la Testimonianza di Suor  A.

Come acqua cristallina
Sono nata in INDONESIA e dalla mia famiglia ho ricevuto tutto, anche l'educazione nella fede. I miei genitori erano poveri: il papà maestro della scuola elementare e la mamma contadina. In famiglia eravamo 8 figli e lo stipendio di papà non bastava. La mamma doveva lavorare sempre per procurarci il riso quotidiano. Grazie al suo duro lavoro noi potevamo mangiare, sebbene fosse sempre piuttosto poco. Da piccola ho sofferto molto ed ero spesso malata, forse per mancanza di nutrimento sufficiente.

Sebbene la mia famiglia fosse povera dal lato economico, tuttavia era ricca per la bontà e l'esempio dei miei genitori che centravano l'educazione sulla fede in Dio. Papà e mamma erano assidui nella preghiera e desideravano che anche noi lo fossimo e ci comportassimo sempre rettamente col prossimo, senza falsità.
Molti episodi nel periodo della mia fanciullezza hanno fatto sorgere in me la decisione di seguire Gesù. E' ancora vivo nella mia memoria una esortazione di papà: "Quando entriamo in chiesa, noi dobbiamo tenere le mani giunte, perché entriamo nella casa di Dio e, durante la preghiera dobbiamo stare composti.

Una domenica io non ricordai il consiglio di papà ed entrai in chiesa senza mani giunte. Mia sorella lo riferì a mio padre. Io ero consapevole del mio atteggiamento non composto e temevo si arrabbiasse, invece accarezzandomi dolcemente i capelli egli disse: "Non sono arrabbiato, ma ricordati un'altra volta di non farlo più. Noi dobbiamo essere sempre composti dinanzi a Dio e adorarlo con tutto il cuore". E lo diceva non solo a parole, ma soprattutto con l'esempio.
Quando i miei fratelli maggiori si recarono fuori per gli studi, io rimasi con le mie sorelle. Fra le tre però, io ero la più desiderosa di ascoltare favole e racconti. Tutte le sere lo chiedevo a papà e lui ne approfittava per formarmi nella fede. Spesso prendeva la Sacra Scrittura, me ne leggeva un brano e poi me lo spiegava mostrandomi al tempo stesso le figure. A quell'epoca io frequentavo la seconda elementare, sapevo leggere la lingua indonesiana ufficiale, ma non la capivo bene perchè in famiglia parlavamo sempre il dialetto della regione.

Papà spiegava con molta dolcezza e pazienza. Le sue parole scendevano dentro il mio cuore e vi rimanevano profondamente impresse soprattutto per la convinzione con cui egli esprimeva la sua fede.
Ricordo in particolare una figura del libro usato da Papà. Era l'immagine della SS. Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo.

IL Padre teneva il mondo nella mano. Un giorno mio papà disse: "Vedi, se il mondo tenuto dal Signore Dio cadesse, anche noi che stiamo qui saremmo distrutti". Io ero spaventata: "Cosa possiamo fare perché il mondo non cada?" Papà rispose brevemente: "Pregare, io ne rimasi profondamente colpita, ma lui continua: "Se noi preghiamo, e gli altri non pregano il mondo cadrebbe ugualmente. Perciò non dobbiamo pregare soltanto per noi stessi, ma anche per la salvezza degli altri".

Dall'età di quattro anni sino alla fine delle elementari, io spesso dovevo stare a letto per settimane intere perchè malata. La mamma mi teneva compagnia con molti racconti attraverso i quali mi inculcava indirettamente degli insegnamenti preziosi. Mi parlava di un bambino molto buono, di una vecchietta che sopportava tutte le sue sofferenze, e poi concludeva: "Tu devi seguire l'esempio del bambino buono". A scuola le lezioni che preferivo erano quelle di religione. Il maestro era molto bravo e spesso ci parlava della passione di Gesù in modo tale da suscitare una profonda risonanza in chi lo ascoltava. Un giorno ci disse: "Quando Gesù era colpito dai soldati, flagellato, coronato di spine, tutto il suo corpo grondava sangue.

O Gesù quanto è grande il tuo amore per noi!" Le lacrime mi scendevano dagli occhi". E sebbene noi spesso abbiamo ferito il tuo cuore, tu hai dato liberamente la tua vita per la remissione dei nostri peccati. Gesù perdona le nostre colpe affinché noi siamo degni di stare alla tua presenza". Tutti questi fatti accrescevano la mia fede sino al punto di farmi decidere di consacrare la mia vita a Colui che ci ha redenti.
Ma più noi ci avviciniamo a Dio, più il demonio tenta di demolire la nostra fede. Infatti, quando iniziai la scuola media, il germe della vocazione comincio a non farsi sentire più. Ogni tanto, sì, sperimentavo la chiamata e allora volevo subito entrare in convento, ma ecco che ritornava l'attrattiva per la vita del mondo. Andavo in chiesa quando ne avevo voglia. Alternavo fervore e accidia. "A che serve andare in chiesa? Adesso non ne ho voglia!" Quanto era debole la mia fede!

Divenni pigra in tutto, compreso lo studio, tanto che fui bocciata. Ma non ne piansi: prendevo la vita così com'era, senza paure. Forse il Signore stesso mi aveva preparato questa prova perché, dopo la bocciatura iniziai a riflettere sulla mia condotta e ne divenni consapevole. Dinanzi al Signore piansi per i miei peccati e le mie azioni. Ma quando entrai all'Istituto Magistrale, ricaddi nuovamente nella malattia della "pigrizia". La mia presenza in chiesa era solo simbolica dato che non stavo attenta dall'inizio alla fine della Messa. Ogni tanto neppure la domenica andavo in chiesa. I motivi erano vari: troppi compiti, troppe occupazioni. Ma in realtà il motivo principale era che non ne avevo voglia. Il germoglio della vocazione sembrava sparito dal mio cuore senza lasciare traccia. Io mi occupavo di tutt'altre: cose.

Poiché la mia era una scuola cattolica, venivano spesso le suore per promozione vocazionale, ma io non ascoltai mai le loro spiegazioni ritenendole inutili. Al secondo anno di scuola, vennero P. Cornelio Serafini con una suora passionista per presentare la Congregazione fondata da S. Paolo della Croce. Io mi sentii spinta ad ascoltare le loro spiegazioni, ma l'attrattiva del mondo prese il sopravvento e non vi andai. Molti miei compagni però, restarono in contatto con P. Cornelio, e quelli che desideravano consacrarsi a Dio ricevettero da lui dopo alcuni mesi, vari libri spirituali, tra i quali le biografie di S. Gemma e S. Gabriele.
Una sera, mentre studiavamo in classe e io mi ero stufata, chiesi in prestito la biografia di S. Gemma tanto per non stare in ozio. Ne Lessi una parte e mi sentii così attratta dal desiderio provato da Gemma di consacrarsi a Dio, che domandai di poter portare il libro in collegio per leggerlo tutto (a motivo degli studi io non stavo più a casa). Terminata la lettura mi misi a riflettere: quanto era preziosa la vita consacrata tutta al Signore! Piano piano, il germoglio della vocazione cominciò a rispuntare e sbocciare.

In collegio noi eravamo obbligate dalla direttrice a partecipare ogni mattina alla Messa. Prima io non ne avevo voglia e vi andavo solo perché costretta. Ma dopo aver letto La vita di S. Gemma provavo molta gioia nella preghiera e nel partecipare alla Messa e mi sforzavo di stare attenta alle prediche del sacerdote. Quando pregavo, mi sembrava che il Signore parlasse dolcemente a me. Confidai ad un'amica il desiderio di consacrarmi a Dio. "Che? Vuoi entrare in convento? Oh, tu proprio non ne sei degna!" Io tacevo e capivo che di questo tesoro era meglio non parlare più. Il giorno seguente, senza dire nulla a nessuno, scrissi al Promotore vocazionale e ricevetti una risposta che mi riempì di gioia. Ancora non avevo informato la mia famiglia ma quando mi giunse la seconda lettera del Padre, subito mi confidai con i genitori. Papà e mamma ne furono molto contenti e mi sostennero nella vocazione.Solo la mia sorella maggiore inizialmente si oppose ricordando Le malattie della mia infanzia. Ma alla mia risposta: "Non fa niente, noi pregheremo perchè la mia salute sia forte!" si convinse pure lei.

La lettura di S. Gemma mi aveva spinto a rispondere alla vocazione del Signore, come monaca passionista. Da Gemma avevo imparato il valore di una vita totalmente consacrata a Gesù Crocifisso nella preghiera, nel silenzio* e nella quotidiana offerta di sé.
Le Parole di mio padre: "Dobbiamo pregare per la salvezza di tutti", ora si realizzavano nella mia vocazione contemplativa. L'acqua cristallina, sgorgata dalla limpida sorgente della fede e della preghiera dei miei genitori, zampillava nuovamente in me, per gettarsi nel "mare d'amore e di dolore" della Passione di Gesù.

Sr. A.

Caro mio Gesù vorrei avere un slancio solo, il più ardente che ebbero i santi, per poter in qualche maniera amarti.
S. Gemma Galgani

www.passionisti.org
un sito web della Famiglia Passionista
www.passionisti.org/monache
il sito delle Monache Passioniste