Mondiali nippo-coreani. Gli arbitri portano
sulla coscienza molti errori di cui pentirsi sinceramente
Comunicato
stampa 18 giugno 2002
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Diocesi di Sessa Aurunca
Ufficio comunicazioni sociali
Direttore: padre Antonio Rungi
Tel. 0823978314; Cell. 338/6474243
"Sarà pure uno sport, o meglio un gioco,
ma è anche vero che lascia l’amarezza nel cuore vedere in che
modo si arbitrano partite importanti come quella di Italia-Corea,
ancora una volta ad esclusivo danno della nostra nazionale e e a
favore della squadra avversaria.
Come teologo moralista – dichiara padre Antonio Rungi, all’Ansa,
a commento della partita Italia-Corea- di fronte ai simili
comportamenti arbitrali c’è solo da rassegnarsi ad un’ingiusta
condanna e a un uscire fuori dal mondiale non per demerito dei
giocatori ma per responsabilità diretta dell’arbitro e dei suoi
stretti collaboratori. Anche nello sport –precisa il teologo
moralista campano- vale la stessa regola morale per altre
situazioni, e cioè rubare un risultato o pilotare una gara verso
una determinata e prefissata soluzione oltre che essere una
disonestà intellettuale e professionale è un grave peccato ed un’azione
immorale indegna.
Non vorrei essere nei panni di chi finora ha arbitrato le partite
di calcio dell’Italia e di altre nazionali, che sono state
penalizzati per gravi ed ingiustificati errori, perché avrei
rimorsi pesanti sulla mia coscienza, anche perché si fanno
soffrire ingiustamente persone che nello sport trovano un motivo
di gioia. Se una persona da un punto di vista morale dovesse
valutare con gli stessi parametri degli arbitri dei mondiali
nippo-coreani ci sarebbe da preoccuparsi seriamente sul livello di
moralità, responsabilità e professionalità con il quale si
svolgono delicati compiti come quello di un arbitro di calcio
mondiale che può decidere le sorti di una partita a favore o
contro una determinata squadra.
Dopo l’uscita della nostra nazionale dai mondiali di calcio si
far urgente una serie verifica sulla credibilità dello sport in
generale e dei diretti operatori che sono coinvolti in esso. La
delusione di quanto è successo in Corea è grande e l’amarezza
è altrettanto forte, anche se non ne facciamo un dramma, resta
comunque l’interrogativo: fino a che punto i direttori di gara
sono davvero esenti da influenze, soggiacenze psicologiche o
condizionamenti di sorta, liberi di valutare e sereni nel
giudicare soprattutto in un torneo di grande prestigio, non solo
sportivo, ma anche economico, come è il campionato mondiale di
calcio?.
Penso che si debba analizzare seriamente il problema e ricorrere
ai ripari, visto ciò che è successo, per non far perdere
ulteriormente fiducia alla gente che si emoziona, soffre e spera
ancora quando sono in gioco i colori della propria nazione".
Mercoledì 18
giugno
2002,
ore 17.00 L’Addetto
stampa
Padre Antonio Rungi
antonio.rungi@tin.it
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