la Testimonianza di Suor A. |
Come acqua cristallina Sebbene la mia famiglia fosse povera dal lato economico,
tuttavia era ricca per la bontà e l'esempio dei miei genitori che
centravano l'educazione sulla fede in Dio. Papà e mamma erano
assidui nella preghiera e desideravano che anche noi lo fossimo e ci
comportassimo sempre rettamente col prossimo, senza falsità. Una domenica io non ricordai il consiglio di papà
ed entrai in chiesa senza mani giunte. Mia sorella lo riferì a
mio padre. Io ero consapevole del mio atteggiamento non composto e
temevo si arrabbiasse, invece accarezzandomi dolcemente i capelli egli
disse: "Non sono arrabbiato, ma ricordati un'altra volta di non
farlo più. Noi dobbiamo essere sempre composti dinanzi a Dio e
adorarlo con tutto il cuore". E lo diceva non solo a parole, ma
soprattutto con l'esempio. Papà spiegava con molta dolcezza e pazienza. Le
sue parole scendevano dentro il mio cuore e vi rimanevano profondamente
impresse soprattutto per la convinzione con cui egli esprimeva la sua
fede. IL Padre teneva il mondo nella mano. Un giorno mio papà disse: "Vedi, se il mondo tenuto dal Signore Dio cadesse, anche noi che stiamo qui saremmo distrutti". Io ero spaventata: "Cosa possiamo fare perché il mondo non cada?" Papà rispose brevemente: "Pregare, io ne rimasi profondamente colpita, ma lui continua: "Se noi preghiamo, e gli altri non pregano il mondo cadrebbe ugualmente. Perciò non dobbiamo pregare soltanto per noi stessi, ma anche per la salvezza degli altri". Dall'età di quattro anni sino alla fine delle elementari, io spesso dovevo stare a letto per settimane intere perchè malata. La mamma mi teneva compagnia con molti racconti attraverso i quali mi inculcava indirettamente degli insegnamenti preziosi. Mi parlava di un bambino molto buono, di una vecchietta che sopportava tutte le sue sofferenze, e poi concludeva: "Tu devi seguire l'esempio del bambino buono". A scuola le lezioni che preferivo erano quelle di religione. Il maestro era molto bravo e spesso ci parlava della passione di Gesù in modo tale da suscitare una profonda risonanza in chi lo ascoltava. Un giorno ci disse: "Quando Gesù era colpito dai soldati, flagellato, coronato di spine, tutto il suo corpo grondava sangue. O Gesù quanto è grande il tuo amore per
noi!" Le lacrime mi scendevano dagli occhi". E sebbene noi
spesso abbiamo ferito il tuo cuore, tu hai dato liberamente la tua vita
per la remissione dei nostri peccati. Gesù perdona le nostre
colpe affinché noi siamo degni di stare alla tua presenza". Tutti
questi fatti accrescevano la mia fede sino al punto di farmi decidere di
consacrare la mia vita a Colui che ci ha redenti. Divenni pigra in tutto, compreso lo studio, tanto che fui bocciata. Ma non ne piansi: prendevo la vita così com'era, senza paure. Forse il Signore stesso mi aveva preparato questa prova perché, dopo la bocciatura iniziai a riflettere sulla mia condotta e ne divenni consapevole. Dinanzi al Signore piansi per i miei peccati e le mie azioni. Ma quando entrai all'Istituto Magistrale, ricaddi nuovamente nella malattia della "pigrizia". La mia presenza in chiesa era solo simbolica dato che non stavo attenta dall'inizio alla fine della Messa. Ogni tanto neppure la domenica andavo in chiesa. I motivi erano vari: troppi compiti, troppe occupazioni. Ma in realtà il motivo principale era che non ne avevo voglia. Il germoglio della vocazione sembrava sparito dal mio cuore senza lasciare traccia. Io mi occupavo di tutt'altre: cose. Poiché la mia era una scuola cattolica, venivano spesso
le suore per promozione vocazionale, ma io non ascoltai mai le loro
spiegazioni ritenendole inutili. Al secondo anno di scuola, vennero P.
Cornelio Serafini con una suora passionista per presentare la
Congregazione fondata da S. Paolo della Croce. Io mi sentii spinta ad
ascoltare le loro spiegazioni, ma l'attrattiva del mondo prese il
sopravvento e non vi andai. Molti miei compagni però, restarono
in contatto con P. Cornelio, e quelli che desideravano consacrarsi a Dio
ricevettero da lui dopo alcuni mesi, vari libri spirituali, tra i quali
le biografie di S. Gemma e S. Gabriele. In collegio noi eravamo obbligate dalla direttrice a partecipare ogni mattina alla Messa. Prima io non ne avevo voglia e vi andavo solo perché costretta. Ma dopo aver letto La vita di S. Gemma provavo molta gioia nella preghiera e nel partecipare alla Messa e mi sforzavo di stare attenta alle prediche del sacerdote. Quando pregavo, mi sembrava che il Signore parlasse dolcemente a me. Confidai ad un'amica il desiderio di consacrarmi a Dio. "Che? Vuoi entrare in convento? Oh, tu proprio non ne sei degna!" Io tacevo e capivo che di questo tesoro era meglio non parlare più. Il giorno seguente, senza dire nulla a nessuno, scrissi al Promotore vocazionale e ricevetti una risposta che mi riempì di gioia. Ancora non avevo informato la mia famiglia ma quando mi giunse la seconda lettera del Padre, subito mi confidai con i genitori. Papà e mamma ne furono molto contenti e mi sostennero nella vocazione.Solo la mia sorella maggiore inizialmente si oppose ricordando Le malattie della mia infanzia. Ma alla mia risposta: "Non fa niente, noi pregheremo perchè la mia salute sia forte!" si convinse pure lei. La lettura di S. Gemma mi aveva spinto a rispondere alla
vocazione del Signore, come monaca passionista. Da Gemma avevo imparato
il valore di una vita totalmente consacrata a Gesù Crocifisso
nella preghiera, nel silenzio* e nella quotidiana offerta di sé. Sr. A. Caro mio Gesù vorrei avere un slancio solo, il
più ardente che ebbero i santi, per poter in qualche maniera
amarti. |
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