16/11/02 - Biblioteca passionista di Sora (FR): Inaugurazione Fondo Antico. Relazione di P. Giuseppe Comparelli: "Origine e sviluppo della Biblioteca dei Passionisti di Sora"  SOMMARIO

Tipologia e analisi

Con la nutrita serie di ingressi provenienti dal clero locale e dalla pianificazione interna il lettore potrà dedurre che la biblioteca di S. Maria degli Angeli, nel suo fondo antico, possa risultare un assortimento o un deposito di generica indole culturale. E’ vero che non sempre bastano gli scaffali di singoli ecclesiastici perché la somma dei libri faccia una vera biblioteca ecclesiastica. Ma è vero anche che il risultato che abbiamo oggi e che scorriamo con i titoli di questo inventario ci mettono davanti ad una tipica biblioteca ecclesiastica. Ciò è dovuto alla dotazione di chi offriva e agli interessi di chi accettava o acquistava.
Infatti le notizie pervenute ci fanno comprendere che non sempre si prelevava tutto un fondo singolo. Non è pensabile che non ci fosse una selezione, magari concordata con i donatori. L’assenza di narrativa, per es., letteratura celebrativa o di occasione o periodica, ne è indice sicuro. Un’altra osservazione va fatta: fuori di autori e testi propri dell’indole culturale passionista, che ha puntato quasi esclusivamente al tomismo in filosofia e teologia, in genere gli autori di corso erano piuttosto comuni. Stiamo parlando di testi per l’istruzione sistematica di base, dal momento che a Sora i passionisti posero presto la sede di studio per i propri giovani.
Si aggiunga a questo che lo scaffale privato di un canonico facilmente si provvedeva dei titoli che provenivano dal comune orientamento culturale. Un sacerdote che faceva parte di un capitolo di collegiata o della cattedrale era in genere un soggetto culturalmente attivo: insegnava in privato o al seminario, era il teologo o il penitenziere della cattedrale, o il cancelliere e il giurista della curia diocesana, il latinista, il liturgista ecc. Un’altra deduzione viene dai frontespizi e dall’archivio: spesso questi testi hanno costituito una biblioteca di famiglia per più di qualche generazione di ecclesiastici. Ci viene di fare i nomi degli Annoni, dei De Medicis, dei Passarelli, dei Marsella dal momento che le date rilevate si rifanno al ‘700 e all’800 e i nomi non sono sempre gli stessi davanti allo stesso cognome. Impressiona però la varietà dei titoli, pur in presenza della stessa tipologia di fondo.

Le diverse personalità con le diverse mansioni esercitate e con i propri interessi coltivati hanno assommato insieme un titolario di rispetto dal punto di vista ecclesiastico ed umanistico: una varietà nell’unità. Per noi tutto questo è un dato compiuto e ci fa trovare davanti a un fondo che ha acquistato una sua unità già per il fatto che una comunità di religiosi l’ha custodito e utilizzato per 150 anni, accostandosi e distinguendosi dalle altre biblioteche passioniste del Lazio sud-pontificio. 

Da notare che questa fisionomia unitaria è tale anche per altre ragioni:
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Innanzitutto per una ragione di spazio-tempo culturale. Nel Regno di Napoli la figura dell’ecclesiastico in famiglia era già segno di apprezzabile posizione sociale. La cultura personale era un ingrediente che doveva giustificare un certo credito molto spesso anche per l’attività scolastica, ma era sicuramente un requisito per avanzare nelle nomine e negli uffici. Il clero che faceva capo ad una cattedrale come a Sora o ad una collegiata come in qualche centro vicino maneggiava libri. Ma era in tutto il Regno, quello dell’istruzione, un connotato del clero, riconosciuto anche fuori. La decisione poi di lasciare ad un convento o al seminario la propria biblioteca –che generalmente raggiungeva un quantitativo che andava dai 200 ai 500 volumi- poteva significare un certo declino familiare o la mancanza di un nipote avviato alla vita ecclesiastica, oppure un sentimento di riguardo e di obbligo per il convento.
== Talvolta poteva significare un bisogno di denaro che solo un ente interessato, come un istituto religioso, poteva subito risolvere con prezzi accomodati. Negli scaffali di casa gli ecclesiastici spesso, al fianco di severi volumi di teologia, diritto, storia ecc., avevano anche testi letterari latini e italiani, sussidi grammaticali e trattati scientifici anche per l’insegnamento, stampa periodica ed altro. In più avevano quegli interessi personali che li qualificavano in diocesi: liturgia, diritto civile, musica ed altri settori eruditi. La presenza di un collegio di gesuiti a Sora era già una verifica di aggiornamento, ma c’era la faciltà dei rapporti con la capitale che faceva del clero napoletano una classe ben fornita dalle attive officine editoriali. Basti pensare che a metà ‘800 nacquero a Napoli La scienza e la fede (1840)* e La civiltà cattolica (1850), le riviste cattoliche più autorevoli della penisola in fatto di vaglio dottrinale della produzione colta. La biblioteca di S. Maria degli Angeli registra, come uno spaccato, titoli e tendenze di quel mondo sette-ottocentesco.
== Un altro elemento che qualifica il fondo è la presenza di autori gesuiti che per sé non sarebbe un dettaglio singolare. Anche le biblioteche passioniste del Lazio pontificio avevano questa presenza di titoli dovuti alla distribuzione di fondi gestita da Roma dopo il 1773. Ma a Sora il fatto si spiega con la presenza in città di un attivo Collegio di gesuiti (attuale sede comunale) che lasciarono evidenti tracce negli scaffali del clero locale. I gesuiti furono a Sora a partire dal 1614. Soppressi nel regno di Napoli con la legge del 1767 e poi da Clemente XIV nel 1773, furono richiamati a Sora nel 1803, quando il Re Ferdinando IV li richiamò nel Regno. Ma nel 1806 Giuseppe Bonaparte, durante l’occupazione francese, fece richiudere il collegio. Tornarono con l’infaticabile mons. Montieri nel 1856. Dovettero però nuovamente ripartire nel 1860 con le vicende risorgimentali e questa volta definitivamente. La gioventù sorana perse preziosi riferimenti per l’istruzione e l’educazione (24). La storia di Sora ricorda nomi di gesuiti benemeriti per più ragioni. Chi si distinse di più nelle biblioteche fu il P. Ubertino Carrara, sorano, (1642-1716), celebre latinista. Scrisse tra l’altro il noto Columbus, carmen epicum nel 1715 che ebbe varie ristampe e figura in questo inventario. Il magistero locale dei gesuiti nella scuola come nella direzione spirituale, ha lasciato un segno concreto nella storia della cultura sorana, se nelle biblioteche del clero non mancarono autori gesuiti in più discipline. La biblioteca dei passionisti ora conserva anche questa traccia preziosa. Più di qualche testo porta il timbro: "Collegium soranum soc. Jesu" come documento di un segmento di storia forse ancora attivo nelle coscienze.
== Altro dettaglio, fattore di unità nella biblioteca di S. Maria degli Angeli, è l’abbondanza di editori e stampatori napoletani. Quando i passionisti presero sede a Sora, Napoli era la capitale dell’editoria in Italia. Questo spiega anche la convenienza dei prezzi. I registri di amministrazione annotano frequenti viaggi e carriaggi dai ritiri di Aversa e Caserta, fino alla soppressione del 1866. Spesso sono gli stessi studenti chierici che vanno con i docenti a quelle sedi più vicine a Napoli. Non poteva mancare in queste circostanze la ragione dei testi da poter scegliere e acquistare. Un ruolo scontata avrà avuto in tutto ciò l’amico editore e stampatore Filippo Torno di Aversa, attivo anche a Napoli.
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Nelle sedi di Aversa, aperta nel 1853, e di Caserta, fondata per desiderio di Ferdinando II nel 1855, erano biblioteche aggiornate. Quella di Caserta crebbe anche con l’aiuto del re che all’inizio pregò i religiosi di servirsi della biblioteca palatina. Il generale del tempo, Padre Antonio Testa, che seguì tutte le fondazioni di quegli anni, ed era pratico di Napoli, scrisse ai confratelli di fare acquisti di libri a Napoli perché i prezzi erano migliori.(25)
== Queste due biblioteche che al loro rispettivo inizio avevano avuto casse di libri da Roma e dalle case del Lazio sud pontificio, con l’occupazione piemontese furono abbandonate. Quella di Caserta confluì in quella palatina (26) Con questo non vogliamo dire che tutte le edizioni napoletane di questo fondo siano da riferirsi all’acquisto dei religiosi. Anche gli scaffali dei donatori ne avevano. Anzi le edizioni napoletane provenienti dalle biblioteche del clero abbracciavano un più lungo arco di tempo e sono proprio queste a meglio denotare quel fattore spazio-tempo culturale che dà a questa biblioteca un altro elemento di connotazione unitaria. Ne consegue che i libri dei passionisti di Sora documentano in questo modo quella ricca autonomia editoriale che permetteva a seminari e conventi del Regno di riflettere il polo editoriale napoletano, invece che quello romano e quello onnipresente veneziano, pur praticando lo stesso titolario con gli autori comunemente noti.
== Così questa biblioteca ha il suo Calmet (Napoli 1733), il suo Antoine (Napoli 1772), e via di seguito, come: Muratori, 1773; Fleury, 1769; Ferraris, 1789; Tirino, 1775; la ricca serie del Sacy, 1786; gli abbondanti titoli biblici della Simoniana (‘700). La fitta domanda dal Regno e le perdite degli anni precedenti per le note vicende storiche determinarono, intorno alla metà dell’800, ristampe di titoli del fondo antico, a volte ripetute a distanza di qualche anno. E’ così che rivediamo i grossi volumi di Van Den Steen (1567-1637) dal 1851 al 1858, così l’altro biblista De Pineda (1558-1637) ristampato nel 1859, longevità significative nell’800 e nella biblioteca dei passionisti di Sora. Ugualmente Napoli ristampa la summa di S. Tommaso in 10 grossi volumi nel 1858, ma questo non ci meraviglia, data l’autorità in questione, come appaiono scontate le edizioni a ripetizione di S. Alfonso a Napoli e altrove.
== Tutto custodisce la biblioteca di S. Maria degli Angeli che, inoltre, registra anche autori ignoti alle altre biblioteche passioniste laziali, come i settecenteschi Sarnelli, Sabatini, Lupoli, Rispoli ecc. (spiritualità pastorale). Tutti editi a Napoli. A questo proposito va notato che la disponibilità libraria ha talvolta influito sulle scelte culturali o almeno didattiche anche nei sussidi di corso, se il teologo aversano De Folgore (Napoli 1814, ristampa 1827) a Sora è consultato se non adottato (27). I suoi testi erano titolari al seminario di Aversa finchè il vescovo Francesco Saverio Durini non lo fece sostituire dal compendio in 4 volumi del cappuccino francese Tommaso de Charmes, di indirizzo agostiniano. Anche questo è in biblioteca con l’edizione uscita ad Aversa nel 1829. Potremmo proseguire ancora, magari con i moralisti di indirizzo alfonsiano: Scavini (1853), Neyreguet (Palermo 1846) ecc.. anch’essi adottati per qualche corso, ma l’accenno non è tanto agli autori quanto alla popolosa editoria della Napoli borbonica che scarica a Sora anche altri sussidi indispensabili per l’efficienza di una biblioteca: produzione locale o d’importazione e tradotta, come i dieci informati ed eleganti volumi del Dizionario di scienze ecclesiastiche di Richard e Giraud del 1846, che magari compensano, in qualche modo, l’assenza del Moroni pontificio. Gli stessi classici della spiritualità, presenti nel fondo antico,passano per le ristampe napoletane dell’800 e giungono a Sora: Da Ponte (1851), Scaramelli (1839) ecc., come le ristampe degli esegeti barocchi De Pineda e Van Den Steen, ancora coltivati e stimati, e fanno riflettere un po’ alle potenzialità dell’800, dissidiato da uno sguardo al suo presente e uno al passato, anche nelle lettere e nelle arti. La biblioteca di S. Maria degli Angeli risulta così un campionario molto eloquente di affluenze editoriali determinate da ragioni storiche, geografiche e culturali. Una biblioteca che documenta bene due età: due Stati, due fasi della storia italiana, e che si arresta, come per trauma, all’unità d’Italia (28). L’incremento posteriore, quando appare, è pigro e sparso. Il clima culturale attende di esprimersi in nuove direzioni.
== C’è infine un ultimo fattore di unità e identità della biblioteca S. Maria degli Angeli ed è quello che le proviene dall’incremento congeniale al cammino culturale della comunità passionista. Al tempo dell’apertura della sede in Sora il patrimonio librario passionista, in linea generale, era ormai ben delineato ma non era ancora stato prodotto il meglio dei contributi da parte dei soggetti stessi dell’istituto. La produzione si diresse su due fronti: la spiritualità e il tomismo che meglio riassumevano la tradizione culturale e le linee del carisma. Quanto alla spiritualità fu proprio in quegli anni, a cavallo della metà dell’800, a cominciare dalla conclusione della diaspora napoleonica, che si videro gli ingegni più esposti, impegnati a diffondere con la stampa l’apporto specifico dei passionisti: S. Vincenzo Strambi, P. Domenico Barberi, P. Filippo Squarcia, P. Ignazio Carsidoni, P. Lorenzo Salvi, P. Pio Cayro ecc.. Sono gli autori che vengono diffusi e fanno conoscere la riflessione spirituale passionista. Filippo Torno ad Aversa e a Napoli stampava a grosse tirature i volumi maneggevoli, ampiamente divulgati anche nelle missioni popolari. Altri ne avevano stampati i fratelli Bono di Ferentino nel decennio precedente, abbandonando gli editori romani che fin allora avevano stampato per i passionisti testi di corso, meditazioni, biografie e testi istituzionali: Lazzarini, Pagliarini, Puccinelli, la Tipografia Forense, quella del Collegio Urbano ecc..
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Con questi dettagli siamo andati oltre la data del 1830 che conclude l’età antica del libro ma abbiamo sottolineato che iniziative e acquisti del sec. XIX gettano luce sull’età precedente e completano la tipologia della biblioteca passionista, anche per il fatto che solo nell’800 i passionisti hanno maturato la convinzione che un Istituto di evangelizzatori non poteva essere indifferente alla qualità di una provvista libraria, né rimanere improduttivo circa l’orientamento culturale che scelse la Congregazione all’interno dello stesso mondo ecclesiastico. Per quanto riguarda la teologia e la filosofia il fondatore dei passionisti S. Paolo della Croce, volle che il suo istituto professasse fedelmente la dottrina di S. Tommaso D’Aquino. Già dal 1753 si adottò il tomismo nei corsi e quando si ufficializzò tutto con la regola approvata da Clemente XIV nel 1769 le comunità adottarono stabilmente i testi del Roselli per la filosofia e del Billuart per la teologia, ambedue domenicani.
== Col tempo questi autori fecero desiderare un lavoro di revisione ed è quello che dispose il Capitolo Generale del 1802 (29). Si ovviò con i due compendi sugli originali e stampati a Roma da Puccinelli nel 1834 per Billuart e nel 1837 per Roselli. In verità, oltre che di libri, era anche questione di efficienza del personale che normalmente era avviato all’apostolato. Il Superiore Generale P. Paolo Luigi Pighi (30) con una lettera circolare del 1824 riportava l’attenzione sulla questione concernente la frammentazione dei corsi, cioè più sedi di studio "formale". Anche le comunità del Lazio sud affrontarono il problema in una riunione presieduta dal Superiore Provinciale Beato Domenico Barberi, molto sensibile al settore. Si desiderarono docenti a tempo pieno. Ma su questo argomento, comune anche ad altri istituti, intervenne la S. Sede con un documento che firmò Pio IX nel 1848. Di questo tenne conto il capitolo generale del 1851 che non ottenne molto in fatto di accorpamento dei corsi e riduzione dei docenti. Pio IX allora caldeggiò per i passionisti uno studio internazionale alla Scala Santa, sede donata appunto da Papa Mastai. Ne prese atto il capitolo generale del 1869. Tutto si concretizzò nel 1876 affidandone la direzione ad un uomo di sicura tempra culturale che fu il p. Giacomo Sperati (31) della provincia del Lazio sud. Aveva larga esperienza di docente. Era stato a Sora prima come studente chierico poi come docente. Le sue pubblicazioni di filosofia neotomista entrarono nelle biblioteche del tempo e interessarono le riviste di cultura.
== Agli elogi di "La scienza e la fede" non corrisposero quelli della "Civiltà Cattolica". Ne parlò anche la "Révue catholique" di Lovanio. P. Sperati era orientato alla scuola napoletana che cominciò col Sanseverino. Ma l’esperienza dello studio internazionale durò poco. In quegli anni era culturalmente attivo un altro nome illustre tra i passionisti dell’800, anch’egli legato a Sora (fu superiore provinciale) e alla sede di Aversa di cui curò il rifornimento della biblioteca, P. Silvestro Zannelli (32) che diede alle stampe a Montecassino nel 1875 cinque grossi volumi di filosofia neotomista. Di essi parla anche il P. Walz.(33). Non possiamo tacere P. Gabriele Abisati (34) noto teologo a suo tempo, né il suo discepolo P. Gaspare Forti che curò la biblioteca di S. Maria degli Angeli e le altre del Lazio sud.
== A Sora ha lasciato con la sua elegante grafia molte annotazioni ex libris. Anch’egli fu autore di scritti neotomisti e faceva capo all’indirizzo della "Civiltà Cattolica" attraverso l’amicizia col P. Cornoldi. Pubblicava anonimi i suoi scritti, forse motivato dall’incidente del P. Sperati. Con questi nomi entrano nelle biblioteche passioniste sud laziali anche gli autori tedeschi che avevano mutato il paesaggio culturale dell’800: Kant, Hegel, Schelling, Herbart ecc… Ci siamo attardati su questo argomento per chiarire quel concreto aggancio della biblioteca dei passionisti di Sora alla vita culturale del secondo ‘800. D’altra parte certamente P. Sperati e P. Forti, non solo con l’insegnamento determinarono per almeno un ventennio la tipologia degli ingressi.(35)

www.passionisti.org
un sito web della Famiglia Passionista