“Più carità e disponibilità verso gli ammalati”.
Di padre Antonio Rungi |
Comunicato stampa
Mercoledì
31
gennaio
2007, ore 18,00
"Più carità e disponibilità nell'assistere gli ammalati", è quanto ha detto nel corso dell'omelia padre Antonio Rungi, superiore provinciale dei passionisti di Napoli e teologo morale, tenuta durante la celebrazione della santa messa nella parrocchia di San Benedetto a Casoria, davanti ad un folto gruppo di fedeli, intervenuti per partecipare alla Santa Messa serotina, in onore di San Ciro martire, medico e monaco.
"Di fronte ai tanti casi di malasanità nel nostro Paese - ha detto padre Rungi- l'esempio del grande santo medico, Ciro, coloro che hanno la responsabilità della cura e dell'assistenza agli ammalati sia negli ospedali che nelle cliniche e nelle famiglie devono avere chiara l'idea che quando si cura un ammalato si cura Gesù stesso, secondo quanto troviamo chiaramente scritto nel Vangelo: ogni cosa che facciamo ai più piccoli e bisognosi e come se l'avessimo fatto a Gesù Cristo. La Parola di Dio ci presenta la guarigione di due casi estremi di malati, la emorroissa e la risurrezione della figlia di Gairo, capo della sinagoga. Nell'uno e nell'altro caso è la fede nella potenza taumaturgica di Gesù Cristo che salva la donna affetta da una malattia che nessun medico era riuscito a guarire, pur avendo la donna speso tantissimi soldi per farsi curare, o come nel caso limite della bambina morta, che Gesù riporta in vita con uno dei suoi interventi particolarmente significativi per manifestare la sua vera missione nel mondo. Questo comportamento di Gesù Cristo, che si fa prossimo a quanti soffrono, soprattutto quando nota nelle persone la disponibilità a lasciarsi prendere da una visione di fede, al quale di ispirò San Ciro, deve essere stile di vita per tanti medici ed operatori sanitari che lavorano vicino agli ammalati e che dovrebbero curare con affetto, disponibilità, competenza, accortezza, rimuovendo dal loro agire ogni presunzione, ogni superficialità e soprattutto indifferenza. Già l'essere ricoverati in una struttura ospedaliera per un ammalato -ha concluso padre Rungi- è un motivo di sofferenza, soprattutto se è un bambino o un anziano solo e abbandonato. Perciò, chi opera in questi luoghi del dolore dovrebbe avere un cuore tenero e non un cuore di pietra o totalmente indifferente verso chi soffre e spesso soffre terribilmente tra l’indifferenza di quanti sono i primi e diretti responsabili della cura della malattia e del recupero dello stato di salute per i propri pazienti. Di fronte ai tanti casi di malasanità emersi con maggiore coraggio di denunzia e di trasparenza c’è solo da sperare che si cambi rotta e che gli ammalati abbiano il giusto rispetto e la dovuta attenzione quando si trovano in difficoltà più o meno gravi".
Napoli, 31 gennaio 2007
L’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti
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