“Messa in Latino, non cambia la sostanza della celebrazione.”
Di padre Antonio Rungi |
Comunicato stampa
Lunedì
2
luglio
2007, ore 8,30
In attesa del Motu proprio di Papa Benedetto XVI circa la
celebrazione della Messa in Latino, il teologo morale campano,
padre Antonio Rungi, sottolinea che “non cambia sostanzialmente
nulla circa la celebrazione del mistero pasquale di Cristo che
si rinnova in modo incruento sull’altare. Non è una lingua o
un’altra a rendere significativa la celebrazione della santa
messa, né l’uso diversificato delle lingue, parlate o cosiddette
morte, possono minare l’unità della Chiesa o disgregare l’unità
delle chiese locali; ma la libertà di poter utilizzare anche il
latino in determinate circostanze e situazioni liturgiche
previste dal Motu proprio permetterà a quanti partecipano alla
santa messa di beneficiare soggettivamente dei frutti della
celebrazione fatta in quella lingua. La questione chiaramente
riguarda quelle realtà di chiesa e di situazioni locali in cui
la comprensione del testo in lingua latina sarà tale che i vari
momenti della celebrazione possono effettivamente essere
compresi e vissuti in modo pieno dai presenti. Da qui –precisa
il teologo Rungi- la responsabilità dei Vescovi e dei parroci,
dei sacerdoti e di quanti sono addetti alla preparazione della
liturgia eucaristica feriale e festiva a sapere discernere bene
l’opportunità o meno della celebrazione della messa in Latino
oppure nella lingua cosiddetta volgare. Per la verità
anticamente le persone che frequentavano la chiesa e la messa
non erano persone che conosceva il Latino, trattandosi di
persone con un livello culturale alquanto limitato; per cui la
messa la si seguiva avendo imparato le preghiere a memoria;
mentre la parte relativa alla parola di Dio certamente non era
di facile comprensione per le vecchiette e il gruppo di fedeli
che normalmente frequentavano la Chiesa. Ora che il latino
praticamente non lo studiano neppure più i sacerdoti e quelli
che lo conoscevano e lo parlavano una volta, ora hanno
difficoltà ad utilizzarlo, per poter celebrare la messa in
latino da parte dei sacerdoti è necessario fare corsi di lingua
latina o di recupero della formazione linguistica latina che si
è ricevuta al Liceo classico o alle Facoltà teologiche. Molti
dei preti di oggi vengono da studi professionali e quindi nelle
scuole superiori non hanno fatto il Latino; così pure non hanno
fatto il Latino nelle Facoltà teologiche. E siccome la maggior
parte dei preti non conosce oggi il Latino, la celebrazione
della santa messa in questa lingua, almeno per quanto attiene
l’Italia, riguarderà pochi casi o vere e proprie eccezioni.
Giusto quindi l’intervento del Sommo Pontefice nel ripristinare
la Messa in Latino, ma la questione è davvero così secondaria
rispetto alla sostanza del mistero che si celebra sull’altare
–conclude padre Rungi – che una lingua vale l’altra,
l’importante è credere, celebrare e vivere la santa messa di
ogni giorno, specie se la celebrazione produce quei frutti
spirituali che ognuno si attende gustando la parola di Dio, la
riflessione su di essa, pregando in modo convinto, cantando le
lodi di Dio, valorizzando testi musicali e canti nella lingua
latina come la Messa degli Angeli, in Gregoriano”.
Mondragone, 2 luglio 2007
L’Addetto
Stampa del Teologo morale
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