Origine
e incremento della biblioteca
Il Card. Baronio che volle la sede,
pensò anche a costituire sul posto un patrimonio librario
inviando "una cospicua provvisione di libri" (4). Il
P. Filippo Cipollone, citando le Memorie del Marciano,
dice che il Baronio a sue spese "Havevalo (il convento) di
sacre suppellettili e di abbondante copia di libri
provveduto"(5) . Qualcosa di diverso e più
particolareggiato, leggiamo nelle Cronache dei cappuccini
della provincia di Napoli: "Lasciò ai cappuccini
di questo convento di Sora la sua gran libreria, i suoi
manoscritti, ma l’esecuzione fu infedele mentre pochi libri,
di niuna valuta, furono dati ad essi cappuccini" (6).
Quest’ultima affermazione
può avere un certo riscontro nel testo di Raimondo
Alberici, anch’egli oratoriano, che nel 1759 ebbe l’incarico,
in qualità di bibliotecario della Vallicelliana, di
curare la prima pubblicazione delle lettere e degli opuscoli
(inediti manoscritti) del Cardinale. Egli dice: "pleraque
digna mihi prorsus videbantur, ut typis impressa, in manus
hominum pervenirent" (7). Questo fa capire che almeno i
manoscritti del grande storico non erano partiti da Roma. Il
curatore li dové raccogliere ed esaminare per la pubblicazione:
"summi viri scripta publico reipublicae litterariae bono ab
oblivione vindicarem" (8).
Anzi l’Alberici afferma che
già altri erano all’opera, come il confratello G.
Bianchini di Verona, che poi passò il materiale ad A.
Galland che, a sua volta, volentieri lasciò spazio all’Alberici
per il fatto che questi disponeva di scritti che egli non aveva.
"Multa enim ego inveneram, collegeramque,Ven. Baronii
monumenta quibus ille carebat" (9). L’Alberici
curò due volumi. In essi non si parla di scritti donati o
finiti altrove. Lo stesso curatore però afferma: "sed
et Sorae, quae illius patria erat, minorum capuccinorum ordini
monasterium a fundamentis erexit, quibus praeter multam sacrarum
imaginum et librorum copiam…elargitus est" (10). Dunque
libri e non manoscritti, pur rimanendo un certo disaccordo con
le fonti cappuccine.
Tanto era da chiarirsi perché non
si pianga qualche perdita inesistente. Non pare verosimile che
il Baronio (che fu Bibliotecario di S.R. Chiesa nel 1597)
mandasse a Sora i suoi manoscritti inediti, allontanandoli da
Roma. Molto verosimile, invece, è che il Cardinale, anche
per riguardo alla sua città natale, facesse pervenire al
convento dei cappuccini qualche cassa di libri, non solo perché
così dicono le fonti citate, ma anche perché la
fondazione di una sede di mendicanti prevedeva pure questo.
Dove è finito questo
patrimonio? E i libri successivi che ebbe la biblioteca del
convento, per naturale incremento, dove sono? Certo è che
all’esame dei frontespizi della biblioteca attuale di S. Maria
degli Angeli non figurano timbri relativi, né diciture
manoscritte che facciano risalire al fondo antico dei
cappuccini. Gaetano Squilla parla di "alcune opere"
dei cappuccini di Sora finite nella biblioteca del Seminario
della città (11). Troppo poco per chiudere serenamente l’argomento.
Pur essendo una piccola
comunità, è più che sicuro il costituirsi
di una decente biblioteca per lo spazio di oltre duecento anni.
Non rimane che rifarsi alle procedure dell’occupazione
francese all’atto della soppressione nel 1810. Certamente l’allontanamento
dei religiosi, piuttosto brusco, secondo la prassi ovunque
adottata, non diede modo di proteggere beni, del resto,
già inventariati e venduti. L’intenzione poi di non
più riscattare la sede dissuase i superiori di Napoli a
seguire la vicenda. Del resto fu in questo modo che si spensero
in Italia moltissime biblioteche durante l’occupazione
francese. Solo la provincia cappuccina di Napoli in questa
occasione dovè chiudere definitivamente dodici conventi
su trentanove (12).
Dopo 32 anni vengono i passionisti
e iniziano un nuovo capitolo sulla presenza dei religiosi a Sora.
Ristrutturazioni e ampliamenti danno modo di prevedere il sito
della nuova biblioteca. Ignoriamo quello precedente dei
cappuccini. Il Superiore Generale P. Antonio Testa, che ebbe
molto a cuore questa fondazione, inviò una provvista di
libri, tra cui il Ferraris e il Liguori. Lo stesso Generale
dispose che l’anno seguente, 1843, la nuova sede avesse uno
studio regolare che di fatto si costituì iniziando con
cinque studenti chierici e un docente. Intanto all’apertura
della sede era stato inviato come superiore locale P. Ambrogio
Baldassi, primo consultore provinciale, docente per anni.
Da uomo di cultura pensò
subito ad incrementare la prima provvista di libri risultante da
contributi delle comunità di provincia (13) e da quelli
inviati da Roma. Lo stesso anno 1842 risultano comprati 6
volumi, ma non si danno i titoli. Nel frattempo P. Baldassi
pensa anche a far rilegare volumi danneggiati o acquistati in
fascicoli. Nel marzo 1843 fa venire libri da Napoli, passando le
quote di pagamento a don Antonio Passarelli che collabora come
mediatore all’iniziativa. Forse comincia qui per la biblioteca
passionista di Sora il lungo ingresso di titoli stampati a
Napoli.
Dopo qualche anno di stasi, dovuta
al forte impegno per la ristrutturazione del fabbricato, ma non
senza cura per le voci riguardanti la biblioteca e le
rilegature, si giunge al 1849 e 1850 con acquisti a Veroli: una
Bibbia, un testo di matematica e altri libri non precisati. E’
vice-rettore in questi anni P. Filippo Squarcia, scrittore e
uomo di notevole esperienza – fu anche missionario in Bulgaria
– La sua presenza in amministrazione si nota con gli acquisti
e con le rilegature per la biblioteca. Sempre a Veroli si tratta
il primo consistente ingresso di volumi dopo quelli giunti alla
fondazione: il canonico Bucciarelli propone alla comunità
di Sora 500 volumi al prezzo di 50 scudi. Si accetta, e lo
stesso Generale P. Testa contribuisce alla spesa. (14) Nell’Agosto
1851 si acquista il Neyreguet, moralista di indirizzo alfonsiano,
per i corsi interni.
Nel 1852 si registrano "spese
per libri" non precisati. P. Squarcia in questi anni cura
la stampa di molti opuscoli di divulgazione popolare. Dal 1853,
anno dell’apertura della sede di Aversa, iniziano i contatti
con l’editore Filippo Torno cui vengono commissionate molte
pubblicazioni. Ma all’inizio P. Filippo Squarcia si serve
della tipografia del Morotrofio di Aversa, sempre nel 1853, per
dare alle stampe un’opera spirituale del beato Domenico
Barberi (15) già superiore provinciale, instancabile
apostolo e scrittore, morto in Inghilterra nel 1849. Nel
decennio 1853-63 la committenza a Filippo Torno è
intensificata con libri di piccola mole per l’istruzione
religiosa popolare, ma anche per immagini calcografiche ed
altro. Questo legame si spiega anche con la frequentazione, tra
le comunità di Sora e Aversa, che va dalla collaborazione
pastorale a quella finanziaria.
chierici studenti che ogni tanto
vanno da Sora ad Aversa e Caserta vengono anche a contatto con
un mondo culturale ed ecclesiastico più vivace.
Così si conoscono e si acquistano autori come Tommaso di
Charmes, testo del seminario, come quello dell’aversano
Gaetano de Folgore, teologo, estranei alla tradizione
passionista. I prezzi sono più convenienti. Napoli
abbonda di stampatori e di editori molto più che le altre
città della penisola.
1854 registra gli incrementi
relativi al triennio precedente: 10 tomi in folio di S.
Agostino, dati dal P. Generale; 4 tomi del Tamburini, i
quaresimali del P. Segneri, del P. Calino e del P. Rossi, il
domenicale del Campadelli, i 6 volumi del Gonet, i 4 del Puget,
uno del Crisostomo, i commenti al Vangelo, del Mondovì, i
volumi storici dell’Orsi, quelli morali di S. Alfonso de
Liguori che poi si infoltiranno ancora nel 1855 con altri
titoli, la morale dei Salmanticensi, le decretali di Gregorio
IX, i volumi di teologia dello Habert, i testi di diritto del
Monacelli, due dizionari e altri titoli ancora tra cui quelli di
contenuto agiografico (biografie di santi).
1855 segna un ulteriore passo
avanti nella tipologia propria di una biblioteca passionista.
Infatti sono gli stessi religiosi, con risparmi personali in
comune, a fare notevoli acquisti. Altri vengono coperti con la
cassa comune del ritiro, altri ancora provengono da benefattori,
come tiene ad informare la platea.(16).
Intanto anche la cura della
biblioteca prosegue con attenzione alle strutture e alle
rilegature. Nel luglio e nell’ottobre 1861 si acquistano nuovi
libri e si spende per stampe periodiche. Il 1862 annota l’ingresso
di volumi non precisati nei titoli. Giungiamo così al
1866, l’anno nero delle biblioteche ecclesiastiche nel Regno
di Napoli. Quelle dei passionisti di Aquila, Caserta, Aversa
vengono requisite; solo da quella dell’Aquila si salva qualche
cassa di libri pregiati, spediti preventivamente nelle case
sud-laziali. La sede di Sora, invece, sembra profilarsi come una
felice anomalia. Incuranti di quanto succede altrove, i
religiosi curano nuovi ingressi. "Furono comprate molte
opere per la biblioteca" annota la platea per quest’anno,
citando solo Gaetano da Bergamo, una nuova serie di Van Den
Steen e l’Enciclopedia popolare (17).
Quello che impressiona non è
tanto il continuo incremento "proprio" della
biblioteca, prima dei corposi donativi che presto giungeranno,
quanto un diverso clima locale nei confronti delle operazioni di
soppressione, attive dovunque. Fin quando può, il
convento di Sora si vale della resistenza di popolo e
autorità locali alle leggi piemontesi. Nuovi acquisti
infatti vengono realizzati nel 1870. Nel 1872 il rettore P.
Modesto Panizzi, molto venerato a Sora, compra i libri del
canonico Giuseppe Passarelli, penitenziere di Atina; parte della
somma è coperta con impegni di suffragi.(18). Nel 1876 il
rettore P. Raimondo Scannerini, pistoiese, molto popolare in
città, acquista nuovi volumi di liturgia, morale e
agiografia, altri ne compra presso l’arciprete.
A questa data le altre biblioteche
passioniste del Lazio ex-pontificio sono state incamerate e
messe all’asta, questa di Sora continua la sua crescita. Nel
1882 muore il vicario generale di Sora Mons. Giuseppe Annoni, e
lascia per testamento la sua biblioteca ai passionisti. I
religiosi annotano che il "pregio" delle opere
è superiore al numero che pure è considerevole. Ma
non viene fornita alcuna cifra: è forse il fondo privato
più ricco che entra in convento. Gli anni 1883-84 ci
informano di altri ingressi. Nuovi libri vengono comprati nel
1892. Il Rettore P. Pio Sirolesi nel 1894 acquista 80 volumi
presso privati, l’anno successivo 1895 spende per altri 72
volumi; dall’argomento accennato sembra trattarsi della serie
di Crevier. Sono gli ultimi bocconi di una crescita continua e
questi del P. Sirolesi sono forse dovuti anche all’euforia per
aver recuperato la proprietà del Ritiro e, ovviamente,
della biblioteca, ricomprandola dallo Stato nel 1892.
Da ora in poi le biblioteche
religiose non documentano eguale ritmo di incremento, ma il
ritiro di Sora anche questa volta si distingue, allungando gli
scaffali con nuove donazioni di fondi provenienti dalle
età floride con sicuri titoli antichi, ed è per
questo che qui si registrano. Nel 1905 l’arciprete di
Casalvieri lasciò i suoi libri al convento. Ugualmente
fece don Luigi de Medicis che donò tutta la sua
biblioteca, anche se non fu prelevata al completo (19).
Giunge il 1906 e finalmente, dopo
anni di condizionamenti, sloggia l’ospedale che era in
convento. Se ne approfitta per dare più spazio alla
biblioteca, notevolmente cresciuta negli ultimi anni. Tra l’altro
la vecchia sede soffre di umidità. Il rettore P. Damaso
Trani, ottenuti i consensi, fa sventrare i vani attigui e
dispone di nuovi locali e scaffali in cui i libri entrano ancora
umidi dal vecchio sito (20). Nel 1911 altri titoli affluiscono
alla nuova libreria: si comprano le serie di Monsabrè e
Bougaud, si accettano le donazioni di "alcuni libri"
appartenuti ai sacc. Leopoldo e Filippo Loffredi (21).
Nel 1914 il Signor Enrico de
Gruttis, procuratore del Re in Aquila, donò 150 volumi al
convento, ereditati dallo zio don Raffaele, abate di Civitella
Roveto, in cambio di suffragi. Lo stesso farà nel 1923 il
canonico don Ignazio Bastardi con un "buon numero di
libri" (22). In ultimo, quasi a coronamento di una
tradizione che è come un rito di civiltà libraria
a Sora, si registra, anche con gratitudine, il gesto della
sorana Suor Assunta Giovannangelo, che alla morte dello zio don
Rocco Isopo, ex passionista, bibliofilo, già
bibliotecario della sede generalizia a Roma, nel 1981 dona ai
passionisti di Sora duemila volumi (23) moderni, tra cui l’Enciclopedia
Treccani, la ricca serie Ricciardi ed altre collane di editori e
testi, scelti con finissimo fiuto erudito, il meglio del ‘900.
Dona poi i pregiati volumi antichi alla biblioteca dei
passionisti di Paliano.
Concludiamo questi dati con qualche
osservazione: l’incremento della biblioteca S. Maria degli
Angeli ha seguito due linee: l’acquisto continuo dei religiosi
e gli ingressi discontinui delle donazioni. Queste per forza
presentano un titolario sparso (appaiono per es. materie di
diritto civile, viaggi ed altro) ma mai lontano dalla tipologia
ecclesiastica, anche perché è impensabile che il
prelievo non seguisse un certo filtro, non fosse altro che per
evitare doppioni. Qualcuno non si è evitato, e il Sacy,
31 volumi, è doppio. Inutile dire che la fisionomia di
una biblioteca conventuale, passionista in specie, è
più assicurata dagli acquisti. Di questo parleremo
più a proposito nelle pagine seguenti.
L’altra osservazione che ci viene
spontanea è che l’attuale consistenza della biblioteca
passionista di Sora non pare corrispondere a tutti gli ingressi
storici, anche tenendo conto delle serie ottocentesche fuori del
fondo antico, molto nutrite. Noi abbiamo parlato di una certa
condizione privilegiata della comunità di Sora all’epoca
delle leggi anticlericali e amiamo supporre che se ne sia
avvantaggiata la biblioteca per il fatto che non si rinvengono
timbri della Commissione Governativa del Demanio, ma questo non
toglie ogni dubbio. I documenti dicono che nel dicembre 1866 fu
redatto un "nuovo inventario" da parte degli addetti
governativi, ma non si specifica se furono inventariati anche i
libri da alienare come per le altre sedi religiose.
Il disorientamento di quegli anni
portò a trascurare un po’ ovunque la cronaca
dettagliata dei fatti, sia per i controlli sia per le partenze
dei religiosi. Ciò comportò lacune negli archivi e
scarsa custodia dei locali. Tra l’altro il nuovo governo
sistemò i carcerati nel convento di Sora. Tra essi giunse
anche il colera che fece vittime. I religiosi assistettero
amorevolmente i colpiti. Ai primi del 1867 furono costretti a
partire i primi religiosi per Falvaterra, nello Stato
Pontificio. Sarebbero dovuti partire tutti se non ci fossero
state le ferme pressioni locali che ottennero la presenza di 4
religiosi con incombenze umanitarie. Tutto il complesso della
proprietà, fabbricato e terreni, fu venduto dal governo.
Come si comportarono i nuovi titolari nei confronti dei beni
della casa? Rimase integra la biblioteca? L’assenza di timbri
può anche significare l’assenza dei libri timbrati, dal
momento che si timbrava appunto quello che si alienava. La
mancanza di cataloghi lascia tutto nell’interrogazione.
Per le vicende successive non
sappiamo se e quanto abbiano interessato la biblioteca.
Alludiamo al terremoto del 1915, che danneggiò il
convento, e alla guerra ultima che lo trasformò in
rifugio durante i bombardamenti. Dal gennaio 1944 al gennaio
1945 vi fu trasferito l’ospedale civile. |
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