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Airola (Bn). Domani al Convento dei Passionisti di Airola la festa liturgica
di Santa Francesca Romana.

di Antonio Rungi

Ritorna anche quest'anno, come da circa quattro secoli, la festa in onore di Santa Francesca Romana nel Convento dei Padri Passionisti di Monteoliveto in Airola (Bn). La comunità passionista, infatti, ha programmato una serie di iniziative per proporre all'attenzione della comunità cristiana e civile della Valle Caudina l'esemplare figura e testimonianza di vita di una santa particolarmente conosciuta ed amata in questa zona. La devozione a Santa Francesca Romana in Airola risale al 1608, quando i Padri Olivetani, di comunità al Convento di Monteoliveto (dal 1883 acquisito dai Passionisti) ne diffusero il culto in Airola e nella Valle Caudina. Quest'anno la festa assume un particolare significato nel contesto della celebrazione dell'Anno eucaristico. In Santa Francesca Romana, scrivono i Passionisti, vogliamo ammirare la singolare devozione a Gesù Sacramentato. La Santa, tutta orientata all'Eucaristia, adorava con stupore Gesù nell'Ostia consacrata e lo ringraziava per questo dono ineffabile fatto alla Chiesa. Dalla Comunione, la Santa attingeva forza e zelo per la sua carità eroica verso il prossimo. Santa Francesca ci invita a riscoprire il mistero della presenza reale di Gesù in mezzo a noi. Per domani, memoria liturgica della Santa, alle ore 9,00 si celebra la S.Messa per tutte le mamme della Città; alle ore 10,30 la santa messa con la partecipazione degli Alunni delle scuole di primo grado; alle ore 12.00, la celebrazione eucaristica per gli studenti della scuole secondarie. Nel pomeriggio, alle ore 17,00, la solenne concelebrazione eucaristica
presieduta dal Superiore provinciale dei Passionisti, padre Antonio Rungi, originario della città, con la partecipazione dell'Amministrazione Comunale di Airola. A conclusione un momento di fraternità in un clima di gioia e di comunione. La vita e le opere di questa singolare donna costituisce un forte richiamo a vivere la dimensione eucaristica della propria fede, privilegiando l'amore verso il Signore e verso i fratelli più bisognosi. Nobile di nascita (Francesca Bussa de' Buxis de' Leoni) e nobilissima di animo, S. Francesca Romana, pur vissuta nell'ormai lontano Quattrocento, è così familiare nella devozione popolare, soprattutto dei Romani, che le giovani coppie prediligono, per unirsi in matrimonio, la chiesa a lei dedicata quasi al centro dei Fori Imperiali. Francesca, detta familiarmente Franceschella o Ceccolella, nacque
a Roma nel 1384. Cresciuta negli agi di una nobile e ricca famiglia, coltivò nel suo animo l'ideale della vita monastica, ma non poté sottrarsi, com'era consuetudine, alla scelta che per lei avevano fatto i suoi genitori. Raramente un matrimonio così combinato ebbe esito tanto felice. La giovanissima sposa, appena tredicenne, prese dimora con lo sposo Lorenzo de' Ponziani altrettanto ricco e nobile, nella sua casa nobiliare a Trastevere. Con semplicità accettò i grandi doni della vita, l'amore dello sposo, i suoi titoli nobiliari, le sue ricchezze, i tre figli nati dalla loro unione e sui quali ella riversò un amore vigile e tenerissimo; e con altrettanta semplicità e fermezza d'animo ne accettò la privazione. Il primo grande dolore fu la morte di un figlioletto; poco dopo morì un secondo figlio, rinnovando la ferita al suo cuore ancora sanguinante. Intanto Roma subiva i contraccolpi dello scisma d'Occidente per la contrastata presenza di antipapi. A uno di questi, Giovanni XXIII, mosse guerra il re di Napoli, Ladislao d'Angiò, che per ben due volte invase l'Urbe. La guerra colpì da vicino anche Francesca, che ebbe il marito seriamente ferito e l'unico figlio rimastole preso come ostaggio. Tutte queste sventure
non piegarono il suo animo, sostenuto dalla presenza misteriosa ma efficace del suo Angelo custode. Il suo palazzo pareva fosse la meta obbligata di bisognosi d'ogni genere. Generosa con tutti, profondeva i beni di cui disponeva per alleviare le tribolazioni degli altri, senza nulla concedere a se stessa. 
Per poter allargare il raggio della sua azione caritativa, nel 1425 fondò la congregazione delle Oblate Olivetane di S. Maria Nuova, dette anche Oblate di Tor de' Specchi. Tre anni dopo la morte del marito, emise ella stessa i voti nella Congregazione da lei fondata, assumendo il secondo nome di Romana. Morì il 9 marzo 1440. Le sue spoglie mortali vennero esposte per tre giorni nella chiesa di S. Maria Nuova, che avrebbe poi preso il suo nome, e fu così unanime il tributo di devozione resole dai romani che una cronaca dell'epoca parla di "tota civitas", di tutta Roma, accorsa a renderle l'estremo saluto. Venne canonizzata nel 1608.