L'impegno dei Passionisti,
sancito dalle regole del Fondatore, di attenersi alla filosofia di
San Tommaso d'Aquino costituì uno stimolo in
Congregazione, nel terzo decennio dell'800, a preparare per le scuole
interne testi e compendi che unissero chiarezza e sintesi,
tralasciando questioni ritenute inutili.
Il primo a impegnarsi nel lavoro fu il Beato Domenico Barberi:
"Praeparatio seu manuductio ad sacram universamque theologiam"
(opera rimasta inedita) di cui qui esponiamo il «compendium»
trascritto da un confratello.
Successivamente l'incarico del generale P. Antonio Colombo fu dato al P.
Gaetano Angelini (1770-1846) che compendiò il Roselli in
quattro volumi editi dal Collegio Urbano di Roma nel 1837. Il Roselli,
(t 1784) fu un testo molto seguito dalle scuole per la sua chiarezza e
per la sua fedeltà al testo di San Tommaso, anzi si fa risalire
anche alla sua opera il movimento di rinascita del pensiero tomista
nell'800. Ma agli inizi del secolo gli ingegni più esigenti
desideravano aggiornarlo confrontandolo con le ultime conquiste del
pensiero, in verità negli ambienti passionisti lo si trovava
prolisso e forse troppo erudito.
Eguale impresa si era portata a termine per la teologia, compendiando il
Billuart (1685-1757) in tre volumi stampati nel 1834 (Roma,
Puccinelli).
Ma dopo l'Unità d'Italia, mutato il fronte delle
sollecitazioni culturali, sia per i testi della predicazione, sia per
gli studi interni, si adottarono nuovi sussidi e criteri, sempre
professando fedeltà al pensiero di San Tommaso, del quale il
neotomismo a Napoli aveva prodotto nuovi interpreti all'altezza della
nuova temperie culturale. La formazione interna dei chierici, anche per
l'apertura a Roma di uno Studio Internazionale passionista, convinse
l'autorità generale per nuovi contributi che arricchissero il
patrimonio culturale dell'Istituto.
Uscirono così le opere filosofiche del P. Silvestro Zannelli e di
P. Giacomo Sperati, quelle scritturistiche di P. Gaspare Forti. Altre
rimasero manoscritte e, fuori della provincia campano-laziale, uscirono
alle stampe gli scritti di P. Serafino Giammaria, P. Lorenzo Bandoni e
P. Germano Ruoppolo.
Per quanto riguarda altri settori dell'editoria, rimanendo nei limiti
che vanno dalle origini fino a tutto l'800, grande impulso - con grande
successo - fu dato a piccoli trattati di spiritualità destinati
al popolo (a questo proposito ricordiamo l'attività editoriale
dei Passionisti di Aversa dal 1853 al 1859) e a voluminose biografie
di San Paolo della Croce, di San Vincenzo Strambi e di altre figure
significative degli inizi storici della Congregazione.
In queste biografie, da diverse situazioni storico-ambientali, si
guardava agli inizi dell'Istituto esaltandone la forza dello spirito e
lo straordinario ascetismo. Inoltre, quelle grandi figure servivano a
dare alla Congregazione giustificazione e prestigio in tempi di felice
crescita anche fuori d'Italia. Le biografie di Pio Cayro, Ignazio
Carsidoni, Filippo Antonaroli, Luca Lucchesi e del Beato Bernardo
Silvestrelli mirarono anche oltre quello scopo edificante che era
destinato al «consumo» interno.
In complesso si può dire che i Passionisti del '700 e dell'800
hanno sempre guardato alla cultura come mezzo di arricchimento
spirituale per l'interno e come strumento di apostolato fuori del Ritiro,
mai considerandola come area di sosta. Ciò non ha impedito che
alcuni soggetti dotati siano stati eccezionalmente pregati dai superiori
maggiori a fare una vita per l'insegnamento e per le pubblicazioni come
nei casi di P. Carsidoni, P. Giammaria, P. Sperati e qualche altro.
Verso la fine dell'800, anzi, ponendosi in termini più urgenti il
problema di una qualificazione dell'insegnamento interno si guardò
con preoccupazione all'ipotesi di confratelli titolati oppure ritenuti
esclusivamente uomini di cultura. In qualche modo ne è prova la
vicenda poco felice intercorsa tra il P. Sperati e la Civiltà
Cattolica da cui si ricava che anche fuori dell'Istituto il
passionista dell'800 dovesse ritenersi un uomo votato all'ascesi e alla
predicazione, servendosi dell'attività culturale solo come
mezzo di importazione.
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