Lettera circolare
del Superiore provinciale
di
Antonio Rungi.
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Comunicato stampa
Sabato
18 febbraio
2006, ore 8,00
Carissimi Confratelli
1. Il 2 febbraio scorso abbiamo celebrato la Decima Giornata
Mondiale della Vita consacrata, in coincidenza con la
Presentazione al Tempio di nostro Signore Gesù Cristo. E come da
alcuni anni a questa parte, il Papa fa sentire il suo pensiero al
riguardo, come ha fatto, anche quest’anno Benedetto XVI, con
queste espressioni, rivolte a noi religiosi: “Il vostro modo di
vivere e di operare è in grado di manifestare senza attenuazioni
la piena appartenenza all'unico Signore; la vostra completa
consegna nelle mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e
chiaro della presenza di Dio in un linguaggio comprensibile ai
nostri contemporanei. È questo il primo servizio che la vita
consacrata rende alla Chiesa e al mondo. All'interno del Popolo di
Dio essi sono come sentinelle che scorgono e annunciano la vita
nuova già presente nella nostra storia” (Omelia per la Messa della
Presentazione al Tempio, 2 febbraio 2006).
Questa annuale ricorrenza è stata una valida occasione per
riflettere maggiormente sul futuro della vita consacrata e della
nostra Congregazione in particolare, in vista del Capitolo
generale, che si terrà a Roma dall’1 al 21 Ottobre 2006,
incentrato sulla Ristrutturazione, e del Capitolo provinciale, che
si svolgerà dal 23 al 28 Aprile 2007.
Tema della presente lettera, in preparazione a tali avvenimenti è
la vita comunitaria e spirituale della nostra Congregazione ed in
particolare della nostra Provincia.
2. Testo di riferimento principale è quello degli Atti degli
Apostoli, relativo alla prima comunità cristiana di Gerusalemme:
“Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e
quel giorno si unirono a loro circa tremila persone. Erano assidui
nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione
fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di
timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli
apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano
insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e
sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno
di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e
spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e
semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il
popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità
quelli che erano salvati” (At. 2,41-48).
3. Tanti elementi utili anche per noi consacrati, che fondano il
modo di vivere sulla carità e sulla condivisione. L’amore verso
Dio e verso i fratelli sono i fondamenti della nostra vita e del
nostro apostolato.
Esplicitando il contenuto del passo degli Atti degli Apostoli, il
Santo Padre, Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus caritas est,
scrive: “Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare
l'amore. Conseguenza di ciò è che l'amore ha bisogno anche di
organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario
ordinato. La coscienza di tale compito ha avuto rilevanza
costitutiva nella Chiesa fin dai suoi inizi. Con il crescere della
Chiesa, la forma radicale di comunione materiale non ha potuto,
per la verità, essere mantenuta. Il nucleo essenziale è però
rimasto: all'interno della comunità dei credenti non deve esservi
una forma di povertà tale che a qualcuno siano negati i beni
necessari per una vita dignitosa” (DCE, 20).
4. Altro testo importante ai fini della presente riflessione è la
preghiera sacerdotale, che troviamo nel testo del Vangelo di
Giovanni: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai
dato, perché siano una cosa sola, come noi…Non prego solo per
questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in
me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e
io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo
creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io
l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro
e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che
tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Cf. Gv. 17,
-1-26).
Il tema dell’unità viene qui fondato sul mistero trinitario. La
vita comunitaria è vita fondata nel mistero della Trinità e per
ciò stessa una vita di comunione e condivisione, nel rispetto
della dignità delle persone e dei ruoli. Non ci può essere vera
comunità religiosa se all’interno di essa non circola la carità,
l’amore, la tolleranza e la fraternità.
5. Il Magistero della Chiesa circa la vita consacrata indica
percorsi specifici di come testimoniare l’amore di Dio e dei
fratelli nelle nostre comunità. La recente Enciclica di Benedetto
XVI sulla carità, Deus caritas est, ce ne offre alcuni: “Nella
storia della Chiesa, quante altre testimonianze di carità possono
essere citate! In particolare tutto il movimento monastico, fin
dai suoi inizi con sant'Antonio abate († 356), esprime un ingente
servizio di carità verso il prossimo. Nel confronto «faccia a
faccia» con quel Dio che è Amore, il monaco avverte l'esigenza
impellente di trasformare in servizio del prossimo, oltre che di
Dio, tutta la propria vita. Si spiegano così le grandi strutture
di accoglienza, di ricovero e di cura sorte accanto ai monasteri.
Si spiegano pure le ingenti iniziative di promozione umana e di
formazione cristiana, destinate innanzitutto ai più poveri, di cui
si sono fatti carico dapprima gli Ordini monastici e mendicanti e
poi i vari Istituti religiosi maschili e femminili, lungo tutta la
storia della Chiesa. Figure di Santi come Francesco d'Assisi,
Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo
de' Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe B. Cottolengo, Giovanni
Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta — per fare solo alcuni
nomi — rimangono modelli insigni di carità sociale per tutti gli
uomini di buona volontà. I santi sono i veri portatori di luce
all'interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di
speranza e di amore” (DCE, 40).
6. Ai nomi dei tanti santi della carità aggiungiamo anche quello
del nostro Fondatore, San Paolo della Croce. Anche lui, sia
all’interno che all’esterno dell’istituto, manifestò una
particolare propensione verso questa virtù teologale, praticata
come contemplazione di Cristo Crocifisso e di ascesi cristiana; ma
contestualmente concretizzata con un’attenzione speciale verso
tutti i bisognosi, sia religiosi che fedeli laici. Pagine stupende
San Paolo della Croce ha scritto su questo tema e che sarebbe
opportuno rileggere.
Noi, suoi figli spirituali, a distanza di circa 300 anni
dall’inizio di quell’avventura carismatica, che lo legò per sempre
all’Amore Crocifisso, ne ereditiamo tutti gli aspetti teologici,
mistici, ma anche operativi e pratici di come vivere la carità, al
di là della diversità di mentalità e di cultura, nel presente
delle nostre comunità e della nostra Congregazione. Oggi più che
mai c’è necessità di riscoprire l’amore verso Dio e verso i
fratelli nelle nostre comunità e case.
7. Sappiamo bene, infatti, che “l'amore del prossimo radicato
nell'amore di Dio è anzitutto un compito per ogni singolo fedele,
ma è anche un compito per l'intera comunità ecclesiale, e questo a
tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa
particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità” (DCE,
20). Una parte importante della Chiesa sono i religiosi e per
quanto ci riguarda direttamente noi religiosi passionisti. Molto
significativo è, al riguardo, l’Art 2 delle nostre Costituzioni:
“La Chiesa, avendo riconosciuto in San Paolo della Croce l’azione
dello Spirito Santo, approvò con suprema autorità la nostra
Congregazione e le sue Regole, per la missione di annunciare il
Vangelo della Passione con la vita e l’apostolato. Questa missione
conserva tutta la sua forza e vitalità per ogni tempo. Per
attuarla siamo radunati in comunità apostoliche e lavoriamo perché
venga il Regno di Dio. Confidando nell’aiuto di Dio vogliamo
rimanere fedeli, nonostante i limiti umani, allo spirito
evangelico e all’eredità del nostro Fondatore”.
8. Volendo ora attingere dal patrimonio storico, culturale e
spirituale della nostra Congregazione, ben lieto richiamo quanto è
scritto nel testo delle nostre Costituzioni che ha la sua validità
e al quale dobbiamo ispirarci nel nostro agire personale e
comunitario, se vogliamo essere in sintonia con il carisma di
Paolo della Croce, così come espresso nel presente momento
storico. “San Paolo della Croce radunò compagni perché vivessero
insieme per annunciare agli uomini il Vangelo di Cristo…Dispose
che essi conducessero vita conforme a quella degli apostoli e
coltivassero un profondo spirito di preghiera, di penitenza e di
solitudine per conseguire una più intima unione con Dio ed essere
testimoni del Suo amore” (Cost. –Art. 1). Sempre il testo delle
nostre Costituzioni ci ricorda che “la vocazione passionista è una
chiamata alla pienezza della carità cristiana in una comunità
evangelica di vita. Unificati nella mente e nel cuore con la
carità, testimoniamo fedeltà a Cristo che disse: “Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli
altri. San Paolo della Croce, sul letto di morte, esortò vivamente
i suoi figli a ricordare queste parole del Salvatore più di ogni
altra cosa” (CCP, 25).
9. In questi tre anni alla guida della nostra amata Provincia
dell’Addolorata ho potuto constatare di persona la grande
preoccupazione di tutti i religiosi del rischio reale di perdere
progressivamente lo stile di vita comunitaria all’interno delle
nostre case. I Passionisti e soprattutto noi della Provincia
dell’Addolorata abbiamo avuto sempre a cuore questo aspetto della
nostra consacrazione al Signore, che è, appunto, quello di vivere
insieme agli altri. Rispetto al passato quando il numero dei
religiosi per ogni casa era elevato, il problema della vita
comunitaria era limitato. Oggi questo problema si avverte in tutta
la sua drammaticità, in quanto le nostre comunità sono ridotte,
tranne qualche eccezione, a 4-5 religiosi per convento, tra i
quali diversi anziani ed ammalati.
10. Oltre alla carenza numerica, le cause di questa crisi della
vita comunitaria vanno cercate all’interno e all’esterno dei
conventi. Noi riflettiamo il mondo di oggi, con il riflusso nel
privato e nell’individuale, con l’assicurarci solo le tante cose e
beni della terra e non avere molto a cuore i beni eterni. E’ un
difficile momento di crisi e di travaglio, che sicuramente
passerà, con l’arrivo di nuove vocazioni, forse anche da altre
parti del mondo; ma una cosa è certa, il modello di vita
comunitaria di 50 anni fa sta ormai nei ricordi e nei sogni di
quanti lo vissero allora e lo cullano ora nei loro pensieri e
desideri.
Faccio mie le parole dei Vescovi Italiani contenute nel Messaggio
per la Giornata mondiale della vita consacrata di quest’anno:
“Accettando di mettere a disposizione del Signore la debolezza
personale e istituzionale, tipica di questo frangente storico, le
persone consacrate testimoniano che il regno è suo ed è un dono
che va al di là di ogni attesa; mani, mente e cuore, tutto è a
servizio del Regno”. Capire questo significa già avere uno sguardo
aperto ad un futuro migliore.
11. Di fronte a questi nuovi cambiamenti epocali, cosa fare per
ridare senso alla vita comunitaria tra e fuori le mura dei
conventi?
Una possibile risposta la possiamo trovare nel recuperare il
patrimonio spirituale e morale della nostra Congregazione a
partire da San Paolo della Croce, fino ad oggi, ma aprendoci anche
ai nuovi modelli di vita comunitaria che il terzo millennio d’era
cristiana ci propone.
Partendo da altri punti di vista e mirando a mete significative,
un possibile progetto di rinnovamento della vita comunitaria e
spirituale è attuabile a livello locale e generale. Cosi, dovremmo
avvertire forte la mancanza dei Confratelli, quando sono lontano
da noi per qualsiasi motivo; dovremmo sentire la necessità di
riconoscerci uniti, oltre che intorno alla mensa eucaristica,
anche intorno a quella della vita quotidiana; dovremmo avere
massimo rispetto l’uno dell’altro, e soprattutto di quelli che il
Signore ha messo a capo della nostra famiglia religiosa; dovremmo
essere più collaborativi e disponibili per il bene comune;
dovremmo essere vicini gli uni agli altri, soprattutto nei momenti
di sofferenza e difficoltà, specie se a provocarli siamo proprio
noi all’interno della comunità; dovremmo imparare a perdonarci
sinceramente e a sapere chiedere scusa quando sbagliamo; dovremmo
rimuovere dal nostro cuore ogni risentimento e fortificarci contro
le tentazioni di ogni genere; dovremmo, in poche parole, essere
veri uomini e soprattutto più umani. Cose possibili se viviamo
un’intensa e qualificata vita spirituale.
12. Il nostro progetto di vita personale e comunitaria sia lo
stesso di quello proposto dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai
Romani: “La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore,
attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto
fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri
nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il
Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione,
perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei
fratelli, premurosi nell'ospitalità. Benedite coloro che vi
perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che
sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate
i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose
troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea
troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male.
Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se
possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con
tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate
fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono
io che ricambierò, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico
ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo
questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. Non
lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (Rm.
12,10-22).
Quale migliore palestra per realizzare tutto questo se non le
nostre comunità e case religiose?
13. La Madonna Addolorata e San Paolo della Croce ci aiutino, in
questo tempo di preparazione alla Pasqua, ma anche del Capitolo
generale e provinciale a dare molta importanza alla vita
comunitaria e spirituale nella nostra Congregazione. Senza questa
non è possibile ipotizzare e realizzare l’auspicata
ristrutturazione che è soprattutto rivitalizzazione delle nostre
comunità nella direzione della preghiera, della fraternità,
dell’apostolato, della carità e dell’amicizia sincera tra tutti i
Confratelli. D’altra parte, quel chiamarci “Confratelli” sia
davvero espressione di appartenenza all’unica famiglia di Paolo
della Croce, costituita come Congregazione della Passione, e
tuttora suddivisa in varie istituzioni territoriali, al fine di
favorire meglio la conoscenza reciproca e la qualità della vita
consacrata, con lo scopo ultimo che tutti i religiosi formino
davvero un cuor solo ed un’anima sola nel contesto della
globalizzazione.
Fraternamente in Cristo.
Napoli, 18 Febbraio 2006
P. Antonio Rungi
C.P- Superiore provinciale
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