I rapporti tra Sora e i
Passionisti precedono la data del loro ingresso ufficiale in
città. Già ai tempi del fondatore, S. Paolo della Croce
(1694-1775) i sorani desiderarono avere in città i Passionisti.
Nel 1788, anzi, questi tennero una missione che suscitò grande
entusiasmo anche per il forte ascetismo che accompagnava la loro parola.
Ma solo dopo la soppressione napoleonica si passò a iniziative
concrete per la presenza dei Passionisti.
Nel 1821 il Vescovo Andrea
Lucibello chiese al superiore provinciale del tempo, P. Luca Fabi, che i
Passionisti prendessero possesso del convento dei Cappuccini, lasciato
vuoto. In occasione di una predicazione nelle vicinanze P. Luca Fabi e
P. Antonio Colombo, visitarono i locali e li giudicarono troppo vicini
all'abitato. Rapportarono tutto al superiore generale P. Paolo Luigi
Pichi che non poté prendere in considerazione la richiesta di Sora,
soprattutto per mancanza di soggetti, essendosi già decise altre
due fondazioni. I sorani allora si rivolsero agli Alcantarini, ma la loro presenza a Sora fu brevissima.
Toccava alla straordinaria figura
di vescovo che fu Mons. Giuseppe Montieri concludere positivamente le
trattative. Appena eletto Vescovo di Sora, Aquino e Pontecorvo, nel
1838, pensò subito ad un piano di rinnovamento pastorale per le
popolazioni a lui affidate. Volle i religiosi Passionisti come un
sostegno sicuro per i suoi progetti e scrisse fin dai primi giorni al
superiore generale P. Antonio Colombo offrendo una sede a Sora per i
Passionisti.
Questi rispose rimandando le
decisioni al suo successore. Dal Capitolo generale del 1839 uscì
eletto superiore generale P. Antonio Testa che diede risposta
affermativa a Mons. Montieri preferendo quella di Sora ad altre domande,
con una intuizione felice, premiata dalla storia. Nell'agosto dello
stesso anno il P. Testa volle vedere di persona il fabbricato destinato
ai Passionisti e si portò a Sora insieme al beato Domenico
Barberi, superiore provinciale. Si chiese la costruzione di una nuova
ala, data la capienza ridotta del convento cappuccino.
I lavori desiderati ebbero inizio
nel marzo del 1840 sotto la guida di Felice Tomei, perito, di Eustachio
Tuzj e Saverio Marsella. Terminata la scorta di aiuti finanziari si
fermarono anche i lavori in agosto, ma si mosse subito la città.
I «Luoghi Pii» stanziarono trecento ducati con l'approvazione del
comune di Sora e del re di Napoli. Non mancarono altri aiuti per
terminare l'impresa che alla fine molto si dové alla tenace dedizione
di Eustachio e Gaetano Tuzj. I lavori terminarono prima del previsto.
Si giunse così
all'inaugurazione stabilita per il 6 marzo 1842. Il generale P. Antonio
Testa, che già era tornato a Sora per vedere lo stato dei lavori,
non poté lasciare Roma e delegò a rappresentarlo il P. Antonio
Colombo, suo consultore generale.
La giornata del 6 marzo 1842 fu un
vero avvenimento storico per Sora. Tutta la città religiosa e
civile vi prese parte. Un corteo imponente partì dalla
cattedrale: in testa marciavano le cinque confraternita che giunsero al
convento quando il Vescovo Montieri e i Passionisti erano ancora a S.
Rocco, alle porte della città. C'era tutto il clero: i canonici
della cattedrale, i capitolari delle due collegiate di S. Restituta e di
S. Bartolomeo, parroci, sacerdoti e seminaristi. Le autorità
civili sfilarono col Magistrato, il Sottintendente, il Sindaco, i
Militari, i Vigili. Poi veniva la banda musicale e la massa del popolo.
P. Antonio Colombo, secondo le
consuetudini delle fondazioni passioniste, portava inalberato un
Crocifisso, seguito dal gruppo dei confratelli: marciavano tra il clero
delle collegiate e quello della cattedrale. Gli occhi di tutti erano su
di loro e sulla figura soddisfatta del vescovo Montieri che procedeva
tra due guardie d'onore.
Alla porta della chiesa ebbe luogo
il rito di consegna. Si presentarono gli Amministratori dei Luoghi Pii
che porsero le chiavi del convento al P. Antonio Colombo. In chiesa il
Segretario Alessandro Ferrari lesse il verbale di possesso che fu
sottoscritto dalle due parti. Il P. Colombo ringraziò il
Re e i suoi rappresentanti, il Vescovo, il Sindaco e tutti coloro che
avevano operato per quell'avvenimento. Una breve funzione religiosa
concluse la storica mattinata di quel 6 marzo 1842.
Ed ecco le parole del Sindaco f.f.
Saverio Marsella: «Noi Saverio Marsella, Raffaele Mango, Carlo Renzi,
previo avviso dal signor Sottintendente Luigi Coletti... ci siamo
condotti nel locale dell'ex convento dei Cappuccini e, con vero
compiacimento dell'animo nostro e nell'esultante devota commozione del
clero, delle Autorità e del popolo, abbiamo consegnato il locale,
riattato e ampliato, ai RR. PP. Passionisti a soddisfazione dei desideri
del Pubblico, a gloria di Dio, a benefizio delle anime e a decoro della
Città».
In seguito i Passionisti
intervennero nuovamente sul fabbricato aggiungendo un altro piano per
accogliere i chierici in formazione. Altra esigenza molto radicata nella
concezione strutturale del «Ritiro» passionista era costituita dal
Coro, luogo di preghiere notturne e diurne che serviva anche per gli
incontri spirituali della comunità. D'accordo con Mons. Montieri
si pensò subito a costruire il locale ex novo ed è quello
che costituisce l'attuale facciata della chiesa sopra i fornici del
portico. Fu inaugurato nel gennaio del 1854: un bel vano, capace e
acustico, con gli stalli di legno e i leggii eretti nel classico stile
dei Passionisti. Un lavoro che costò sensibili privazioni, dato
il regime di stretta povertà della Congregazione.
Vari adattamenti furono apportati
anche all'interno della chiesa, nelle cappelle e nella pavimentazione.
Il campanile fu eretto fin dall'inizio della venuta dei Passionisti. In
tempi recenti (1969) fu edificata la cappella di S. Gabriele
dell'Addolorata, molto venerato dai sorani. Quanto alla presenza e
all'attività pastorale per cui erano stati chiamati, i
Passionisti per un ventennio circa diedero vita ad una intensa
attività pastorale d'intesa col Vescovo Montieri.
Tutto fu interrotto quando, nel
1861, i Piemontesi occuparono il Regno di Napoli e fecero giungere anche
a Sora le ripercussioni vessatorie del nuovo regime.
Dal 1862 al 1866 il convento fu
requisito come caserma. Nel 1867 fabbricato e terreno dei Passionisti
furono incamerati dal demanio: i religiosi dovevano partire, ma Vescovo,
autorità civili e popolo fecero del tutto per conservare i
Passionisti e - caso veramente singolare per le cronache del tempo - il
Ministro dei Culti accettò che i Padri rimanessero nel «soppresso» Ritiro.
Il piano superiore del convento fu adibito a
ospedale dal 1867 al 1896 e ai Passionisti, considerati ospiti, fu
concesso di esserne cappellani.
Il terremoto del 1915, che
toccò tragicamente anche Sora, danneggiò il convento, ma
non disperse i ventisei religiosi che poterono assistere con abnegazione
la popolazione colpita.
Nell'ultima guerra il Ritiro
funzionò da rifugio durante i bombardamenti. Vi fu trasferito
anche l'ospedale civile dal gennaio 1944 al gennaio 1945.
Per altre notizie rimandiamo alle
pubblicazioni di P. Filippo Cipollone:
- Nel primo centenario dei PP.
Passionisti in Sora, rilievi storici, Sora, 1942;
- Presenza e
testimonianza degli Ordini e Congregazioni religiose a Sora, Casamari,
1974.
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