Testimoni. Baba Valentino
Santoro, un missionario passionista in terra d’Africa con la
vocazione ad una speciale santità.
di padre Antonio Rungi |
Comunicato stampa
Mercoledi'
29 marzo
2006, ore 10,00
E’ morto 16 anni fa. Per alcuni è un “santo”, del molti chiedono
di avviare la causa di beatificazione. Me lo ricordava, nei giorni
scorsi, Madre Gabriella, la responsabile della comunità monastica
delle Carmelitane Scalze di S.Maria ai Monti in Napoli, che ebbe
la gioia e la fortuna di conoscerlo personalmente e comprenderne
la statura spirituale della vera santità. D’altra parte in
contatto spirituale con la prossima beata “Madre Giuseppina di
Gesù Crocifisso” delle Monache Carmelitane di Napoli, non poteva
succedere altro.
Si tratta di Padre Valentino Santoro, grande missionario
passionista in Africa, morto ad Itololo il 16 maggio 1990, all’età
di 82 anni, dopo 42 anni di missione nel continente nero, partendo
dal porto di Napoli, il 28 dicembre 1938 e giungendo in Tanganyika
dopo oltre un mese di viaggio per mare. Si realizzava così il suo
sogno da bambino di andare ad evangelizzare oltre i confini
italiani, in quelle realtà delle chiese nascenti, allora, che oggi
sono chiese consolidatesi ed affermatisi nel tempo. Passionista
nel cuore, nelle parole e nei fatti, perché nutriva una speciale
passione per la difesa dei più piccoli e per aiutare i poveri.
L’Africa prima del secondo conflitto mondiale era un Continente
disastrato, certamente non molto diverso da oggi, con qualche
problema meno di ieri.
Era nato il 24 gennaio 1908 a Villa di Briano, provincia di
Caserta, diocesi di Aversa. I genitori erano Generoso Santoro e
Maria Elisabetta Dispotico. Viene battezzato con il nome di
Armando il 6 febbraio dello stesso anno. Rimane ben presto orfano
dei genitori e successivamente perde anche il giovane fratello
maggiore, sposato. La sua infanzia la vive nella sua città natale,
che tre anni orsono, ha dedicato al grande e apprezzato
missionario passionista una piazza del paese, in segno di stima e
di riconoscenza per aver portato alto il nome della Città ovunque
egli è stato.
Ebbe occasione di conoscere i passionisti durante una missione
predicata dai figli spirituali di San Paolo della Croce e ne restò
affascinato, tanto da sentire nel tempo il desiderio di diventare
uno di loro. E così avvenne. Frequentando il Convento dei
Passionisti di Napoli, Santa Maria dei Monti, si confermò nel
proposito, anche se la decisione non verrà subito, dovendo
attendere un pò per iniziare ufficialmente il cammino vocazione
alla vita consacrata. Inizia il noviziato a Pontecorvo (Fr), il 21
ottobre 1923, ove, allora, era avviato un fiorente noviziato della
Provincia passionista dell’Addolorata (Lazio Sud e Campania). Ora
è rimasto solo il Santuario della Madonna delle Grazie, in quanto
l’antico e fatiscente convento, con la carenza delle vocazioni
alla vita religiosa, non poteva essere mantenuto in efficienza.
Attualmente ospita una struttura sanitaria privata, per malati di
lunga degenza.
Con la vestizione aveva assunto il nome di Valentino, cambiando il
nome di battesimo in quello da religioso, come si usava allora.
Dopo l’anno di noviziato, padre Valentino emetteva la professione
religiosa del voti di fare Memoria della Passione del Signore,
specifico dei passionisti, e quelli generali di povertà, castità
ed obbedienza, il 22 ottobre del 1924. Compie gli studi ginnasiali
nell’alunnato di Paliano (Fr) e quelli liceali in altri conventi
della Provincia dell’Addolorata, dimostrando, come già si era
intuito nell’anno di noviziato, una spiccata propensione allo
studio e all’approfondimento delle cose apprese. Stesso stile di
serietà negli studi evidenziò nello Studentato Teologico dei
Passionisti di Napoli, che frequentava, insieme agli altri
confratelli in vista dell’ordinazione sacerdotale. Completati tali
studi e passando attraverso le varie approvazioni canoniche,
nonché attraverso la professione perpetua e il ricevere i vari
ministeri minori e maggiori, fino al diaconato, fu ordinato
sacerdote il 12 marzo 1932 a Napoli. Negli otto anni che lo
separarono dalla partenza quale missionario in Africa, su
suggerimento della “Monaca santa”, Suor Giuseppina, padre
Valentino fu a servizio della Provincia come docente. Prima, nel
Ginnasio privato dei Passionisti, a Calvi Risorta (Ce), poi al
Liceo privato di Airola (Bn), infine come Direttore degli studenti
teologi di Paliano (Fr). L’Africa sembrava allontanarsi, ma i
disegni di Dio sulla sua vita era altri. E si realizzarono in
breve tempo, non senza difficoltà ed ostacoli iniziali. E così
arrivò il giorno per dirigersi dove lo portava il suo cuore di
missionario del Vangelo della Passione, che si tradusse in Vangelo
della vita e per la vita.
L’opera della chiesa cattolica in Africa, specialmente in
Tanganyika, era allora a buon punto, in seguito al risveglio
missionario che diede Benedetto XV, subito dopo il primo conflitto
mondiale. Qui giunsero i vari istituti missionari, maschili e
femminili, per portare avanti il primo annuncio e la promozione
umana. I passionisti vi giungeranno successivamente, esattamente
nella missione di Dodoma, che comprendeva un vasto territorio,
costituito allora come Prefettura apostolica, il cui primo vescovo
fu mons. Geremia Pesce (1908-1971), alessandrino d’origine, un
ecclesiastico di grosso spessore umano e religioso. Fu lui ad
incoraggiare e sostenere l’opera missionaria dei Passionisti in
Tanganyika ed in particolare quella di padre Valentino Santoro. Da
Dodoma partì l’esperienza missionaria dei Passionisti in Terra
d’Africa, che si estese alle altre nazioni, fino a giungere oggi
ad una consistente presenza autonoma, rispetto al passato, quando
le missioni dipendevano dalle Province italiane o Europee. E padre
Valentino ne fu uno dei maggiori interpreti se non il protagonista
principale. In quarantadue anni di impegno missionario non solo
realizzò opere di ogni genere, chiese, dispensari, ospedali,
laboratori, strutture di accoglienza, ma portò alle popolazioni
delle sperdute terre del Continente Nero Gesù Cristo, il suo
messaggio di speranza, la voglia di cominciare un’avventura
segnata soprattutto dall’amore verso l’uomo sofferente e
bisognoso.
Persona di fede, uomo di preghiera, sacrificio e rinunce, dal
volto gioioso e sorridente, dall’intelligenza viva ed operosa, da
acuto scrutatore dei segni dei tempi e dell’animo della gente, con
umiltà si rivolse a tutti in Africa o in Italia, perché facessero
proprie le sue ansie missionarie e il suo impegno a favore dei
poveri. A padre Valentino Santoro nessuno negava niente. In mano a
lui, l’obolo più piccolo, diventava un oceano di speranza,
tradotto in concreti gesti di umanità nella sua missione. Non
lavorò solo, anzi la compagnia degli altri confratelli
passionisti, delle suore e dei fedeli laici gli fu da sostegno e
incoraggiamento specialmente nei momenti difficili della sua
esistenza ed attività missionaria. E furono tanti, superati tutti
contando su Colui che da sempre fu il primo ed indispensabile
sostegno spirituale, Gesù Sacramentato, insieme alla Madre di Dio,
alla quale era legato da una profonda e sentita devozione filiale.
Il riferimento alla spiritualità della croce era, come
passionista, essenziale per la sua vita di consacrato alla Memoria
della Passione del Signore, facendo tesoro degli insegnamenti del
Fondatore, San Paolo della Croce, e traducendo il carisma di
questo “genio dell’amore Crocifisso” in stile di vita.
Padre Valentino il volto di Gesù sulla Croce lo incrociò sempre,
per un’intera vita e lo sguardo lo fissò continuamente su di Lui,
dal momento che Egli si manifestava tra i più poveri dei fratelli
di quella Terra d’Africa. Terra che fu un piccolo paradiso,
fondato sull’amore e sul servizio all’uomo.
Mi sembra che la vita di questo grande missionario passionista in
Tanganyika (oggi Tanzania) riproduca, nel XX secolo, alcuni tratti
fondamentali dell’esperienza missionaria del grande Apostolo delle
Genti: “Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di
briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani,
pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare,
pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie
senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E
oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione
per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi
riceve scandalo, che io non ne frema? Se è necessario vantarsi, mi
vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza” (2Cor 11,26-
30).
Se una sintesi del profilo umano, spirituale e missionario si può
esprime di padre Valentino Santoro, quella fatta dal noto
scrittore cattolico, don Alessandro Pronzato, nel libro “Padre
Valentino Santoro. Il Paradiso in Terra d’Africa” (Gribaudi
Editore, Milano, 1996, pp.160) risulta essere la meglio espressiva
della statura umana, spirituale, morale e missionaria di questo
passionista. Egli ha lasciato un segno indelebile in quanti lo
hanno conosciuto e di cui molti si augurano possa essere avviato
il processo di beatificazione, prima che il tempo passi e
scorrendo velocemente, spesso senza tenere in considerazione il
passato e la storia dei grandi uomini, ne faccia perdere la
memoria di tutto il bene operato a gloria di Dio, per la salvezza
delle anime e per conseguire la santità. Carica di santità che
portava dentro e manifestava, con dolcezza e semplicità, con la
gioia vera e con la profondità del mistero, in terra di missione e
nei suoi rari rientri in patria per esigenze varie.
“Padre Valentino Santoro –scrive Pronzato- è un missionario
normale. Però, se ti azzardi a prendergli le misure, ti accorgi
che non esiste il metro adatto, o, forse, l’abbiamo smarrito. Con
lui la retorica non funziona. Le amplificazioni risultano stonate.
I rigonfiamenti enfatici lo impoveriscono. La pubblicità lo
renderebbe sospetto. In quasi tutte le testimonianze che ho potuto
raccogliere c’è un termine che ricorre spesso: ‘esemplare’. Sì,
mettiamoci subito d’accordo: padre Valentino è una figura
esemplare nella sua ordinarietà. Nella crisi di modelli da cui
siamo afflitti, lui è proprio il tipo che ci occorre. E anche,
probabilmente, ci spaventa”.
Conoscerlo più a fondo aiuterebbe a comprendere meglio l’opera di
questo passionista, educato alla scuola del Divin Crocfisso,
sull’esempio di Paolo della Croce. Questo uomo di Dio può essere
proposto come modello di vita missionaria ai sacerdoti, ai
religiosi, ai fedeli laici e a quanti hanno a cuore davvero il
bene dell’umanità, superando le barriere nazionali, continentali,
razziali, culturali e religiose.
Il 2 marzo 1940, ad un anno dal suo arrivo in Africa, da Kondoa
Irangi, scrive ad una monaca carmelitana di Napoli: “Il Signore mi
ha portato in una terra dove si vive soltanto per Lui, per le
anime e per il cielo, direi in un ambiente divino. Si sente perciò
bisogno della grazia meritata e impetrata dalle anime buone, e tu
sei una di queste…Non vorrei defraudare l’attesa di tante povere
anime. Comprendo che, se non sarò santo non potrò fare niente di
bene…Spero di poter fare molto bene e soprattutto di farmi santo”.
Padre Valentino fu e continua ad essere un modello di vita
cristiana, religiosa e missionaria particolarmente significativo
nel contesto della Chiesa e del mondo contemporanei.
Le sue spoglie mortali riposano nella terra ove ha lavorato e
precisamente a Veyula in Tanzania, accanto ai confratelli
passionisti deceduti, nel corso degli anni, nella missione
africana, ora una realtà passionista ed ecclesiale di più ampio
respiro, divenuta tale anche con la sua protezione e benedizione
dal quel Paradiso, vero ed eterno, che il Cielo, ove lui,
certamente vive nella contemplazione di Colui che lo chiamò a
seguirlo più da vicino, Gesù Crocifisso.
Napoli, 29 marzo 2006
L’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti
INIZIO
PAGINA |