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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it

Lettera per il Giovedì Santo del 2005
di
Antonio Rungi


Circolare marzo 2005
Domenica
20 marzo 2005, ore 18,30

Carissimi Confratelli Sacerdoti!

1. L’Anno dell’Eucaristia che stiamo vivendo richiede da parte nostra una speciale attenzione al SS.Sacramento dell’Altare e alla celebrazione di questo Giovedì Santo. Per questo duplice motivo spirituale vi propongo una breve riflessione personale, in sintonia di intenti e di impegni con quanto scrive il Santo Padre, Giovanni Paolo II, nell’annuale Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo. Lettera di particolare utilità per ciascuno di noi, che abbiamo ricevuto il dono del “Sacerdozio”. Dono non sempre apprezzato e valorizzato, non sempre amato e difeso, non sempre protetto da false interpretazioni o non adeguatamente vissuto nel rispetto che gli è dovuto. Dono che va bene oltre la stessa professione religiosa, perché si radica nel mistero della Pasqua del Signore, dal quale attinge significato e valore.

2. Riconoscenza e gratitudine dovrebbero essere gli atteggiamenti interiori e spirituali più ricorrenti nella nostra vita sacerdotale. Siamo grati davvero al Signore per quello che ci ha donato e ci dona ogni giorno nel Santissimo Sacramento dell’Altare, che noi possiamo celebrare, senza nostro merito, ma solo per incomparabile dono che il Signore ci fa? “Nell'Eucaristia –scrive il Papa- Gesù ringrazia il Padre con noi e per noi. Come potrebbe questo rendimento di grazie di Gesù non plasmare la vita del sacerdote? Egli sa di dover coltivare un animo costantemente grato per i tanti doni ricevuti nel corso della sua esistenza: in particolare, per il dono della fede, della quale è diventato annunciatore, e per quello del sacerdozio, che lo consacra interamente al servizio del Regno di Dio. Abbiamo le nostre croci – e certo non siamo i soli ad averne! – ma i doni ricevuti sono così grandi che non possiamo non cantare dal profondo del cuore il nostro Magnificat”.

3. Sacrificio, dono ed oblazione sono questi i punti essenziali sui quali va strutturata la nostra vita sacerdotale. Non si può vivere il proprio sacerdozio senza offrire quotidianamente se stessi per il bene della Chiesa, della Congregazione, della Provincia, della nostra comunità religiosa, nella pluralità degli impegni apostolici e servizi che siamo chiamati a svolgere a favore di tutti. Sacerdoti si è sempre e non solo in determinati momenti. “Non è possibile ripetere le parole della consacrazione –scrive il Papa- senza sentirsi coinvolti in questo movimento spirituale. In certo senso, è anche di sé che il sacerdote deve imparare a dire, con verità e generosità: «prendete e mangiate». La sua vita, infatti, ha senso se egli sa farsi dono, mettendosi a disposizione della comunità e a servizio di chiunque sia nel bisogno. Questo anche il Popolo di Dio si attende dal sacerdote. A ben riflettere, l'obbedienza a cui egli si è impegnato nel giorno dell'Ordinazione, e la cui promessa è invitato a ribadire nella Messa crismale, prende luce da questo rapporto con l'Eucaristia. Obbedendo per amore, rinunciando magari a legittimi spazi di libertà quando si tratta di aderire all'autorevole discernimento dei Vescovi il sacerdote attua nella propria carne quel «prendete e mangiate» con cui Cristo, nell'Ultima Cena, affidò se stesso alla Chiesa”.

4. Ma per noi sacerdoti in modo speciale corre l’obbligo di essere annunciatori credibili, oggi, del mistero del sacrificio di Cristo morto risorto per tutti. Noi dobbiamo essere i veri missionari della Pasqua di Cristo nell’oggi del mondo e della Chiesa con il coraggio di agire, senza paura di perdere le nostre presunte certezze di ogni tipo. “Ripetendo nel silenzio raccolto dell'assemblea liturgica le parole venerande di Cristo, noi sacerdoti diveniamo annunciatori privilegiati di questo mistero di salvezza. Solo vivendo da salvati, diveniamo annunciatori credibili della salvezza. D'altra parte, prendere ogni volta coscienza della volontà di Cristo di offrire a tutti la salvezza non può non ravvivare nel nostro animo l'ardore missionario, spronando ciascuno di noi a farsi «tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22)”. E’ il coraggio della missione che spesso ci manca e davanti alla crisi delle vocazioni e alla scarsità di sacerdoti in varie parti della nostra Provincia non sempre ci rendiamo disponibili anche per i ministeri meno impegnativi.

5. Celebrare con fede, zelo e devozione ogni giorno il memoriale del Signore è un dovere oltre che un’esigenza di uno stile sacerdotale, che abbia la sua ricaduta effettiva nella nostra ed altrui vita. “Per il sacerdote –ci ricorda il Santo Padre- ripetere ogni giorno, in persona Christi, le parole del «memoriale» costituisce un invito a sviluppare una «spiritualità della memoria». In un tempo in cui i rapidi cambiamenti culturali e sociali allentano il senso della tradizione ed espongono specialmente le nuove generazioni al rischio di smarrire il rapporto con le proprie radici, il sacerdote è chiamato ad essere, nella comunità a lui affidata, l'uomo del ricordo fedele di Cristo e di tutto il suo mistero”. Invece, con una certa facilità dimentichiamo le nostre radici culturali e spirituali per rincorrere falsi modelli di essere sacerdoti oggi, che non è diverso da ieri, in quanto il sacerdote deve essere prima di tutto santo e disponibile verso gli altri.

6. Esprimere la nostra vita di consacrazione a Dio in un modo del tutto singolare deve essere un impegno di ciascun sacerdote ed in ogni situazione. Non dobbiamo cercare a tutti i costi il successo personale per quello che facciamo, venendo meno alla nostra identità. “Dal nostro rapporto –scrive Giovanni Paolo II -con l'Eucaristia trae il suo senso più esigente anche la condizione «sacra» della nostra vita. Essa deve trasparire da tutto il nostro modo di essere, ma innanzitutto dal modo stesso di celebrare. Tanti sacerdoti beatificati e canonizzati hanno dato, in questo, una testimonianza esemplare, suscitando fervore nei fedeli presenti alle loro Messe. Tanti si sono distinti per la prolungata adorazione eucaristica. Stare davanti a Gesù Eucaristia, approfittare, in certo senso, delle nostre «solitudini» per riempirle di questa Presenza, significa dare alla nostra consacrazione tutto il calore dell'intimità con Cristo, da cui prende gioia e senso la nostra vita”. 
Mi auguro, Carissimi Confratelli, che soprattutto noi sacerdoti curiamo in modo speciale questa devozione eucaristica nella nostra vita, magari delegando ad altri alcuni compiti che possono benissimo assolvere senza essere sacerdoti.

7. Nella pluralità del servizio pastorale, noi sacerdoti dobbiamo essere vicini al Popolo d Dio, con la catechesi, la celebrazione eucaristica, la formazione delle coscienze, la difesa dei diritti fondamentali della persona, lottando per un mondo più giusto ed umano. “Nella spiritualità sacerdotale questa tensione deve essere vissuta nella forma propria della carità pastorale, che ci impegna a vivere in mezzo al Popolo di Dio, per orientarne il cammino ed alimentarne la speranza. E' un compito, questo, che richiede dal sacerdote un atteggiamento interiore simile a quello dell'apostolo Paolo: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Non mancheranno certo le vocazioni, se si eleverà il tono della nostra vita sacerdotale, se saremo più santi, più gioiosi, più appassionati nell'esercizio del nostro ministero. Un sacerdote «conquistato» da Cristo (cfr Fil 3,12) più facilmente «conquista» altri alla decisione di correre la stessa avventura”. 
Purtroppo, non sempre i fedeli colgono in noi queste dimensioni. Molte volte vedono persone umane, fin troppo umane, tanto da presentare il volto triste dei discepoli di Emmaus, senza speranza nel cuore e senza gioia, perché in crisi per troppe cose.

8. Non è stato mai facile essere santi sacerdoti, e ciò soprattutto oggi, di fronte alle tante sfide che interpellano la nostra vita. Abbiamo bisogno di metterci alla scuola di chi può rendere santo ogni cammino sacerdotale. E questa scuola è Maria. “Nessuno come Lei –scrive il Papa- può insegnarci con quale fervore si debbano celebrare i santi Misteri e ci si debba intrattenere in compagnia del suo Figlio nascosto sotto i veli eucaristici”. 
A questa scuola speciale di santificazione eucaristica e sacerdotale vogliamo metterci tutti noi sacerdoti della Provincia dell’Addolorata; mentre affido alla Madonna, per intercessione di San Paolo della Croce e di tutti i Santi e Beati passionisti, tutti i Confratelli di questa nostra cara famiglia passionista. 
Fraternamente in Cristo
 

Napoli 20 marzo 2005

’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti

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