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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it

Lettera Circolare del Superiore provinciale 
per il Mese di Maggio 2005

di
Antonio Rungi


Comunicato stampa
Venerdì
29 aprile 2005, ore 8,30


Carissimi Confratelli

1. All’inizio di questo mese di maggio 2005, mentre il mio pensiero di ringraziamento va al Signore per averci fatto dono del nuovo Pontefice, Benedetto XVI, questo stesso pensiero va oltre i confini temporali per ricordare la straordinaria figura di Papa Giovanni Paolo II, che affidò tutto il suo ministero petrino alla Vergine Maria, scegliendo il significativo motto del suo Pontificato “Totus tuus”.
Nell’Anno eucaristico, in pieno svolgimento, assume, nel contesto generale della vita della Chiesa, della Congregazione e della nostra Provincia, questo mese di maggio dedicato a Maria, la Madre di Dio e della Chiesa.
Su di lei vogliamo fissare il nostro sguardo in questo tempo di speranze ed attese per l’intera umanità, perché Ella possa indicare la strada più giusta per vivere la nostra consacrazione al Signore con gli stessi sentimenti e mozioni dell’animo che hanno animato la Vergine Santa.

2. Ci accompagni in questa riflessione personale e comunitaria quanto troviamo scritto dall’amato e venerato Pontefice, Giovanni Paolo II (di cui, domani, 2 maggio, ricorre il trigesimo del suo beato transito all’eternità) nella Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia, al Capitolo VI, intitolato “Alla scuola di Maria, donna eucaristica”. Troviamo, scritto, infatti, le seguenti espressioni di particolare utilità per ciascuno di noi, per vivere in modo responsabile e produttivo l’Anno dell’Eucaristia. 
“Il rapporto di Maria con l'Eucaristia si può indirettamente delineare a partire dal suo atteggiamento interiore. Maria è donna «eucaristica» con l'intera sua vita. La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo. Maria ha anticipato, nel mistero dell'Incarnazione, anche la fede eucaristica della Chiesa. Quando, nella Visitazione, porta in grembo il Verbo fatto carne, ella si fa, in qualche modo, «tabernacolo» – il primo «tabernacolo» della storia – dove il Figlio di Dio, ancora invisibile agli occhi degli uomini, si concede all'adorazione di Elisabetta, quasi «irradiando» la sua luce attraverso gli occhi e la voce di Maria”. 

3. Nell’Enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II, un altro significativo richiamo alla figura di Maria è nella citazione del cantico del Magnificat.
“Ogni volta che il Figlio di Dio si ripresenta a noi nella «povertà» dei segni sacramentali, pane e vino, è posto nel mondo il germe di quella storia nuova in cui i potenti sono «rovesciati dai troni», e sono «innalzati gli umili» (cfr Lc 1,52). Maria canta quei «cieli nuovi» e quella «terra nuova» che nell'Eucaristia trovano la loro anticipazione e in certo senso il loro «disegno» programmatico. Se il Magnificat esprime la spiritualità di Maria, nulla più di questa spiritualità ci aiuta a vivere il Mistero eucaristico. L'Eucaristia ci è data perché la nostra vita, come quella di Maria, sia tutta un magnificat!” 

4. Un richiamo particolare, infine, viene fatto a Maria ai piedi di Gesù Crocifisso sul Calvario. 
“Preparandosi giorno per giorno al Calvario, Maria vive una sorta di «Eucaristia anticipata», si direbbe una «comunione spirituale» di desiderio e di offerta, che avrà il suo compimento nell'unione col Figlio nella passione, e si esprimerà poi, nel periodo post-pasquale, nella sua partecipazione alla Celebrazione eucaristica, presieduta dagli Apostoli, quale «memoriale » della passione. Vivere nell'Eucaristia il memoriale della morte di Cristo implica anche ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi – sull'esempio di Giovanni – colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l'impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da lei”. 


5. Segnalo alla vostra riflessione proprio tali momenti mariani proposti nell’Enciclica: la Visitazione, il Magnificat e il Calvario. Il motivo di questa scelta e selezione, tra i tanti richiami mariani indicati dal Papa, va ricercato in un percorso eucaristico-mariano che intendiamo fare in compagnia di Colei che è stata il vero, primo autentico tabernacolo della storia della salvezza. Dalla Visitazione apprendiamo il modo in cui noi dobbiamo rapportarci al mistero del SS.Sacramento con quella fede e riconoscenza, con quella gioia intima e profonda di trovarci davanti allo stesso Figlio di Dio, recato a noi dalla Madre del Signore, come a Santa Elisabetta, anche lei in dolce attesa. E’ Maria che ci ridona continuamente Gesù Cristo nel mistero della SS.Eucaristia. Dal cantico del Magnificat dobbiamo sapere cogliere i necessari stimoli spirituali per guardare alla vita nel segno della gioia e della serenità interiore. Dall’esperienza del Calvario, vissuta dalla Madonna Addolorata, ai piedi di Gesù Crocifisso, siamo chiamati a portare ogni giorno la nostra croce e fare dell’Eucaristia quotidiana la forza costante del superamento dei molteplici problemi dell’esistenza umana. 

6. Alla luce di quanto accennato è possibile sostenere, ognuno facendo la propria parte, un vero rinnovamento spirituale della vita consacrata, sull’esempio di Maria, donna eucaristica per l’intera sua vita. Un rinnovamento che passa attraverso la presa di coscienza di quello che oggi realmente siamo, delle nostre fragilità e debolezze, della nostra poca fede, della mancanza di speranza e fiducia nel domani, dalla parziale vita di carità vissuta all’interno ed intorno a noi. 
La crisi attuale della vita consacrata in Italia e nel Mondo trova le sue radici e motivazioni profonde proprio nella mancanza di fede eucaristica. Noi non crediamo abbastanza alla presenza reale di Cristo nel SS.Sacramento dell’Altare, al grande miracolo che si compie tra le nostre mani e davanti ai nostri occhi ogni giorno che celebriamo il sacrificio eucaristico o partecipiamo alla mensa eucaristica. Le crisi individuali che si manifestano in una pluralità di atteggiamenti esteriori di insoddisfazione e mancanza di vera gioia trovano le ragioni profonde nello scarso amore a Gesù Sacramentato. Le varie forme di depressione si comprendono alla luce delle nostre costituzionali debolezze nel campo della formazione culturale, spirituale, apostolica e comunitaria e alla luce di una superficiale esperienza di Dio nella preghiera, nell’ascolto della sua Parola e nella partecipazione alla mensa eucaristica. L’esempio dato a noi da Giovanni Paolo II ci può aiutare a leggere con serenità le nostre difficoltà e correre ai ripari. L’individualismo prevale su ogni altro discorso di portata religiosa per persone che come noi hanno scelto liberamente di seguire il Signore mediante la via stretta dei consigli evangelici, incastonati nel voto specifico della “Memoria Passionis”, secondo il carisma di San Paolo della Croce.

7. Per uscire dalla crisi è necessario un atto di coraggio, una forza interiore che possiamo attingere propria dalla Comunione eucaristica quotidiana. Ci vuole la capacità di abbandonare le proprie sicurezze e come Abramo uscire dal proprio paese e seguire l’itinerario di fede indicatoci da Cristo, al quale ci siamo consacrati con la nostra vita. Abbiamo bisogno della compagnia del divino Maestro che, come i discepoli di Emmaus, ci faccia riscoprire la speranza nel domani, la gioia di credere, di vivere e testimoniare ciò in cui crediamo.
A guardaci bene, dentro ed intorno a noi, non possiamo non prendere coscienza di questa realtà in cui oggi ci troviamo, involontariamente costruita, giorno per giorno, con scelte di vita personale e comunitaria che hanno intaccato profondamente la nostra consacrazione a Dio e la nostra organizzazione di vita. Continuare a fingere che tutto vada bene e che, rispetto ai tempi passati, abbiamo fatto enormi progressi nel campo della vita consacrata ed abbiamo raggiunto, non so quali significative mete, mi sembra rinnegare l’evidenza. 

8. Facendo tesoro della riflessione dell’attuale Pontefice, Benedetto XVI, proposta ai Cardinali durante la “Messa Pro eligendo Pontifice” del 18 aprile scorso, si tratta di “avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa”. Tale chiarezza di fede “viene spesso etichettato come fondamentalismo”. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. 
Applicando questi concetti alla vita consacrata si comprende meglio l’attuale crisi che l’attraversa. Cercare oggi di recuperare una migliore qualità della vita consacrata è un dovere di tutti e non dei nuovi “fondamentalisti dei conventi”. Sappiamo bene che il relativismo delle idee, dei valori morali, delle regole di vita comunitaria, delle norme che ci siamo date, e che liberamente abbiamo accettato, è entrato nel nostro sistema di vita. Tutto è opinabile e discutibile, tranne quello proposto da noi stessi. C’è una dittatura dell’io, che si manifesta anche nel nostro dire. E’ verità assoluta ciò che per nostre convenienze personali diciamo e facciamo in determinati momenti della nostra giornata. Dietro l’apparente difesa e protezione della dignità della persona umana, si celano egoismi personali che ci portano alla chiusura totale agli altri e a divenire sempre più autoreferenziali. L’io diventa metro di valutazione assoluta di ogni cosa; mentre Dio non trova spazio nella nostra vita.

9. In ascolto del Magistero del nuovo pontefice, Papa Ratzinger, concludo questa mia Lettera circolare per il mese di maggio 2005 con le parole del Vangelo, commentate dal Santo Padre, Benedetto XVI: “Vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16). Appare qui il dinamismo dell’esistenza del cristiano, dell’apostolo: vi ho costituito perché andiate… Dobbiamo essere animati da una santa inquietudine: l’inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo. In verità, l’amore, l’amicizia di Dio ci è stata data perché arrivi anche agli altri. Abbiamo ricevuto la fede per donarla ad altri – siamo sacerdoti per servire altri. E dobbiamo portare un frutto che rimanga. Tutti gli uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no. Anche gli edifici non rimangono; i libri nemmeno”. Non rimangono neppure le parole buttate al vento senza senso o inconcludenti. Non rimangono le grandi opere realizzate e firmate, né i libri scritti e conservati in biblioteche abbandonate e non più consultate. Non rimangono gli uffici ed i ruoli ricoperti, esercitati in vari modi e con sensibilità diverse. Non rimangono i successi personali conseguiti in tanti campi, né la simpatia delle persone che ci siamo conquistata svolgendo tante attività. “Dopo un certo tempo, più o meno lungo -ci ricorda il Santo Padre, Benedetto XVI- tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa, che rimane in eterno, è l’anima umana, l’uomo creato da Dio per l’eternità. Il frutto che rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane – l’amore, la conoscenza; il gesto capace di toccare il cuore; la parola che apre l’anima alla gioia del Signore. Allora andiamo e preghiamo il Signore, perché ci aiuti a portare frutto, un frutto che rimane. Solo così la terra viene cambiata da valle di lacrime in giardino di Dio”.

10. Mettendoci continuamente alla scuola di Maria, donna eucaristica, in questi giorni speciali dedicati a lei, mentre seguiamo o predichiamo il mese di maggio in suo onore, recuperiamo, a livello personale e comunitario, uno stile di vita eucaristica, diventando anche noi piccoli tabernacoli del Dio Altissimo. 
Contempliamo, come Maria, il volto di Gesù Bambino e di Gesù Crocifisso e tutta la nostra vita di consacrazione a Dio sia un continuo ringraziamento eucaristico nel partecipare al divin sacrificio e nel testimoniarlo con un esistenza esemplare nello spirito del Magnificat. Spirito che si traduce concretamente in precisi comportamenti, sintetizzati dall’Apostolo delle Genti nella più importante sua Lettera scritta per la comunità cristiana di Roma: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Abbiamo pertanto doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi l'insegnamento, all'insegnamento; chi l'esortazione, all'esortazione. Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell'ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (Rom. 12,1-21).
Il mese di maggio nell’Anno Eucaristico produca dentro di noi e nelle nostre comunità questo stile di vita autenticamente cristiano e mariano.
Devotissimo in Gesù Cristo, Figlio di Dio e di Maria

Napoli 1 maggio 2005
Festa di San Giuseppe Lavoratore

’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti

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