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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it

Una riflessione da “religioso” sulla Lettera pastorale 
del Cardinale Giordano


di Antonio Rungi


Comunicato stampa
Mercoledì
13 ottobre 2004, ore 11,30


Nella sua essenzialità, quella dell’Arcivescovo di Napoli, il Cardinale Michele Giordano, è sicuramente una delle Lettere pastorali recenti dell’Episcopato italiano tra le più incisive e circostanziate, incentrate sul tema della “missionarietà”. Non solo perché, in essa viene richiamata la centralità della dimensione missionaria della Chiesa e della Parrocchia, ma anche perché si comprende l’urgenza di dare ampio spazio all’annuncio, in un mondo profondamente cambiato specie al Sud d’Italia.
Lo stesso titolo che il Cardinale Giordano ha voluto dare alla sua Lettera pastorale di inizio anno pastorale 2004-2005 è un programma per se stesso: “Ravviva la missione che è in te”. E’ evidente il richiamo alla nostra specifica consacrazione, come battezzati, ma anche come sacerdoti, religiosi, alla missione nella Chiesa e per la Chiesa a favore dell’umanità di cui facciamo parte. Una consacrazione che parte dal Battesimo e si ampia sempre più mediante il maggiore coinvolgimento nell’opera missionaria della Chiesa, che ha la sua consacrazione completa con il Sacramento della Cresima. Per coloro, poi, che hanno ricevuto ed accolto una speciale vocazione, come i sacerdoti ed i religiosi, il discorso della missionarietà diventa prioritario nella loro vita e nelle loro attività. Se la Chiesa è missionaria per sua natura e se la più piccola porzione della Chiesa, che è la parrocchia, è altrettanto missionaria per sua natura, tale missionarietà rientra nella specificità della vita consacrata e soprattutto della vita di quegli istituti di vita consacrata, maschili e femminili, nati per questo scopo fondamentale.
La Chiesa di Napoli è ricca di presenza missionaria che si rifà agli istituti di vita consacrata, sia maschile che femminile. La presenza dei religiosi e delle religiose nella chiesa locale è sicuramente una presenza incisiva, operosa, a volte silenziosa, qualche volta marginale, ma comunque una presenza che testimonia, in vari modi, la ricchezza dei doni dello Spirito Santo, concessi alla Chiesa napoletana, mediante la variegata attività missionaria ed apostolica delle persone consacrate. 
Scrive il nostro amato pastore della chiesa locale: “Chiedo con voi allo Spirito di continuare ad essere nostra guida e maestro interiore, perché risvegli e sviluppi un rinnovato annuncio del Vangelo ed una consapevole adesione nella comune responsabilità che noi, seppure a titolo diverso, abbiamo di realizzare i misteriosi progetti di Dio a favore dell’intera Chiesa di Napoli. (…) La missione di Cristo, infatti, spinge a riservare tempi ed energie per il primo annuncio del Vangelo e chiede alla pastorale ordinaria una semplificazione e una condivisione delle responsabilità. Per nessun motivo, allora, è consentito lasciarsi andare ad atteggiamenti e sensazioni di smarrimento o confusione. Una delle tentazioni più gravi della missione è forse quella di ritenere il nostro tempo meno adatto di altri alla proclamazione del Vangelo: è invece proprio qui e ora che il Regno di Dio viene. (…) Possiamo guardare avanti e aprirci con fiducia al futuro, prendendo sul serio il fatto che la vita cristiana, quella del ministro ordinato anzitutto, si realizza in rapporto alle forme storiche della vita ecclesiale, che hanno il loro centro nella Chiesa diocesana. La missionarietà, avendo come protagonista lo Spirito di Cristo, tende ad incarnarsi, implica relazioni, luoghi, tempi, esperienze ed è il contrario di una fuga dalla realtà. (…) I Convegni hanno segnato una svolta, dimostrando che è venuto il momento di coniugare la missionarietà dei presbiteri all’intera Chiesa diocesana, con tutte le sue componenti: laici, ministri, religiosi, cui presiede il Vescovo”. 
Volendo soffermarsi esclusivamente sul ruolo che i religiosi, a livello di Chiesa locale, possono e debbono avere in ordine alla missionarietà, penso che sia importante andare all’origine del carisma di fondazione di ogni istituti di vita consacrata. Nella chiesa, come religiosi, bisogna dare il proprio contributo in quanto tali ed in quanto espressione di un determinato carisma, che la Chiesa riconosce ai fondatori degli istituti e che i membri di tali istituti debbono incarnarne nel momento storico, viverlo, attualizzarlo, sentendosi parte integrante dell’unica chiesa di Cristo.
La pluralità dei carismi arricchisce la chiesa particolare ed universale anche in ordine alla missionarietà. Basta considerare i settori della pastorale ove, in prevalenza, sono impegnati i religiosi e le religiose: spiritualità, parrocchie, insegnamento, ospedali, comunicazione sociale, direzione spirituale, cultura, scuole, predicazione itinerante, assistenza ai bisognosi, giovani, anziani, diversamente abili, santuari. Campi che, senza la presenza dei religiosi, potrebbero registrare una perdita enorme sul versante della formazione cristiana di base e sulla maturazione della fede.
In base a quanto scrive il Cardinale Giordano, anche i religiosi devono riscoprire, nella Chiesa di Napoli, la loro connotazione prevalentemente missionaria, compresi quei religiosi e quelle religiose che hanno come impegno fondamentale la contemplazione, la vita di preghiera, la clausura. Anche per loro giunge a proposito l’appello dell’Arcivescovo di Napoli: “Abbiate il coraggio di osare inedite forme di missionarietà, alcune già avviate ma che vanno opportunamente integrate nella pastorale ordinaria ed anche arricchite di nuove attenzioni, ponendo sempre al centro l’annuncio di Gesù Cristo, unico Salvatore, e facendo interagire lo stile di testimonianza evangelica con le domande, le preoccupazioni e le attese di cui è intessuta la vita del nostro popolo”. Bisogna osare di più. E come la parrocchia non può essere autoreferenziale per ciò che fa, beatificandosi per le cose che realizza per se stessa e all’interno di se stessa, così le comunità religiose non possono chiudersi in se stesse, dimentiche del mondo e della società in cui vivono, soprattutto ignorando le grandi esigenze pastorali che presenta la Chiesa locale. 
Ognuna delle comunità, con il carisma specifico del proprio istituto, può contribuire in larga misura a dare ulteriore slancio missionario alla Chiesa napoletana, che è da sempre in missione, in considerazione della pluralità delle problematiche che la società partenopea presenta davanti agli sguardi attenti, oltre che del Vescovo, dei suoi più stretti collaboratori nell’Episcopato, dei presbiteri, ma anche di quelle persone consacrate, come i religiosi, che avvertono l’urgenza della missione nei vari campi della chiesa e della società. Sapere conciliare vita di preghiera, vita di comunità e attività missionaria è rispondere, oggi, e non solo oggi, alle grandi istanze che vengono poste ai religiosi, come a coloro a cui è affidato un singolare compito per il bene della Chiesa.
Infatti, i religiosi, congiunti in modo speciale alla Chiesa e al suo ministero, partecipano al suo apostolato in maniera propria con la donazione di tutta la loro vita a Cristo e ai fratelli E si sa che la vita religiosa è apostolica per sua natura. Per cui, tutti i religiosi partecipano all’apostolato nel modo più appropriato, mettendo a frutto i talenti ricevuti ed adattandoli alle diverse situazioni ecclesiali e sociali. In particolare essi avranno massima cura del ministero della parola. Quello che essi devono vivere e predicare con fedeltà è il Vangelo della salvezza. Seguendo, inoltre, l’esempio di Gesù che fu perfetto uomo del suo tempo e che si prese cura dei problemi della gente, i religiosi devono prestare speciale attenzione ai cambiamenti in atto, annunciando il Vangelo in un mondo che cambia continuamente e repentinamente, stando vicino alle popolazioni.
Siamo grati al Cardinale Michele Giordano che nel citare anche i religiosi, nella sua Lettera pastorale di inizio anno, dedicata a ravvivare la dimensione missionaria della propria vita, abbia focalizzato la sua attenzione sul fatto di un progetto unitario di chiesa missionaria. Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, fedeli laici devono lavorare insieme ed uniti per costruire la casa comune. Per cui, riscoprire la presenza dei religiosi, nella direzione della missioniarietà, valorizzarli secondo i carismi di fondazione, sarà un passo significativo per riappropriarsi di quella pluralità di carismi e doni dello Spirito di fronte ad una tendenza alla massificazione e alla uniformità anche in questo campo. Tutti devono convergere, con i propri doni e carismi, verso la costruzione dell’unica chiesa di Cristo. Ma ogni religioso presente nella Chiesa napoletana deve portare il suo specifico contributo, non tanto ed esclusivamente a titolo personale, ma in quanto espressione di appartenenza ad un istituto di vita consacrata.
A tal proposito, nelle Costituzioni della Congregazione della Passione (Passionisti) si legge testualmente: “La Chiesa ha affidato alla nostra Congregazione una parte rilevante del suo apostolato: rendere fruttuoso l’amore di Cristo, come si dimostra eminentemente nella sua Passione, perché ne sia viva e perennemente celebrata la memoria. L’esempio e gli insegnamenti del Fondatore, San Paolo della Croce (1694-1775) costituiscono un’eredità che ispira la Congregazione e stimola tutti noi a partecipare, con grande dedizione, alle attività apostoliche richieste dal nostro tempo”(CCP, 62).
Tali attività, oggi, per i Passionisti si configurano come evangelizzazione e rievangelizzazione, servizio della Parola, predicazione delle missioni popolari e degli esercizi spirituali, apostolato presso gruppi scristianizzati, impegno per la causa della giustizia e della dignità umana. Inseriti nella Chiesa locale, i Passionisti ne condividono le esigenze pastorali. Offrono il loro ministero collaborando per una pastorale organica e di ambiente. Sono aperti e disponibili alle richieste e ai desideri della comunità diocesana, ma salvaguardando il carattere religioso del loro Istituto e la loro missione specifica nella Chiesa” (cfr. CCP, 73).
Sono, in poche parole, in perfetta sintonia con quanto scrive l’Arcivescovo di Napoli, Cardinale Michele Giordano, nella sua Lettera pastorale sulla missionarietà che, per l’Istituto missionario dei Passionisti, è di grande stimolo e di conseguente impegno apostolico per la Chiesa, con la Chiesa e nella Chiesa, per la capillare diffusione del Regno di Dio su tutto il territorio della arcidiocesi di Napoli.


Napoli 13 ottobre 2004

L’Addetto Stampa- Curia provinciale- Passionisti

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