Con la nutrita serie di ingressi
provenienti dal clero locale e dalla pianificazione interna il
lettore potrà dedurre che la biblioteca di S. Maria degli
Angeli, nel suo fondo antico, possa risultare un assortimento o
un deposito di generica indole culturale. E’ vero che non
sempre bastano gli scaffali di singoli ecclesiastici perché la
somma dei libri faccia una vera biblioteca ecclesiastica. Ma
è vero anche che il risultato che abbiamo oggi e che
scorriamo con i titoli di questo inventario ci mettono davanti
ad una tipica biblioteca ecclesiastica. Ciò è
dovuto alla dotazione di chi offriva e agli interessi di chi
accettava o acquistava.
Infatti le notizie pervenute ci fanno comprendere che non sempre
si prelevava tutto un fondo singolo. Non è pensabile che
non ci fosse una selezione, magari concordata con i donatori. L’assenza
di narrativa, per es., letteratura celebrativa o di occasione o
periodica, ne è indice sicuro. Un’altra osservazione va
fatta: fuori di autori e testi propri dell’indole culturale
passionista, che ha puntato quasi esclusivamente al tomismo in
filosofia e teologia, in genere gli autori di corso erano
piuttosto comuni. Stiamo parlando di testi per l’istruzione
sistematica di base, dal momento che a Sora i passionisti posero
presto la sede di studio per i propri giovani.
Si aggiunga a questo che lo scaffale privato di un canonico
facilmente si provvedeva dei titoli che provenivano dal comune
orientamento culturale. Un sacerdote che faceva parte di un
capitolo di collegiata o della cattedrale era in genere un
soggetto culturalmente attivo: insegnava in privato o al
seminario, era il teologo o il penitenziere della cattedrale, o
il cancelliere e il giurista della curia diocesana, il
latinista, il liturgista ecc. Un’altra deduzione viene dai
frontespizi e dall’archivio: spesso questi testi hanno
costituito una biblioteca di famiglia per più di qualche
generazione di ecclesiastici. Ci viene di fare i nomi degli
Annoni, dei De Medicis, dei Passarelli, dei Marsella dal momento
che le date rilevate si rifanno al ‘700 e all’800 e i nomi
non sono sempre gli stessi davanti allo stesso cognome.
Impressiona però la varietà dei titoli, pur in
presenza della stessa tipologia di fondo.
Le diverse personalità con le
diverse mansioni esercitate e con i propri interessi coltivati
hanno assommato insieme un titolario di rispetto dal punto di
vista ecclesiastico ed umanistico: una varietà nell’unità.
Per noi tutto questo è un dato compiuto e ci fa trovare
davanti a un fondo che ha acquistato una sua unità
già per il fatto che una comunità di religiosi l’ha
custodito e utilizzato per 150 anni, accostandosi e
distinguendosi dalle altre biblioteche passioniste del Lazio
sud-pontificio.
Da notare che questa fisionomia
unitaria è tale anche per altre ragioni:
== Innanzitutto per una ragione di
spazio-tempo culturale. Nel Regno di Napoli la figura dell’ecclesiastico
in famiglia era già segno di apprezzabile posizione
sociale. La cultura personale era un ingrediente che doveva
giustificare un certo credito molto spesso anche per l’attività
scolastica, ma era sicuramente un requisito per avanzare nelle
nomine e negli uffici. Il clero che faceva capo ad una
cattedrale come a Sora o ad una collegiata come in qualche
centro vicino maneggiava libri. Ma era in tutto il Regno, quello
dell’istruzione, un connotato del clero, riconosciuto anche
fuori. La decisione poi di lasciare ad un convento o al
seminario la propria biblioteca –che generalmente raggiungeva
un quantitativo che andava dai 200 ai 500 volumi- poteva
significare un certo declino familiare o la mancanza di un
nipote avviato alla vita ecclesiastica, oppure un sentimento di
riguardo e di obbligo per il convento.
== Talvolta poteva significare un
bisogno di denaro che solo un ente interessato, come un istituto
religioso, poteva subito risolvere con prezzi accomodati. Negli
scaffali di casa gli ecclesiastici spesso, al fianco di severi
volumi di teologia, diritto, storia ecc., avevano anche testi
letterari latini e italiani, sussidi grammaticali e trattati
scientifici anche per l’insegnamento, stampa periodica ed
altro. In più avevano quegli interessi personali che li
qualificavano in diocesi: liturgia, diritto civile, musica ed
altri settori eruditi. La presenza di un collegio di gesuiti a
Sora era già una verifica di aggiornamento, ma c’era la
faciltà dei rapporti con la capitale che faceva del clero
napoletano una classe ben fornita dalle attive officine
editoriali. Basti pensare che a metà ‘800 nacquero a
Napoli La scienza e la fede (1840)* e La
civiltà cattolica (1850), le riviste cattoliche
più autorevoli della penisola in fatto di vaglio
dottrinale della produzione colta. La biblioteca di S. Maria
degli Angeli registra, come uno spaccato, titoli e tendenze di
quel mondo sette-ottocentesco.
== Un altro elemento che qualifica
il fondo è la presenza di autori gesuiti che per sé non
sarebbe un dettaglio singolare. Anche le biblioteche passioniste
del Lazio pontificio avevano questa presenza di titoli dovuti
alla distribuzione di fondi gestita da Roma dopo il 1773. Ma a
Sora il fatto si spiega con la presenza in città di un
attivo Collegio di gesuiti (attuale sede comunale) che
lasciarono evidenti tracce negli scaffali del clero locale. I
gesuiti furono a Sora a partire dal 1614. Soppressi nel regno di
Napoli con la legge del 1767 e poi da Clemente XIV nel 1773,
furono richiamati a Sora nel 1803, quando il Re Ferdinando IV li
richiamò nel Regno. Ma nel 1806 Giuseppe Bonaparte,
durante l’occupazione francese, fece richiudere il collegio.
Tornarono con l’infaticabile mons. Montieri nel 1856.
Dovettero però nuovamente ripartire nel 1860 con le
vicende risorgimentali e questa volta definitivamente. La
gioventù sorana perse preziosi riferimenti per l’istruzione
e l’educazione (24). La storia di Sora ricorda nomi di gesuiti
benemeriti per più ragioni. Chi si distinse di più
nelle biblioteche fu il P. Ubertino Carrara, sorano,
(1642-1716), celebre latinista. Scrisse tra l’altro il noto Columbus,
carmen epicum nel 1715 che ebbe varie ristampe e figura in
questo inventario. Il magistero locale dei gesuiti nella scuola
come nella direzione spirituale, ha lasciato un segno concreto
nella storia della cultura sorana, se nelle biblioteche del
clero non mancarono autori gesuiti in più discipline. La
biblioteca dei passionisti ora conserva anche questa traccia
preziosa. Più di qualche testo porta il timbro: "Collegium
soranum soc. Jesu" come documento di un segmento di storia
forse ancora attivo nelle coscienze.
== Altro dettaglio, fattore di
unità nella biblioteca di S. Maria degli Angeli, è
l’abbondanza di editori e stampatori napoletani. Quando i
passionisti presero sede a Sora, Napoli era la capitale dell’editoria
in Italia. Questo spiega anche la convenienza dei prezzi. I
registri di amministrazione annotano frequenti viaggi e
carriaggi dai ritiri di Aversa e Caserta, fino alla soppressione
del 1866. Spesso sono gli stessi studenti chierici che vanno con
i docenti a quelle sedi più vicine a Napoli. Non poteva
mancare in queste circostanze la ragione dei testi da poter
scegliere e acquistare. Un ruolo scontata avrà avuto in
tutto ciò l’amico editore e stampatore Filippo Torno di
Aversa, attivo anche a Napoli.
== Nelle sedi di Aversa, aperta nel
1853, e di Caserta, fondata per desiderio di Ferdinando II nel
1855, erano biblioteche aggiornate. Quella di Caserta crebbe
anche con l’aiuto del re che all’inizio pregò i
religiosi di servirsi della biblioteca palatina. Il generale del
tempo, Padre Antonio Testa, che seguì tutte le fondazioni
di quegli anni, ed era pratico di Napoli, scrisse ai confratelli
di fare acquisti di libri a Napoli perché i prezzi erano
migliori.(25)
== Queste due biblioteche che al
loro rispettivo inizio avevano avuto casse di libri da Roma e
dalle case del Lazio sud pontificio, con l’occupazione
piemontese furono abbandonate. Quella di Caserta confluì
in quella palatina (26) Con questo non vogliamo dire che tutte
le edizioni napoletane di questo fondo siano da riferirsi all’acquisto
dei religiosi. Anche gli scaffali dei donatori ne avevano. Anzi
le edizioni napoletane provenienti dalle biblioteche del clero
abbracciavano un più lungo arco di tempo e sono proprio
queste a meglio denotare quel fattore spazio-tempo culturale che
dà a questa biblioteca un altro elemento di connotazione
unitaria. Ne consegue che i libri dei passionisti di Sora
documentano in questo modo quella ricca autonomia editoriale che
permetteva a seminari e conventi del Regno di riflettere il polo
editoriale napoletano, invece che quello romano e quello
onnipresente veneziano, pur praticando lo stesso titolario con
gli autori comunemente noti.
== Così questa biblioteca ha
il suo Calmet (Napoli 1733), il suo Antoine (Napoli 1772), e via
di seguito, come: Muratori, 1773; Fleury, 1769; Ferraris, 1789;
Tirino, 1775; la ricca serie del Sacy, 1786; gli abbondanti
titoli biblici della Simoniana (‘700). La fitta domanda dal
Regno e le perdite degli anni precedenti per le note vicende
storiche determinarono, intorno alla metà dell’800,
ristampe di titoli del fondo antico, a volte ripetute a distanza
di qualche anno. E’ così che rivediamo i grossi volumi
di Van Den Steen (1567-1637) dal 1851 al 1858, così l’altro
biblista De Pineda (1558-1637) ristampato nel 1859,
longevità significative nell’800 e nella biblioteca dei
passionisti di Sora. Ugualmente Napoli ristampa la summa di S.
Tommaso in 10 grossi volumi nel 1858, ma questo non ci
meraviglia, data l’autorità in questione, come appaiono
scontate le edizioni a ripetizione di S. Alfonso a Napoli e
altrove.
== Tutto custodisce la biblioteca
di S. Maria degli Angeli che, inoltre, registra anche autori
ignoti alle altre biblioteche passioniste laziali, come i
settecenteschi Sarnelli, Sabatini, Lupoli, Rispoli ecc.
(spiritualità pastorale). Tutti editi a Napoli. A questo
proposito va notato che la disponibilità libraria ha
talvolta influito sulle scelte culturali o almeno didattiche
anche nei sussidi di corso, se il teologo aversano De Folgore
(Napoli 1814, ristampa 1827) a Sora è consultato se non
adottato (27). I suoi testi erano titolari al seminario di
Aversa finchè il vescovo Francesco Saverio Durini non lo
fece sostituire dal compendio in 4 volumi del cappuccino
francese Tommaso de Charmes, di indirizzo agostiniano. Anche
questo è in biblioteca con l’edizione uscita ad Aversa
nel 1829. Potremmo proseguire ancora, magari con i moralisti di
indirizzo alfonsiano: Scavini (1853), Neyreguet (Palermo 1846)
ecc.. anch’essi adottati per qualche corso, ma l’accenno non
è tanto agli autori quanto alla popolosa editoria della
Napoli borbonica che scarica a Sora anche altri sussidi
indispensabili per l’efficienza di una biblioteca: produzione
locale o d’importazione e tradotta, come i dieci informati ed
eleganti volumi del Dizionario di scienze ecclesiastiche
di Richard e Giraud del 1846, che magari compensano, in qualche
modo, l’assenza del Moroni pontificio. Gli stessi classici
della spiritualità, presenti nel fondo antico,passano per
le ristampe napoletane dell’800 e giungono a Sora: Da Ponte
(1851), Scaramelli (1839) ecc., come le ristampe degli esegeti
barocchi De Pineda e Van Den Steen, ancora coltivati e stimati,
e fanno riflettere un po’ alle potenzialità dell’800,
dissidiato da uno sguardo al suo presente e uno al passato,
anche nelle lettere e nelle arti. La biblioteca di S. Maria
degli Angeli risulta così un campionario molto eloquente
di affluenze editoriali determinate da ragioni storiche,
geografiche e culturali. Una biblioteca che documenta bene due
età: due Stati, due fasi della storia italiana, e che si
arresta, come per trauma, all’unità d’Italia (28). L’incremento
posteriore, quando appare, è pigro e sparso. Il clima
culturale attende di esprimersi in nuove direzioni.
== C’è infine un ultimo
fattore di unità e identità della biblioteca S.
Maria degli Angeli ed è quello che le proviene dall’incremento
congeniale al cammino culturale della comunità
passionista. Al tempo dell’apertura della sede in Sora il
patrimonio librario passionista, in linea generale, era ormai
ben delineato ma non era ancora stato prodotto il meglio dei
contributi da parte dei soggetti stessi dell’istituto. La
produzione si diresse su due fronti: la spiritualità e il
tomismo che meglio riassumevano la tradizione culturale e le
linee del carisma. Quanto alla spiritualità fu proprio in
quegli anni, a cavallo della metà dell’800, a
cominciare dalla conclusione della diaspora napoleonica, che si
videro gli ingegni più esposti, impegnati a diffondere
con la stampa l’apporto specifico dei passionisti: S. Vincenzo
Strambi, P. Domenico Barberi, P. Filippo Squarcia, P. Ignazio
Carsidoni, P. Lorenzo Salvi, P. Pio Cayro ecc.. Sono gli autori
che vengono diffusi e fanno conoscere la riflessione spirituale
passionista. Filippo Torno ad Aversa e a Napoli stampava a
grosse tirature i volumi maneggevoli, ampiamente divulgati anche
nelle missioni popolari. Altri ne avevano stampati i fratelli
Bono di Ferentino nel decennio precedente, abbandonando gli
editori romani che fin allora avevano stampato per i passionisti
testi di corso, meditazioni, biografie e testi istituzionali:
Lazzarini, Pagliarini, Puccinelli, la Tipografia Forense, quella
del Collegio Urbano ecc..
== Con questi dettagli siamo andati
oltre la data del 1830 che conclude l’età antica del
libro ma abbiamo sottolineato che iniziative e acquisti del sec.
XIX gettano luce sull’età precedente e completano la
tipologia della biblioteca passionista, anche per il fatto che
solo nell’800 i passionisti hanno maturato la convinzione che
un Istituto di evangelizzatori non poteva essere indifferente
alla qualità di una provvista libraria, né rimanere
improduttivo circa l’orientamento culturale che scelse la
Congregazione all’interno dello stesso mondo ecclesiastico.
Per quanto riguarda la teologia e la filosofia il fondatore dei
passionisti S. Paolo della Croce, volle che il suo istituto
professasse fedelmente la dottrina di S. Tommaso D’Aquino.
Già dal 1753 si adottò il tomismo nei corsi e
quando si ufficializzò tutto con la regola approvata da
Clemente XIV nel 1769 le comunità adottarono stabilmente
i testi del Roselli per la filosofia e del Billuart per la
teologia, ambedue domenicani.
== Col tempo questi autori fecero
desiderare un lavoro di revisione ed è quello che dispose
il Capitolo Generale del 1802 (29). Si ovviò con i due
compendi sugli originali e stampati a Roma da Puccinelli nel
1834 per Billuart e nel 1837 per Roselli. In verità,
oltre che di libri, era anche questione di efficienza del
personale che normalmente era avviato all’apostolato. Il
Superiore Generale P. Paolo Luigi Pighi (30) con una lettera
circolare del 1824 riportava l’attenzione sulla questione
concernente la frammentazione dei corsi, cioè più
sedi di studio "formale". Anche le comunità del
Lazio sud affrontarono il problema in una riunione presieduta
dal Superiore Provinciale Beato Domenico Barberi, molto
sensibile al settore. Si desiderarono docenti a tempo pieno. Ma
su questo argomento, comune anche ad altri istituti, intervenne
la S. Sede con un documento che firmò Pio IX nel 1848. Di
questo tenne conto il capitolo generale del 1851 che non ottenne
molto in fatto di accorpamento dei corsi e riduzione dei
docenti. Pio IX allora caldeggiò per i passionisti uno
studio internazionale alla Scala Santa, sede donata appunto da
Papa Mastai. Ne prese atto il capitolo generale del 1869. Tutto
si concretizzò nel 1876 affidandone la direzione ad un
uomo di sicura tempra culturale che fu il p. Giacomo Sperati
(31) della provincia del Lazio sud. Aveva larga esperienza di
docente. Era stato a Sora prima come studente chierico poi come
docente. Le sue pubblicazioni di filosofia neotomista entrarono
nelle biblioteche del tempo e interessarono le riviste di
cultura.
== Agli elogi di "La scienza e
la fede" non corrisposero quelli della "Civiltà
Cattolica". Ne parlò anche la "Révue
catholique" di Lovanio. P. Sperati era orientato alla
scuola napoletana che cominciò col Sanseverino. Ma l’esperienza
dello studio internazionale durò poco. In quegli anni era
culturalmente attivo un altro nome illustre tra i passionisti
dell’800, anch’egli legato a Sora (fu superiore provinciale)
e alla sede di Aversa di cui curò il rifornimento della
biblioteca, P. Silvestro Zannelli (32) che diede alle stampe a
Montecassino nel 1875 cinque grossi volumi di filosofia
neotomista. Di essi parla anche il P. Walz.(33). Non possiamo
tacere P. Gabriele Abisati (34) noto teologo a suo tempo, né il
suo discepolo P. Gaspare Forti che curò la biblioteca di
S. Maria degli Angeli e le altre del Lazio sud.
== A Sora ha lasciato con la sua
elegante grafia molte annotazioni ex libris. Anch’egli fu
autore di scritti neotomisti e faceva capo all’indirizzo della
"Civiltà Cattolica" attraverso l’amicizia col
P. Cornoldi. Pubblicava anonimi i suoi scritti, forse motivato
dall’incidente del P. Sperati. Con questi nomi entrano nelle
biblioteche passioniste sud laziali anche gli autori tedeschi
che avevano mutato il paesaggio culturale dell’800: Kant,
Hegel, Schelling, Herbart ecc… Ci siamo attardati su questo
argomento per chiarire quel concreto aggancio della biblioteca
dei passionisti di Sora alla vita culturale del secondo ‘800.
D’altra parte certamente P. Sperati e P. Forti, non solo con l’insegnamento
determinarono per almeno un ventennio la tipologia degli
ingressi.(35)