Mondragone. Un minuto di
silenzio nella scuola
per ricordare don Andrea Santoro,
il sacerdote cattolico ucciso in Turchia
di
Antonio Rungi.
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Comunicato stampa
Venerdi'
11 febbraio
2006, ore 11,00
Promosso da padre Antonio Rungi, superiore provinciale dei
passionisti di Napoli e docente del Liceo Scientifico Statale di
Mondragone, ieri mattina, in occasione dei funerali di Don Andrea
Santoro, il sacerdote italiano ucciso domenica scorsa a
Trebisonda, in Turchia, si è effettuato un minuto di silenzio per
ricordare il martirio di questo sacerdote cattolico, coraggioso e
zelante che ha dato la sua vita la causa del Vangelo. La figura e
l’opera di don Andrea Santoro sono state illustrate dal padre
Rungi nel corso dell’incontro avuto con le studentesse del Liceo
Scientifico, ad indirizzo socio-psico-pedagogico. Occasione questa
anche per capire i motivi della scelta di don Santoro a vivere in
Turchia e a lavorare in questa nazione a prevalente cultura
islamica. Facendo tesoro dell’intervista rilasciata dallo stesso
sacerdote ucciso, qualche anno fa, padre Rungi ha presentato alle
studentesse i motivi superiori che spingono un sacerdote cattolico
a lasciare la casa, la famiglia e la nazione per andare
missionario in terre più o meno lontano. Rileggendola si puà
capire il perché del Cardinale Camillo Ruini, ieri, in occasione
dei solenni funerali in San Giovanni in Laterano a Roma abbia
annunciato di avviare il processo di beatificazione come martire
della fede cattolica.
Perché andare in Turchia? – Così rispose don Andrea Santoro:
“Vorrei rispondere partendo dalla mia esperienza personale e
passando per l’area geografica di cui la Turchia fa parte: il
Medio Oriente. Sono venuto in contatto la prima volta con il Medio
Oriente (Palestina, Giordania, Siria, Egitto, Libano, Turchia)
circa 20 anni fa. Vi trascorsi sei mesi di seguito. Era un tempo
in cui cercavo di fare chiarezza nella mia vita. Cercavo un luogo
dove scendere alle radici del mio cuore e delle ragioni della
vita. Cercavo una vicinanza con Dio e pensavo di poterla trovare
dove Dio aveva cercato una vicinanza con noi, nella terra, come
dice l’apostolo Giovanni, dove la Vita si è fatta «visibile» e
dove il verbo si è fatto carne ed è venuto ad «abitare» in mezzo a
noi. Ecco, questa è la parola giusta: cercavo un luogo in cui
«abitare con Dio» e avere il tempo per ascoltarlo, per parlargli,
per capirlo, per farmi prendere in custodia da lui. L’ho trovato e
questo mi ha lasciato un segno indelebile, che ritrovo intatto
ogni volta che mi guardo dentro. La mia vita è modificata, grazie
a una terra dove la «grazia di Dio» ha lasciato le sue impronte
stampate sulle zolle, sui paesaggi, sui luoghi, oltre che su un
Libro sacro e su una comunità di uomini, dove si prolunga
visibilmente l’umanità di Gesù. Il luogo e le presenza cristiane
che in esso ho incontrato hanno reso più chiaro il Libro della
Bibbia e me lo ha fatto penetrare in tutta la sua profondità. A
contatto con la concretezza di questa terra e con la concretezza
della Parola, che in essa è risuonata, ho revisionato
concretamente la mia vita. Non io, veramente, ho fatto questo ma
la grazia di Dio che entrava in me, attraverso la Parola, la Terra
e le persone provvidenziali che mi hanno aiutato a leggere e l’una
e l’altra. Sono convinto che l’amore di Dio, come tutti i nostri
amori – si dice spesso: «ci siamo incontrati lì in quel giorno» –
ha delle coordinate storiche e geografiche. Lì Dio mi aspettava.
Ognuno naturalmente ha i suoi appuntamenti con la grazia: per me
questo è stato uno dei più importanti”.
Talmente importante per don Andrea che è stato il luogo del suo
martirio. “Un esempio di vita e di fedeltà al Vangelo –ha detto
padre Rungi- al quale noi sacerdoti dovremmo ispirarci nel nostro
ministero e nel nostro servizio pastorale”.
Napoli, 11Febbraio 2006
P. Antonio Rungi
C.P- Superiore provinciale
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