A Londra due milioni in piazza. Blair «fugge» e apre all’OnuCentodieci
milioni di persone, in tutto il mondo, hanno gridato il loro "no"
alla guerra. Dall’Australia al Giappone, dalla Corea all’India, dal Cairo
a Mosca. Cortei festosi e colorati. Con musica e canti. In piazza bambini,
giovani e anziani. Il "no" alla guerra è risuonato in ogni lingua
– dalle piazze e dalle strade di 603 città in ben 72 Paesi – e ha
scandito la giornata al ritmo dei diversi fusi orari. Centodieci milioni,
secondo una stima della tv Usa «Cnn». Probabilmente la prima mobilitazione
mondiale della storia.
Una autentica globalizzazione della pace. La manifestazione più imponente,
per numero di partecipanti, è stata quella di Roma. Ma anche Londra e Berlino
hanno fatto segnare record storici. Mobilitate tutte le capitali europee: a
Bruxelles hanno sfilato 35mila persone, ad Amsterdam in 70mila hanno dato vita
a una manifestazione come non si ricordava da ann i; 80mila in piazza a
Lisbona dove un gruppo di bambini issava il cartello «Insieme possiamo
impedire la guerra»; oltre 50mila i manifestanti in Svezia, cifra mai
raggiunta in quel paese; in Spagna, dove si è sfilato nel tardo pomeriggio in
55 città, Madrid e Barcellona sono state paralizzate da tre milioni di
persone. Ancora: 100mila a Dublino; 12mila a Helsinki (la più grande
manifestazione pacifista della storia della Finlandia), 10mila a
Copenaghen.
Cortei di protesta anche nel continente americano: si è sfilato in 250 città
degli Stati Uniti, in Canada e in America Latina. Decine di migliaia in piazza
in Sudafrica. Oltre cinquemila all’Avana. E in Brasile persino il derby
carioca di oggi, tra Flamengo e Botafogo, servirà a lanciare un deciso
"no" alla guerra.
A Londra due milioni in piazza. Blair «fugge» e apre all'Onu
Centodieci milioni di persone, in tutto il mondo, hanno gridato il loro
"no" alla guerra. Dall'Australia al Giappone, dalla Corea all'India,
dal Cairo a Mosca. Cortei festosi e colorati. Con musica e canti. In piazza
bambini, giovani e anziani. Il "no" alla guerra è risuonato in ogni
lingua - dalle piazze e dalle strade di 603 città in ben 72 Paesi - e ha
scandito la giornata al ritmo dei diversi fusi orari.
Centodieci milioni, secondo una stima della tv Usa «Cnn». Probabilmente la
prima mobilitazione mondiale della storia. Una autentica globalizzazione della
pace. La manifestazione più imponente, per numero di partecipanti, è stata
quella di Roma. Ma anche Londra e Berlino hanno fatto segnare record storici.
Mobilitate tutte le capitali europee: a Bruxelles hanno sfilato 35mila
persone, ad Amsterdam in 70mila hanno dato vita a una manifestazione come non
si ricordava da anni; 80mila in piazza a Lisbona dove un gruppo di bambini
issava il cartello «Insieme possiamo impedire la guerra»;
oltre 50mila i manifestanti in Svezia, cifra mai raggiunta in quel paese; in
Spagna, dove si è sfilato nel tardo pomeriggio in 55 città, Madrid e
Barcellona sono state paralizzate da tre milioni di persone. Ancora: 100mila a
Dublino; 12mila a Helsinki (la più grande manifestazione pacifista della
storia della Finlandia), 10mila a Copenaghen. Cortei di protesta anche nel
continente americano: si è sfilato in 250 città degli Stati Uniti, in Canada
e in America Latina. Decine di migliaia in piazza in Sudafrica.
Oltre cinquemila all'Avana. E in Brasile persino il derby carioca di oggi, tra
Flamengo e Botafogo, servirà a lanciare un deciso "no" alla guerra.
LA SPAGNA
Madrid «invasa» per fermare Aznar
pippo
da Madrid Michela Coricelli
Un lunghissimo serpente colorato ha attraversato Madrid, ramificandosi in
tutto il centro della capitale spagnola: oltre un milione di persone (due
milioni, secondo gli organizzatori della marcia) sono scese per le strade per
gridare il loro no al conflitto, un rifiuto che contrasta chiaramente con la
posizione assunta dal governo di Aznar, vicino alle scelte di Washington e
Londra.
Contemporaneamente, lo stesso slogan - «Fermare la guerra è possibile» -
guidava le manifestazioni di altre 55 città della Spagna. La polemica interna
si fa sempre più rovente: gli spagnoli non vogliono una guerra contro l'Iraq
(gran parte non accetta l'intervento neanche con la luce verde dell'Onu), e si
moltiplicano le critiche contro l'esecutivo, accusato di seguire passivamente
la volontà del presidente americano. Il premier Aznar, in una recente
intervista televisiva, ha chiesto «comprensione e fiducia» ai cittadini,
assicurando che la Spagna sta lavorando per la sicurezza e la pace mondiale, a
favore di una seconda risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Ma non
basta.
I sondaggi dimostrano che gli spagnoli vogliono che Aznar si avvicini alle
posizioni di Francia e Germania. Milioni di persone in tutto il Paese, da
Oviedo a Siviglia, da Malaga a Santander, hanno partecipato a quella che il
segretario del sindacato Commissioni Operaie ha definito «la più grande
manifestazione della storia spagnola». Barcellona ha rischiato il
"collasso", soffocata da una partecipazione cittadina imprevista:
secondo i promotori della marcia, nella città catalana hanno sfilato un
milione e 300.000 persone.
Anche a Madrid strade e stazioni metropolitane sono state paralizzate da
un'incredibile folla, che ha costretto a cambiare il percorso della
manifestazione. Alla testa del corteo - fra cartelli e bandiere arcobaleno - i
volti più noti del cinema spagnolo: dal regista Pedro Almodovar a Leonor
Watling, attrice protagonista del film Parla con lei. La marcia contro la
guerra era capeggiata da quattro gruppi: oltre agli attori, i rappresentanti
dei movimenti sociali, i sindacati e i partiti politici di sinistra con il
manifesto «No all'intervento dello Stato spagnolo», e infine lo striscione
«Giornalisti contro la guerra».
«Se il governo non ci ascolta, non è legittimato a rappresentarci», ha
dichiarato Pedro Almodovar poco prima di leggere il manifesto conclusivo della
protesta. «La guerra non può essere preventiva - ha urlato il regista di
fronte alla folla di Puerta del Sol - l'unica prevenzione è la pace».
Francia
Con i veterani e la gauche
Parigi. Parecchi veterani della guerra del Golfo e numerosi pacifisti
americani hanno guidato il corteo di 250 mila persone che ha sfilato da piazza
Denfert-Rochereau alla Bastiglia. E in tutta la Francia sono stati in oltre
mezzo milione a dire "no" al conflitto e a George Bush. In prima
fila la "gauche", con socialisti, comunisti e verdi al completo.
Germania
Record del dopoguerra
Berlino. Almeno mezzo milione in piazza per la manifestazione pacifista
più imponente del dopoguerra in Germania. I dimostranti hanno invaso
allegramente Berlino con centinaia di palloncini colorati, appoggiando la
linea del governo rossoverde. Presenti anche tre ministri, nonostante un
invito in senso contrario del cancelliere Schroeder.
Est Europa
Da Sofia a Bratislava
Vienna. Manifestazioni per la pace si sono tenute in tutte le capitali
dell'Europa centro-orientale. Nella neutrale Austria 30 mila persone si sono
radunate nella piazza centrale della capitale. A Praga duemila persone hanno
preso parte a due distinti cortei. Migliaia di dimostranti in piazza anche a
Sofia, Budapest e a Bratislava, in Slovacchia.
Sud-est asiatico
Contestata l'Australia
Bangkok. Tremila manifestanti si sono riversati nelle strade della capitale
thailandese, al grido «Nulla giustifica la guerra». Manifestazioni in tutto
il sud-est asiatico. In Malaysia hanno sfilato in duemila davanti alla sede
diplomatica Usa a Kuala Lumpur. A Giacarta corteo all'ambasciata australiana.
Duemila in piazza a Seul.
Paesi arabi
In 200 mila a Damasco
Il Cairo. Da Amman al Cairo, da Damasco a Beirut, nelle capitali arabe ci
si è schierati contro l'intervento in Iraq. La manifestazione più imponente
a Damasco, dove sono sfilate 200 mila persone. Enorme il dispiegamento di
poliziotti e agenti della sicurezza al Cairo, dove sono stati scanditi slogan
contro Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele
Russia
Un migliaio sfida il gelo
Mosca. Sfidando il termometro che segnava 15 gradi sotto zero, un migliaio
di persone si è data appuntamento davanti al ministero degli Esteri ed è
sfilata fino all'ambasciata americana. Slogan e cartelli recitavano: «Giù le
mani dall'Iraq». Qua e là dalla piazza si è levato anche qualche slogan che
invitava Putin a essere «più fermo con gli Stati Uniti».
Dissenso
Esuli iracheni: così sbagliate
Un medico, esule iracheno a Londra, con la propria famiglia tuttora a
Baghdad, in una lettera al «Guardian» ha spiegato perché non ha partecipato
- come la gran parte dei suoi compratioti - ai cortei per la pace. «A tutte
queste persone voglio dire questo: se pensate di servire gli interessi del
popolo iracheno, allora vi sbagliate. In realtà state salvando Saddam. Voi
state privando la gente della possibilità di liberarsi di lui».
«Gli Usa non perdoneranno le bugie del rais»
Da Berlino
Giovanni Maria Del Re
La guerra è solo rinviata, ma ci sarà, perché non sarà concesso un
ennesimo prolungamento delle ispezioni. Per Michael Stürmer, storico di fama,
esperto in questioni geostrategiche, nonché editorialista del quotidiano Die
Welt di Berlino, non bisogna fare l'errore di sottovalutare il dittatore e
neppure la volontà degli Stati Uniti di risolvere il problema una volta per
tutte. Per Stürmer, il rapporto che Hans Blix ha presentato venerdì al
Consiglio si sicurezza delle Nazioni Unite ha sì degli aspetti positivi, ma
contiene anche dure accuse nei confronti del governo iracheno.
Che cosa la preoccupa, professore, del rapporto?
È vero che il capo degli ispettori Hans Blix ha parlato di alcuni
miglioramenti nella cooperazione di Baghdad con gli ispettori. Ma ha anche
detto che continuano a mancare all'appello migliaia di tonnellate di sostanze
micidiali, in grado di seminare morte e distruzione in tutti i Paesi vicini. E
l'Iraq ancora non ha davvero spiegato che fine abbiano fatto.
Sì, ma intanto la Francia, e implicitamente la Germania, hanno segnato un
punto a loro favore ottenendo un prolungamento delle ispezioni.
C'è da chiedersi a che cosa serva questo prolungamento e se davvero sarà
utile a scoprire qualcosa in più. Perché, senza cooperazione da parte
dell'Iraq, si potrebbe finire alle calende greche senza trovare niente. Del
resto, il ministro degli Esteri francese Dominique de Villepin aveva chiesto
un secondo rapporto il 14 marzo. Invece la data è ora il primo marzo.
Già, ma ora Saddam ha autorizzato voli di perlustrazione anche con i
Mirage francesi...
Non è che io sia tanto ottimista. Perché, se c'era qualcosa da
nascondere, a quest'ora si trova in bunker sotterranei o celato nel fitto
dell'abitato di città come Baghdad. Se davvero è così, gli aerei serviranno
a ben poco.
Dunque pensa non vi sarà un ulteriore rinvio del lavoro degli ispettori?
Penso che i rinvii siano finiti. L'avvio del conflitto è davvero ormai
questione di pochissime settimane, due o tre al massimo, anche per ragioni
climatiche: oltre metà marzo il caldo potrebbe essere insopportabile per le
truppe impegnate nelle operazioni.
Ma Francia, Russia e Germania potrebbero continuare a opporsi a qualsiasi
intervento armato. Berlino ora si sente un po' meno isolata...
È una pura illusione. Mosca e Parigi (soprattutto la seconda), hanno
fatto capire che la guerra resta l'ultima opzione: non la escludono. Se Saddam
Hussein continuerà a non cooperare, non credo che continueranno a opporsi
solo per la bella faccia della Germania. E a quel punto non mi stupirei se il
presidente Chirac dicesse: «La Francia non può restare fuori e magari
mandasse a sua volte delle truppe». La Germania allora davvero si
ritroverebbe isolata.
Atene
Tafferugli e lancio di pietre
Qualche tafferuglio, un'auto incendiata e il lancio di lacrimogeni da
parte della polizia. Si è conclusa così, con qualche incidente ai margini
del corteo, una delle più grandi manifestazioni che si ricordino in Grecia.
Contro la guerra in Iraq hanno sfilato ad Atene 250 mila persone. Un gruppo di
giovani con il volto coperto, staccatosi dal grosso del corteo, ha cominciato
a lanciare pietre e bottiglie incendiarie: la polizia ha risposto con il gas
lacrimogeno. Il bilancio dei danni è di un'auto data alle fiamme, altre
danneggiate e qualche vetrina in frantumi. Non ci sono stati feriti. Diversi
sacchetti di vernice rossa sono stati lanciati contro il muro esterno
dell'ambasciata d'Italia. A Tessalonica alcuni manifestanti hanno lanciato
pietre contro il consolato americano e anche qui la polizia ha usato il gas
lacrimogeno.