo di Congregazione ipotizzare per oggi; fra dieci anni? Che tipo di vita di comunità? Quale missione? Quale futuro e come attuarlo e con quali strutture? Dobbiamo rifuggire da una risposta precostituita e da una ristrutturazione già pensata come soluzione. L'indicazione del tipo di ristrutturazione dovrà nascere da un discernimento attuato con un processo in tutta la Congregazione. Quindi ci si domanderà come coinvolgere le Conferenze, le Province, le Vice-Province, i Vicariati, le Comunità, i Religiosi e perfino la Famiglia passionista. Quali i criteri per discernere? Quale il cammino e tappe del Processo sia a livello di Consiglio generale che di Conferenze e di Consigli provinciali? Saranno necessarie formazioni di "gruppi di riflessione"; studi di "viabilità"; consensi per azioni concrete di ristrutturazione. Approfondimenti di queste riflessioni e di altre ci aiuteranno ad individuare il cammino.
Saremo aiutati nel processo di approfondimento del tema della Ristrutturazione, da Luis Garcia Sobrado, Vicario Generale dei Fratelli Maristi, che ci guiderà come Moderatore. In preparazione al Sinodo con lui, abbiamo attuato vari incontri come Consiglio Generale e come segreteria. Lo ringraziamo per la disponibilità e la competenza. La sua Congregazione ha già effettuato un processo di ristrutturazione, anche se non totale, che è durato circa otto anni, e pertanto ci trasmetterà la sua esperienza e quella di altre Congregazioni. Ci aiuterà a riflettere ed a discernere; a come presentare il progetto della Ristrutturazione ai religiosi; come avviare il processo e come rapportarsi con coloro che faranno resistenza.
Riporto quanto scriveva il P. Annibale Divizia, Sch. P., nella sua relazione all’Unione dei Superiori Generali nel novembre del 2002 sulla Ristrutturazione.
Una difficoltà in più nasce dalla storia delle Province che sono coinvolte nel processo di ristrutturazione. Mentre questo processo sembra facilmente percorribile con Province religiose di recente formazione, possiamo seguire gli stessi criteri con quelle che hanno una lunga tradizione storica? Le resistenze si moltiplicano all’infinito, perché entrano in ballo resistenze aggiunte: la tradizione, il localismo, la presenza di istituti ed opere con gloriosa tradizione storica. A questo si aggiunge il fatto che non pochi religiosi identificano l’incardinazione alla propria provincia prioritaria rispetto alla sua stessa appartenenza alla Congregazione religiosa. La provincia viene considerata più una Congregazione in periferia che una porzione della Congregazione. In questi casi è fondamentale saper fissare i tempi e le modalità della stessa ristrutturazione.
Ma prosegue fiducioso affermando che: un’analisi oggettiva della situazione convince i religiosi sulla necessità di superare le vecchie e non più adeguate strutture giuridiche del passato: il numero sempre minore di religiosi, la loro età avanzata, le nuove esigenze organizzative delle nostre opere, la mancanza di vocazioni, ecc. sono motivi più che sufficienti a convincerci della giustezza di una simile operazione.
Siamo consapevoli che dovremo affrontare anche altre difficoltà e sfide quali aumentare la capacità di inculturazione, di apertura ad accogliere le differenze, la conoscenza delle lingue per facilitare la comunicazione interna alla Congregazione e per la disponibilità ad essere inviati (e credo che sia opportuno ormai decidere nell’attuale Sinodo per i nostri giovani, l’obbligo dell’apprendimento di almeno tre lingue compresa la propria); altra sfida è prendere coscienza dell’altro chiunque esso sia e a quale religione appartenga; a sentire se stesso come altro. Ma di questo c’è maestro il Crocifisso. Le suddette difficoltà e altre che dovremo affrontare non ci intimoriscono e non ci devono fermare se cercheremo con sincerità il Regno di Dio: dodici apostoli di poca cultura, paurosi e contraddittori, rafforzati dallo Spirito Santo hanno trasformato il mondo dominato dal potente impero romano, pagano e ostile.
Sarà compito precipuo del Consiglio Generale e dei Superiori Maggiori, con strumenti adeguati, processi e tappe opportune che ci verranno proposte e che discuteremo, favorire e incentivare la mentalizzazione dei religiosi e dei laici della Famiglia passionista.
Gli eventi, noi diciamo la Divina Provvidenza, hanno sospinto la Congregazione a celebrare il Sinodo in tempo di Avvento con inizio alla prima domenica. Avvento è il tempo della vigilanza e dell’attesa di Colui che sta per venire, di Colui che certamente verrà. Egli è senza inizio e senza fine, eppure sarà generato nel tempo e se avremo un cuore semplice potremo riconoscerlo nel Bambino in braccio a sua madre Maria. È una grande Missione di luce e di sangue, quella di Gesù, l’Emmanuele, il principe della pace, il Figlio di Dio Altissimo e Dio Lui stesso. Manifestato nella semplicità e fragilità di un bambino sarà una grande speranza per tutto il popolo.
La celebrazione del Sinodo nel tempo di Avvento in prossimità del Natale non lo leggo come una semplice coincidenza, ma come un pressante invito a rinascere dall’alto. È un’opportunità che ci viene offerta dallo Spirito Santo e dalla storia del mondo con i suoi problemi di pace, di giustizia e di perdita del senso della vita. Siamo chiamati in avanti, a lasciare le retrovie della vita e della storia e per seminare la speranza.
Anche i giovani della Congregazione nutrono grandi attese da questo Sinodo. Senza una grande svolta essi temono un futuro sempre più riduttivo e difficile. I giovani senza grandi prospettive o sogni con l’impatto di una vita comunitaria e apostolica non facile e non motivata, rapidamente perdono l’entusiasmo e non di rado lasciano la Congregazione. Queste sono le preoccupazioni e le ferite più aperte e dolorose di varie province.
È indispensabile rimotivare il senso della vita religiosa e della vocazione: perché devo farmi passionista? Perché continuare ad esserlo? Ridisegnare e scoprire nuove visuali della nostra vita religiosa e aprire nuovi orizzonti con i grandi valori di riferimento, permetterà di superare più facilmente il frammentarismo all’interno delle province e la stratificazione di problemi che a lungo andare diventano insolubili e soffocano la stessa convivenza nelle comunità scoraggiando i giovani.
Siamo vigilanti, ma non pessimisti. Se lavoreremo bene e non perderemo tempo il nostro futuro sarà meno incerto e più illuminato e con una maggiore e significativa visibilità . La testimonianza e l’annuncio più radicali, più chiari e condivisi, a favore dell’uomo specialmente se “crocifisso”, aumenteranno anche la capacità di animare i giovani e di attrarli alla nostra vita.
Prima di terminare voglio ringraziare i religiosi e voi tutti, insieme con i monasteri e i molti laici della Famiglia passionista per le preghiere e la vicinanza umana e fraterna in occasione della mia operazione chirurgica nel passato settembre. È stata quasi una Ristrutturazione vissuta e realizzata nella carne: tre by-pass per superare difficoltà e chiusure di percorso del sangue. L’intervento ha permesso di irrorare in maniera più completa il cuore e gli ha dato maggiore possibilità di vita e quindi di efficienza e di lavoro. È quanto vorremo ottenere per la Congregazione con il processo di Ristrutturazione.
Affidiamo il Sinodo che celebriamo a nostra Signora di Guadalupe, patrona del Messico, unita con un arcobaleno di devozione alla Salus Populi Romani in Santa Maria Maggiore, dove il 24/25 settembre del 1721 San Paolo della Croce, nostro Padre, emise il voto di vivere e promuovere la Memoria della Passione di Gesù: il voto che ci qualifica e ci identifica nella Chiesa e nel mondo.
È tempo di grazia per noi e per la Congregazione questo del Sinodo perché siamo radunati nel nome del Signore e per discernere la sua volontà come Gesù nell’orto degli Ulivi. Come Lui vigiliamo e preghiamo: il tempo dato al Signore fa nascere cose nuove. Per la Ristrutturazione e il momento storico attuale non facciamoci trovare addormentati o con gli occhi appesantiti, perchè Egli verrà e come ai discepoli nel Getsemani, per coinvolgerli nel suo cammino, dirà: “è giunta l’ora… alzatevi, andiamo” (Mc 14, 41-42). Nel cammino di questo Sinodo non saremo soli perché Lui camminerà con noi nella volontà del Padre: “Andiamo!” Amen.
Roma, SS. Giovanni e Paolo P. Ottaviano D’Egidio, C.P.
Superiore Generale
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