la Testimonianza di Suor Monica

STORIA DELLA VOCAZIONE

Il versetto del Sal.115: "CHE COSA TI RENDERÒ’ SIGNORE PER QUANTO MI HAI DATO?" è un po’ la sintesi della storia della mia vocazione .Cerco di raccontare alcuni episodi che mi hanno aiutato a comprendere il progetto di Dio su di me, e che mi hanno dato il coraggio di rispondere alla Sua chiamata.

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia numerosa - sono la quarta di otto figli - dove l’armonia, l’altruismo, lo spirito di fede e di preghiera erano di casa. Dall’esempio dei miei genitori, soprattutto della mia mamma, potevo capire che Dio era molto importante, per cui valeva senz’altro la pena impegnarsi, anche facendo qualche sacrificio. 
Nonostante che fossimo già in tanti tra fratelli e sorelle, lei aveva sempre il cuore aperto a tutti; sembrava che non le importasse la fatica. Questa sua generosità così spontanea mi stupiva e fin da piccola non mi lasciò indifferente. Ancor più però mi stimolava a riflettere il suo attaccamento, la sua fedeltà alla S.Messa non solo nei giorni festivi. Benché abitassimo lontano dalla chiesa per lei questo non era affatto un ostacolo o una scusa per non andarci.

All’età di sette anni quando mi accostai alla Prima Comunione; avvertii una forte presenza di Gesù in me tanto che da allora la preghiera e la Messa acquistarono un’attrattiva maggiore. Ricordo una volta durante una Celebrazione Eucaristica, alla quale erano presenti pochi fedeli una gioia profonda attraversò il mio cuore e questa suscitò in me il desiderio di rimanere sempre in chiesa a cantare e a pregare il Signore. Però dentro di me soffrivo e non riuscivo a capire come tante mie compagne pur vicine alla Chiesa, non sentissero questo bisogno, mentre a me il viaggio lungo fatto a piedi rubava molto tempo togliendolo soprattutto al gioco.

Un altro episodio che ha lasciato un segno nella mia vita è l’esperienza del rosario che quasi ogni sera si pregava tutti insieme in famiglia. Quando il papà iniziava la preghiera era sempre faticoso, perché in qualsiasi cosa fossimo impegnati bisognava "mollare" tutto...a volte mi sembrava una preghiera molto lunga mentre altre volte quando stava per concludersi una gioia intima mi invadeva, suscitando in me il desiderio di ricominciare a pregare, perché sentivo che solo allora sarei stata pienamente disposta a farlo con amore. Capivo che solo pregando, imparavo ad amare la preghiera.

A undici anni, poi mentre ero in un collegio gestito da religiose, si affacciò per la prima volta in me la possibilità di farmi suora. Questa idea non la comunicai a nessuno, perché temevo di essere presa in giro ma la coltivai nel silenzio e nella preghiera.
Così passava il tempo ma l’attrattiva alle cose di Dio era sempre viva (persisteva) dentro di me nonostante l’età critica dell’adolescenza.

A sedici anni poi, dopo aver partecipato a un pellegrinaggio mariano sentii che Dio mi amava con un amore veramente grande, inaspettato e gratuito e così il mio rapporto con il Signore gradualmente subì un cambiamento radicale: divenne più personale e più vero. L’esperienza di questo amore infinito non fu per me solo motivo di grande gioia, di felicità, perché nello stesso tempo sorgeva in me come una pena profonda per tutti quelli che ancora non lo conoscevano. Sentivo che avrei voluto gridare a tutti che Dio c’è ed è Amore infinito. 
Avevo finalmente trovato la risposta alle parole di Gesù che dalla croce diceva: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno!" Fino allora ,quelle, per me erano parole incomprensibili. Perché non avrebbero dovuto sapere quello che facevano - mi chiedevo sempre! Allora percepii con chiarezza il contrasto tra la mia mentalità e quella di Dio. DIO infatti è AMORE e solo AMORE.

Queste ed altre riflessioni sorgevano spontanee dal mio cuore e non riuscendo ad esprimere a parole quello che avveniva dentro di me compresi che l’amore con cui ero amata lo dovevo esprimere concretamente verso chi mi circondava.
Lavorando nel settore del turismo, m’accorsi di essere a contatto con gente che cercava una gioia molto superficiale e io spendevo parte dei miei anni in questo ambiente. Mi sorgeva l’interrogativo: " Ma vale la pena spendere la mia vita così quando potrei dare a persone una gioia più autentica?" Vedevo gente che non solo non aveva questa felicità, ma che soffriva e avrebbe avuto il diritto di vivere con dignità e avere un aiuto a dare un significato alla propria sofferenza. Allora cominciai a dedicare la mia vita agli anziani, ai sofferenti, agli ultimi della nostra società.

Nel frattempo incontrai un sacerdote, fondatore di un’associazione per il recupero dei tossicodipendenti e minori in difficoltà . Egli poneva alla base del suo del suo lavoro il valore della preghiera. Conoscendo un po’ le mie esigenze interiori mi indicò, questo Monastero di Loreto0 dove avrei potuto fare un’esperienza di preghiera e di condivisione comunitaria. Quella che pensavo fosse una esperienza fra le tante, si rivelò l’inizio di una maggiore lotta tra i miei progetti e quelli di Dio.
L’impatto con la realtà claustrale suscitò inizialmente in me compassione fino alle lacrime, per queste sorelle che per tutta la vita sarebbero vissute chiuse fra quattro mura, e dopo alcuni giorni però si trasformò in pena di dover partire. Durante questa esperienza, per la prima volta mi trovai da sola davanti a Gesù Eucaristia e ricordo che a un certo punto scoppiai in lacrime, perché mi sentivo indegna di stare così vicina a tu per tu con il Signore e non solo mi sentivo interpellata come se Egli mi dicesse: "E se ti volessi qui tutta per me?" 
Nell’intimo del cuore aderii alla Sua proposta, senza pensare che il Signore mi avrebbe preso in parola. . Conservai tutte queste cose nel mio cuore e mi portai come scolpita dentro la frase del Fondatore, S. Paolo della Croce: "La Passione di Gesù è l’Opera più stupenda del Divino Amore".

Ritornai al mio lavoro ricaricata e il contatto diretto con gli ammalati mi ricordava sempre con più intensità Gesù, Colui che si era lasciato crocifiggere per amore; lo vedevo presente in queste persone sofferenti e di conseguenza mi impegnavo ad assisterli con più amore, escludendo però quasi completamente il pensiero della clausura, e pensando che più di così il Signore non avrebbe potuto chiedermi. Man mano che il tempo passava, pur donando gran parte del mio tempo agli altri, percepivo di essere limitata e capivo che agli occhi di Dio è povero non soltanto colui che non ha il pane o il vestito ed ha bisogno di essere curato, ma più ancora è povero l’uomo che non conosce l’amore di Dio, ed è lontano da Lui.

Contemporaneamente cominciò una forte lotta tra la mia volontà e quella di Dio. Mi sentivo dibattuta fra due amori, perché , come ogni giovane, anch’io avevo i miei sogni vivevo le sane amicizie e progettavo il mio futuro. Solo dopo un corso di esercizi spirituali, ai quali partecipavo da alcuni anni, finalmente trovai la risposta che cercavo. Nel silenzio fui toccata in modo particolare dal tema della contemplazione e capii che questa è dono che diventa compito. 
Attraverso la contemplazione la mia vita diventava dono a Dio e all’intera umanità. Ebbi la consapevolezza della mia preziosità davanti a Dio e compresi che avrei trovato la vera pace, la vera gioia solo consegnando tutta me stessa a Dio, perché Lui facesse di me quello che voleva. Mi recai ancora una volta in questa Comunità senza ulteriori progetti, solo con il desiderio di fare quella che era la Volontà di Dio per me. 
Questa volta non potei più resistere e mi sentii come impigliata in una rete: mi era impossibile dire di no, nonostante la paura che provavo di fronte ad una scelta così radicale. Appena ebbi il coraggio di aderire a questa chiamata e abbandonarmi sinceramente a Dio, che pazientemente mi attendeva per farmi tutta Sua, mi trovai immersa in una gioia e serenità mai sperimentate. L’unico rimpianto in quel momento fu quello di non aver risposto prima ad un amore così grande e mi trovai con questa espressione di S. Agostino sulle labbra: "Il nostro cuore è fatto per te Signore ed è inquieto fino a quando non riposa in Te.

Nel giorno del SI’ di Maria ho deciso poi di fare il passo anche materialmente per mettermi alla sequela di Gesù con tutto il mio essere lasciando tutto e tutti.
L’esperienza diretta della vita contemplativa durante questi anni ha placato in me il desiderio di aiutare i sofferenti ed i lontani da Dio con il mio fare ed il mio servire. Ho capito che la preghiera e una vita donata totalmente al Signore, può avvicinarmi ad ogni fratello sofferente nel corpo e nello spirito DOVUNQUE SI TROVI.

Porto nel cuore e presento ogni giorno al Signore le gioie e le angosce dell’umanità, desiderando esser lampada ardente che si consuma davanti a Dio chiedendo a Lui luce e pace per ogni uomo.
Sr. Monica dell’Amore Misericordioso

Suor Monica della Val Badia (Alto Adige) è entrata in questo monastero a 24 anni.
Ha frequentato a Bolzano una scuola per assistente geriatrico e ha lavorato in una casa di cura per lungodegenti

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