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Lettera circolare 
del Superiore provinciale
 


Carissimi Confratelli

1. Dopo un lungo silenzio, torno a voi con questa nuova lettera all’inizio dell’anno pastorale e sociale, ormai avviato. Torno dopo il periodo estivo, che quasi tutti i religiosi della Provincia hanno avuto modo di trascorrere nella serenità e nel recupero personale delle necessarie energie psico-fisiche, che permetteranno di lavorare, nei mesi futuri, con rinnovato slancio. Mesi importanti, anche perché ci porteranno alla celebrazione del Capitolo Generale dell’ottobre 2006 a Roma. Torno a voi, dopo la positiva esperienza della visita fraterna svolta ai Confratelli del Vicariato del Brasile, dal 25 luglio al 22 agosto 2005, ai quali va il mio saluto ed il mio ringraziamento per l’accoglienza ricevuta.
Torno a voi in un contesto di vita ecclesiale molto importante per tutti noi cristiani e religiosi, che è quello della celebrazione del Sinodo dei Vescovi, aperto ufficialmente dal Santo Padre, Benedetto XVI, il giorno 2 ottobre e che si concluderà il 23 ottobre 2005. Riunione plenaria che conclude l’Anno dell’Eucaristia, durante il quale, facendo tesoro degli insegnamenti del Santo Padre Giovanni Paolo II, di v.m. e dell’attuale Pastore della Chiesa universale, Benedetto XVI, ci siamo concentrati, con maggiore attenzione e disposizioni, sul grande sacramento dell’Altare, centro della vita e dell’apostolato di noi persone consacrate e di noi passionisti in particolare.

2. Con questa mia lettera circolare vi rimando a quanto scritto dal Papa, Benedetto XVI, il 27 settembre scorso, in occasione della Riunione Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società apostoliche. Una Lettera che ci aiuta a fissare anche la nostra attenzione sui grandi temi della vita consacrata oggi. Scrive il Papa che “un’autentica ripresa della vita religiosa non si può avere se non cercando di condurre una esistenza pienamente evangelica, senza nulla anteporre all'unico Amore, ma trovando in Cristo e nella sua parola l'essenza più profonda di ogni carisma del Fondatore o della Fondatrice”. Tra i maggiori temi affrontati nella Lettera dal Santo Padre c’è il servizio dell’autorità. Benedetto XVI parte dal mettere in risalto gli aspetti positivi della vita consacrata per poi scendere sul campo delle problematiche che l’attraversano oggi a più livelli.

3. “La storia della Chiesa –scrive il Papa - è segnata dagli interventi dello Spirito Santo, che non l’ha soltanto arricchita con i doni della sapienza, della profezia, della santità, ma l’ha dotata di forme sempre nuove di vita evangelica attraverso l’opera di fondatori e di fondatrici che hanno trasmesso ad una famiglia di figli e figlie spirituali il loro carisma. Grazie a ciò, oggi, nei monasteri e nei centri di spiritualità, monaci, religiosi e persone consacrate offrono ai fedeli oasi di contemplazione e scuole di preghiera, di educazione alla fede e di accompagnamento spirituale. Soprattutto, però, essi continuano la grande opera di evangelizzazione e di testimonianza in tutti i continenti, fino agli avamposti della fede, con generosità e spesso con sacrificio della vita fino al martirio. Molti di loro si dedicano interamente alla catechesi, all'educazione, all'insegnamento, alla promozione della cultura, al ministero della comunicazione. Sono accanto ai giovani e alle loro famiglie, ai poveri, agli anziani, agli ammalati, alle persone sole. Non c'è ambito umano ed ecclesiale dove essi non siano presenti in modo spesso silenzioso, ma sempre fattivo e creativo, quasi una continuazione della presenza di Gesù che passò facendo del bene a tutti (cfr At 10, 38). La Chiesa è riconoscente per la testimonianza di fedeltà e di santità data da tanti membri degli Istituti di vita consacrata, per l'incessante preghiera di lode e di intercessione che si innalza dalle loro comunità, per la loro vita spesa a servizio del Popolo di Dio”. 
Sono gli aspetti positivi della vita consacrata che riscontriamo anche nella nostra Congregazione, nella nostra Provincia e nel nostro Vicariato del Brasile. E sono quegli aspetti che incoraggiano a credere sempre più fermamente, soprattutto a chi ha l’onere del servizio dell’autorità, che la vita consacrata può e deve dire molto a questa umanità, se recupera la sua vera identità e la sua missione nella Chiesa e nel mondo. Non vanno, tuttavia, dimenticate le grandi problematiche che attraversano la vita consacrata, compresa quelle che riguardano noi direttamente.

4. “La vita consacrata all'inizio del nuovo millennio –prosegue il Santo Padre- ha davanti a sé sfide formidabili, che può affrontare soltanto in comunione con tutto il Popolo di Dio, con i suoi Pastori e con il popolo dei fedeli. La prima riguarda l'esercizio dell'autorità. Si tratta di un servizio necessario e prezioso, per assicurare una vita autenticamente fraterna, alla ricerca della volontà di Dio. In realtà è lo stesso Signore risorto, nuovamente presente tra i fratelli e le sorelle riuniti nel suo nome (cfr Perfectae caritatis, 15), che addita il cammino da percorrere. Soltanto se il Superiore da parte sua vive nell’obbedienza a Cristo ed in sincera osservanza della regola, i membri della comunità possono chiaramente vedere che la loro obbedienza al Superiore non solo non è contraria alla libertà dei figli di Dio, ma la fa maturare nella conformità con Cristo obbediente al Padre (cfr ibid., 14)”.
Al n.14 delI’Istruzione “Ripartire da Cristo” della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società apostoliche, leggiamo testualmente: "Nel ritrovare il senso e la qualità della vita consacrata, un compito fondamentale è quello dei superiori e delle superiore, ai quali è stato affidato il servizio dell'autorità, compito esigente e talvolta contrastato. Esso richiede una presenza costante, capace di animare e di proporre, di ricordare la ragion d'essere della vita consacrata, di aiutare le persone affidate per una fedeltà sempre rinnovata alla chiamata dello Spirito. Nessun superiore può rinunciare alla sua missione di animazione, di aiuto fraterno, di proposta, di ascolto, di dialogo. Solo così l'intera comunità potrà ritrovarsi unita nella piena fraternità e nel servizio apostolico e ministeriale. Rimangono di grande attualità le indicazioni offerte dal documento della nostra Congregazione, La vita fraterna in comunità, quando, parlando degli aspetti dell'autorità che oggi occorre valorizzare, richiama il compito di autorità spirituale, di autorità operatrice di unità, di autorità che sa prendere la decisione finale e ne assicura l'esecuzione.
Ad ognuno dei suoi membri è richiesta una partecipazione convinta e personale alla vita e alla missione della propria comunità. Anche se in ultima istanza, e secondo il diritto proprio, appartiene all'autorità prendere le decisioni e fare le scelte, il quotidiano cammino della vita fraterna in comunità richiede una partecipazione che consente l'esercizio del dialogo e del discernimento. Ognuno e tutta la comunità possono, così, confrontare la propria vita con il progetto di Dio, facendo insieme la sua volontà. La corresponsabilità e la partecipazione sono esercitate anche nei diversi tipi di consigli ai vari livelli, luoghi nei quali deve regnare innanzitutto la piena comunione, così da avere costantemente la presenza del Signore che illumina e guida. Il Santo Padre non ha esitato a ricordare l'antica sapienza della tradizione monastica per un retto esercizio concreto della spiritualità di comunione che promuove e assicura la fattiva partecipazione di tutti.
In tutto questo aiuterà una seria formazione permanente, all'interno di una radicale riconsiderazione del problema della formazione negli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, per un autentico cammino di rinnovamento: esso infatti «dipende principalmente dalla formazione dei loro membri».
C’è chi ha compreso, e non da ora, queste verità e vive la sua consacrazione al Signore nella piena disponibilità al progetto di Dio, che si manifesta anche mediante il discernimento della legittima autorità nei suoi riguardi e chi non accetta la funzione della legittima autorità nella Chiesa, per cui vive in perenne conflitto con se stesso e con gli altri. 

5. Problematica molto seria, sulla quale è opportuno riflettere anche nelle nostre comunità locali. Certo la questione della leadership negli istituti di vita consacrata è un argomento di grande attualità, tanto da farne oggetto di studio nella prossima assemblea nazione della Cism, che si terrà a Monopoli (Ba) dal 7 all’11 novembre 2005. Preparare e formare i superiori di domani non sarà facile, in quanto sono sempre meno coloro che si rendono disponibili all’assunzione dei compiti nella comunità, anche di fronte al numero limitato di religiosi, all’età che avanza, alle condizioni di salute precaria, alla molteplicità degli impegni che investono i superiori a qualsiasi livello nella comunità odierna. Tuttavia, è un dovere morale porsi seriamente la questione, perché la vita comunitaria necessita dell’esercizio dell’autorità, senza la quale si rischia l’anarchia e l’autogestione in ogni campo e settore, distruggendo di fatto il senso e il motivo del vivere insieme.
Un dato è certo ed è evidenziato in tutte le sedi: rispetto al passato è molto più difficile l’esercizio dell’autorità nella vita consacrata, ove alcuni elementi, di importazione secolare e laicista, ne hanno minato ruolo, significato, incidenza e valenza, con le note conseguenze dell’assenza di una chiara direzione di marcia e di obiettivi comuni da perseguire, conforme al carisma dell’Istituto.
L’autorità, il più delle volte, è solo strumentale e funzionale ai personali bisogni. Per cui essa deve possedere tutte le qualità morali, spirituali, umane, culturali, gestionali, utili ai propri personali scopi. Cose impensabili che non si possono rinvenire in toto in nessuno, fosse anche il più stimato, apprezzato e santo dei religiosi. Il superiore perfetto, infatti, come la comunità perfetta, sono chimere. Ognuno dei superiori, con i propri pregi e i propri limiti porta il contributo al mantenimento della vita comunitaria, per salvaguardare almeno l’essenziale di questa, che si fonda sulla comunione e condivisione. Cosa non facile oggi di fronte al diffondersi di un’interpretazione utilitaristica dell’autorità, che sempre più si configura come mezzo per raggiungere i propri fini personali, per soddisfare le proprie necessità, da quelle quotidiane e superficiali a quelle di indirizzo generale e più profonde. L’autorità quando serve ne chiediamo la presenza ed il suo intervento; quando non serve, la accantoniamo, non la consideriamo o addirittura la contrastiamo. La prassi dell’usa e getta, è entrata anche nella vita consacrata, rompendo di fatto vincoli spirituali ed umani profondi su cui va ristrutturata la vita fraterna in comunità. 

6. La Lettera del Papa, che risulta essere un contributo importante per la vita consacrata all’inizio del suo Pontificato, va letta anche nel contesto delle celebrazioni per il 40° anniversario del Decreto del Concilio Vaticano II “Perfectae caritatis” sulla vita consacrata. Qui ne metto in risalto alcuni aspetti, già sapientemente evidenziati dallo stesso Pontefice.
Le motivazioni che portarono i Padri Conciliari ad avviare il rinnovamento della vita consacrata “continuino ad essere anche oggi fonte di ispirazione per quanti impegnano la loro esistenza al servizio del Regno di Dio. Mi riferisco –dice il Papa- innanzitutto a quella che il Decreto Perfectae caritatis qualifica come “vitae religiosae ultima norma”, “norma suprema della vita religiosa”, e cioè la “sequela di Cristo”. 
“Un’altra indicazione di fondo che il Concilio ha dato è quella del generoso e creativo dono di sé ai fratelli, senza mai cedere alla tentazione del ripiegamento su se stessi, senza mai adagiarsi sul già fatto, senza mai indulgere al pessimismo e alla stanchezza. Il fuoco dell'amore, che lo Spirito infonde nei cuori, spinge a interrogarsi costantemente sui bisogni dell'umanità e su come rispondervi, sapendo bene che solo chi riconosce e vive il primato di Dio può realmente rispondere ai veri bisogni dell’uomo, immagine di Dio.
Ancora un’indicazione vorrei raccogliere tra le molte significative consegnate dai Padri conciliari nel Decreto Perfectae caritatis: è l’impegno che la persona consacrata deve porre nel coltivare una sincera vita di comunione (cfr n. 15), non soltanto all'interno delle singole fraternità, ma con tutta la Chiesa, perché i carismi vanno custoditi, approfonditi e costantemente sviluppati «in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita» (Mutuae relationes, n. 11).

7. Carissimi Confratelli, dopo circa tre anni di servizio alla Provincia, avverto la necessità di dirvi apertamente che dobbiamo aiutarci a riscoprire la nostra vocazione e la nostra identità di passionisti, se vogliamo svolgere un vero servizio alla Chiesa e alla società odierna. Non si tratta di questo o quell’altro superiore locale, regionale o provinciale, da sostenere o da sostituire (cose legittime e che vanno decise nei luoghi istituzionali, come il Capitolo provinciale, per quanto ci riguarda) ma di ridare dignità alla nostra scelta di consacrazione al Signore, di avere coraggio a cambiare seriamente il nostro stile di vita per seguire la chiamata di Dio con maggiore generosità e disponibilità.
Non dobbiamo adeguarci alla mentalità di questo secolo, ma è urgente ritrovare la forza per riscattarci personalmente e comunitariamente rilanciando, a livello locale e provinciale, ciò che oggi dà maggiori segnali di stanchezza e di abbandono, di sfiducia e di assenza di futuro. Se oggi esistono stati d’animo del genere ovunque nei nostri ed altrui conventi, tutto questo è frutto di una evidente carenza di fede, di una caduta del sacro e della scarsa attenzione alla dimensione spirituale della nostra consacrazione al Signore. Più di qualcuno va ripetendo da tempo, che non si tratta di credere nella vita religiosa, ma di essere credibili come religiosi, con uno stile di vita che risponda almeno in parte alle scelte fatte. 
La vita consacrata, infatti, avrà ancora un posto e un ruolo nella Chiesa e nel Mondo contemporanei, se a partire da noi recuperiamo quella linfa vitale, che è la grazia di Dio per la vocazione e la missione. Senza questa linfa, la spiritualità, la donazione, l’oblazione, il sacrificio, la rinuncia, la carità non troveranno, né adesso, né mai, quell’adeguata accoglienza e valorizzazione nella stessa chiesa e nella società, perché i religiosi rischiano di non essere più credibili per quello che dicono e per come vivono. 

8. Nel ribadire quanto scrive Benedetto XVI nella lettera citata che “un’autentica ripresa della vita religiosa non si può avere se non cercando di condurre una esistenza pienamente evangelica, senza nulla anteporre all'unico Amore, ma trovando in Cristo e nella sua parola l'essenza più profonda di ogni carisma del Fondatore o della Fondatrice”, vi saluto fraternamente e mi affido alle vostre preghiere. 
Colgo l’occasione per augurare a tutti buon lavoro nella “Vigna del Signore”, anche nel silenzio, nella solitudine dei conventi e nella sofferenza visibile e nascosta di tanti di noi, di produrre frutti copiosi per noi stessi, per le nostre comunità religiose e per le persone affidate alle nostre cure pastorali.

Napoli 2 ottobre 2005

P.Antonio Rungi C.P.
Superiore provinciale