Comunicato stampa
Drogarsi nello sport: un peccato grave da condannare senza appello
Per il teologo moralista Antonio Rungi un giudizio morale
molto duro
Secondo il teologo moralista campano, padre Antonio Rungi,
direttore dell’ufficio della pastorale dello sport della Diocesi
di Sessa Aurunca (Ce) "l’uso delle sostanze dopanti nello
sport costituisce una prassi consolidata in molteplici attività,
che va chiaramente condannata senza diritto di appello.
Negli atleti odierni è, infatti, invalsa la prassi di ricorrere
sistematicamente a farmaci o sostanze in grado di assicurare sul
momento prestazioni eccellenti. Una prassi contro ogni legge
morale, civile e penale, che va duramente condannata. Anche come
comunità cristiana l’atteggiamento di simili atleti e loro
curatori è da biasimare in tutte le sedi. Non ci sono attenuanti
e scusanti, per chi fa uso di sostanze dopanti.
Pertanto, da un punto di vista morale il giudizio non può che
essere di condanna. Una condanna –precisa padre Rungi- che
investe la sfera etica e morale della persona. Molti degli atleti
davanti a milioni di telespettatori fanno anche la farsa di
segnarsi con il segno della croce all’inizio di una partita o di
una corsa. Con quale coscienza fanno gesti del genere, quasi a
chiedere l’aiuto e la protezione di Dio, sapendo che magari si
fa uso di sostanze stupefacenti e che si è perfettamente
coscienti di ciò che si sta compiendo per ottenere un successo?
Falsità e menzogna sono compagne spesso inseparabili di tanti
atleti che dovrebbero vergognarsi di ciò che fanno, visto anche i
lauti guadagni che percepiscono per un’attività che dovrebbe
essere fatta solo per diletto e mai per denaro.
E’ proprio il dio denaro che costringe gli atleti a competere in
modo scorretto con gli avversari di turno per avere più potere
contrattuale a livello di mercato. Da qui –conclude padre Rungi-
il giudizio severo su comportamenti del genere, che sono gravi
moralmente e si collocano nei peccati cosiddetti mortali".
Mondragone