Lunedì
27 settembre
2004
Carissimi Confratelli
Il mese di ottobre è dedicato alle missioni e nel corso di esso si celebra anche la festa del nostro Fondatore, San Paolo della Croce, che fu un grande missionario durante il “Settecento”.
Facendo tesoro di queste due annuali ricorrenze vengo a voi col proporvi, con questa nuova Lettera pastorale, due temi particolarmente cari all’ecclesiologia moderna: vocazione e missione
1. Partiamo dal dato evangelico. “Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città” (Lc 10,1-12).
2. Vediamo nella designazione dei 72 nuovi discepoli del Signore tutti coloro che hanno a cuore l’ansia missionaria e per essa consacrano la vita intera. Tra coloro, che hanno tale ansia, ci siamo noi Passionisti, fondati da San Paolo della Croce, il missionario per antonomasia del “secolo dei lumi”. Egli evangelizzò l’Italia di allora mediante la predicazione itinerante, le missioni popolari ed altre forme di apostolato in voga al suo tempo.
Sulla scia di San Paolo della Croce i circa 13.000 religiosi, che sono entrati nella grande famiglia passionista, in oltre 250 anni di storia, si sono impegnati, in tutti i modi, per annunciare il Verbum Crucis dovunque. Rispetto ai tempi di San Paolo della Croce oggi il vasto campo missionario non solo riguarda i vari settori della vita ecclesiale e sociale, ma si estende anche all’intero Pianeta. Noi Passionisti, infatti, siamo presenti con circa 400 case in 60 nazioni del Mondo ed in tutti i Continenti. Pur non essendo una grande famiglia numericamente (appena 2300) è comunque una famiglia religiosa estesa da un punto di vista geografico, essendo presente un po’ dovunque in Italia e nel Mondo. E nonostante i cambiamenti epocali, la missione itinerante rimane l’impegno fondamentale dell’apostolato passionista, congiunto alla guida pastorale delle parrocchie, all’insegnamento, alla comunicazione sociale, alla direzione spirituale, agli esercizi e quanto altro di significativo per la vita dello Spirito.
3. “La Chiesa –recita il n.62 delle nostre Costituzioni- ha affidato alla nostra Congregazione una parte rilevante del suo apostolato: rendere fruttuoso l’amore di Cristo, come si dimostra eminentemente nella Sua Passione, perché ne sia viva e perennemente celebrata la memoria. L’esempio e gli insegnamenti del Fondatore costituiscono una eredità che ispira la Congregazione e stimola tutti noi a partecipare, con grande dedizione, alle attività apostoliche richieste dal nostro tempo”.
Nel 1748, alla Badia di Ceccano (Fr), iniziava la bellissima avventura passionista nella nostra Provincia religiosa, con la prima fondazione, tra quelle ancora oggi esistenti, voluta dallo stesso nostro Fondatore. Poi seguirono le fondazioni di Falvaterra (1751) ed, infine, quella di Paliano (1755). Non finì lì la storia della nostra Provincia, ma continuò con l’estendersi in altri luoghi del Centro Sud, alcuni dei quali ora chiusi definitivamente per alterne vicende storiche esterne ed interne alla Congregazione e alla Provincia. Tuttavia, la Provincia ebbe la forza di espandere il suo raggio di presenza ed azione missionaria in Campania e nelle altre Regioni del Sud Italia. Oggi conosciamo perfettamente la realtà della nostra Provincia, sia da un punto di vista di numeri e di condizioni di età, salute e impegno dei religiosi e sia da un punto di vista di strutture conventuali in nostro possesso e delle loro condizioni attuali. Di questo ho avuto modo di relazionare dettagliatamente durante l’ultima Assemblea provinciale del 4-5 marzo 2004. Da tale assemblea si uscì con la convinzione e la decisione di effettuare possibili abbinamenti, come nel caso di Itri-convento e Civita, dopo la revisione della convenzione con l’Arcidiocesi di Gaeta per l’affidamento del Santuario civitano. Per tutti la certezza che dovunque siamo è opportuno rimanerci, perché la gente ci stima, perché abbiamo una presenza missionaria ed apostolica significativa, perché i nostri conventi costituiscono un punto di riferimento spirituale, nonostante i gravi problemi che si devono fronteggiare, come la qualità della vita consacrata, perché ci spostiamo sul territorio per offrire servizi pastorali alle parrocchie e alle Diocesi, perché la predicazione in loco o altrove rappresenta per noi Passionisti ancora il punto forte della nostra specifica evangelizzazione.
4. E’ evidente che ogni vocazione è per la missione, soprattutto quella passionista, che per sua natura è missionaria in termini prevalenti. In un mondo come il nostro abbiamo la necessità di servire l’umanità e la Chiesa, attualizzando il carisma di San Paolo della Croce.
Sappiamo come si siano ampliati i campi missionari oggi. Tutti i campi hanno pari dignità, anche se qualcuno di essi riceve maggiore consenso e simpatia oggi rispetto al passato. Questo è segno dei tempi che cambiano. Però, tutti debbono essere salvaguardati, in quanto, se attuati con criteri pastorali ed ecclesiali, saranno di grande utilità per il bene della comunità cristiana e sociale, nonché per la presenza passionista in ogni luogo e posto della Terra ove siamo, compresa la terra laziale, campana, abruzzese, molisana, lucana, ove si espande la nostra Provincia.
Le missioni popolari, come la predicazione itinerante, le parrocchie, l’insegnamento, la direzione spirituale, la predicazione degli esercizi spirituali, la guida dei gruppi e movimenti ecclesiali, soprattutto di ispirazione passionista, come il Movimento Laicale Passionista, la guida o la collaborazione ai vari Santuari, la collaborazione con le chiese locali nei vari uffici sono tutte opportunità, ovvero mezzi significativi per testimoniare il carisma passionista nell’oggi della Chiesa e della società. Carisma che deve trovare una personale identificazione in noi stessi, mediante scelte apostoliche, espressione di un progetto provinciale, nel quale ognuno può trovare adeguato spazio, realizzazione, gratificazione. Purché non sia una scelta individuale e individualistica, ma si collochi all’interno di un cammino delle singole comunità locali e dell’intera comunità provinciale, nel rispetto delle capacità e dei limiti personali e comunitari.
5. La missione, nel senso più ampio del termine, ha questa connotazione di servizio ad un progetto di Chiesa e di Congregazione, in quanto nessuno è inviato da se stesso o per se stesso, ma ognuno è inviato da altri e a nome di altri.
E vediamo i campi della nostra vocazione-missione. Un possibile schema di lettura di tale vocazione-missione può essere il seguente: missione profetica, sacerdotale e regale. Altra possibile lettura potrebbe essere questa: missione di santificare, pascere e governare.
Nell’uno o nell’altro caso c’è l’urgenza e la necessità di concentrarsi su concetti-chiave che sono il servizio, la testimonianza, l’impegno, la fedeltà e coerenza in ordine ai vari aspetti o settori dell’unica missione, che è quella di Cristo e della Chiesa. E noi passionisti non siamo una chiesa a parte, ma siamo chiesa a pieno titolo in ragione di un carisma istituzionalizzato che la chiesa ci ha riconosciuto e ci riconosce a livello universale. Come essere nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa, abbiamo tante missioni da compiere e tutte convergono all’unica vera missione, che attinge il suo senso e valore a Gesù Cristo, il Missionario del Padre, l’Inviato del Padre.
La missione della carità. E’ fondamentale per ogni progetto di Chiesa, Congregazione e Provincia. Se non circola la carità e il vero amore fraterno, che si basa su quello eterno, non c’è prospettiva certa di una vita religiosa che sia tale nel nome e nei fatti.
La missione della spiritualità. Compito indispensabile in un mondo, anche in quello religioso, dove prevale una visione terrena della propria ed altrui esistenza. Il cercare le “cose di lassù” diventa un compito impegnativo per tutti, specie per quanti hanno il dovere di formare le coscienze ed essere padri nella fede.
La missione della sofferenza. Di fronte al dolore di tanti nostri confratelli, anziani e giovani, e di tante persone che incontriamo ogni giorno nelle nostre attività missionarie, apostoliche e pastorali siamo chiamati a prestare un servizio silenzioso e generoso per trasmettere a quanti soffrono il nostro vero amore e la speciale attenzione della nostra persona e delle istituzioni religiose verso di loro.
La missione della formazione iniziale e permanente. La necessità di camminare lungo il sentiero dell’ascolto continuo ed incisivo della Parola di Dio ci obbliga alla speciale missione della formazione di quanti scelgono di essere religiosi e vogliono, ogni giorno, nella preghiera e nella oblazione, mantenersi fedeli, per tutta la vita, al loro impegno di consacrati. Tale necessità si estende anche a quanti il Signore ci fa incontrare nel nostro ministero religioso e/o sacerdotale. Dai bambini agli anziani; dai religiosi ai sacerdoti diocesani; dai fedeli laici ai laici impegnati in tante attività umane e sociali. Per tutti ci sia un nostro progetto di formazione, soprattutto se si riferiscono a noi con frequenza ed aspettative di ogni genere. Il religioso ed il sacerdote prevalga sempre su altre piacevoli e catturanti immagini che diamo di noi stessi agli altri o che gli altri si fanno di noi in maniera autentica o distorta.
La missione dell’annuncio. E’ quella che richiede particolare cura oggi, perché ci rivolgiamo ad un pubblico preparato, formato, critico, capace di mettere in difficoltà anche le persone più preparate tra noi. Da qui, la necessità di un aggiornamento sistematico sulle tematiche portanti della nostra predicazione e della predicazione che la Chiesa e la società ci chiede in ragione del contesto e della vita odierna. I documenti della Chiesa universale e delle Chiese particolari siano oggetto di attento studio, per adeguare il nostro annuncio ad essi e comunque essere in sintonia con il sentire della Chiesa universale e delle Chiese particolari, ove predichiamo o siamo inseriti con una nostra presenza strutturale o pastorale.
La missione del governo. E’ tra le più delicate oggi e richiede grande risorse spirituali, psichiche e fisiche. In un sistema di vita religiosa basato sull’obbedienza, come fondamentale voto da vivere, era tutto più semplice e fattibile in tempi brevi e ristretti. I santi religiosi sono diventati tali entrando in una visione di totale obbedienza a Dio e alla legittima autorità. Cambiando il modello di vivere l’obbedienza, che oggi si fa sempre più concordata tra le parti che entrano in gioco nelle decisioni da assumere, la missione del governo si fa problematica da attuarsi in tempi brevi e perde, di conseguenza, la sua efficacia. Tale forma mentis non favorisce il progetto provinciale né una programmazione apostolica e missionaria di ampio raggio. Esiste, infatti, la reale difficoltà di organizzare il tutto, se non c’è scambio di carismi, doni, servizi, capacità personali, informazione, comunicazione. Quella visione nuova di pensare in termini più ampi, come auspica il Superiore generale, in vista della ristrutturazione della Congregazione, di cui si discuterà nel prossimo Sinodo (Roma, 28 nov.-6 dic. 2004) deve farsi strada lentamente, anche per portare la nostra esperienza missionaria di Passionisti nel panorama della Chiesa universale e delle Chiese locali.
6. Nonostante tali difficoltà dell’ora presente, la nostra Provincia può vantare nel passato recente e lontano una qualificata azione missionaria in vari campi. I santi religiosi della nostra Provincia a partire dai primi compagni del nostro Fondatore, fino a giungere ai religiosi che abbiamo avuto la gioia e l’onore di conoscere personalmente, narrano le grandi opere che il Signore ha fatto per noi, mediante persone umili e generose, ma anche di grande spessore umano, culturale, pastorale e, soprattutto, spirituale.
Le figure eccelse dei Passionisti della nostra Provincia sono patrimonio non solo delle nostre comunità passioniste, ove questi santi padri e religiosi hanno vissuto, ma specialmente patrimonio delle popolazioni che hanno evangelizzato o guidate sulle vie della santità.
Ciò a testimonianza di una lunga e gloriosa storia di presenza ed attività missionaria dei Passionisti non solo nel Basso Lazio, ma anche, successivamente, in Campania ed in altre Regioni del Centro-Sud. E tra le figure eminenti della Provincia dell’Addolorata che hanno segnato la storia di questi due secoli e mezzo c’è il Venerabile padre Fortunato De Gruttis, di cui, il prossimo anno, ricorre il centenario della sua morte. I 40 anni di ininterrotto servizio per il bene delle anime nel suo “Confessionale” del Ritiro di Falvaterra la dicono lunga circa la priorità missionaria alla quale noi passionisti siamo chiamati. Noi dobbiamo essere i medici dell’anima, i curatori delle sofferenze dello spirito, i pastori generosi che coprono le esigenze pastorali delle Chiese locali, ove più grave è la carenza dei sacerdoti. Dobbiamo essere vicino agli anziani, ammalati a quanti soffrono nel corpo e non hanno nessun conforto. Noi dobbiamo essere vicino ai bambini, agli adolescenti, ai giovani del nostro tempo, mediante una pastorale onnicomprensiva di cui dobbiamo farci promotori con progetti seri e a lungo termine, soprattutto se investiamo personale della Provincia che esoneriamo da altri compiti ed uffici, altrettanto indispensabili per il buon governo della nostra famiglia provinciale e per le comunità locali. Non si tratta di fare di tutto e di più o di essere tuttologi in campo missionario ed apostolico, come spesso succede tra di noi, ma di qualificare il nostro servizio nei vari ambiti della pastorale delle chiese locali e dell’impegno missionario tipico del nostro Istituto. Sapere che nella Provincia ci sono ancora oggi degli ottimi sacerdoti e religiosi, diaconi, fratelli coadiutori, missionari, predicatori, catechisti, parroci, professori, direttori spirituali, confessori, teologi, studiosi, storici, artisti, musicisti, scrittori, giornalisti, comunicatori, formatori, superiori, vicari, economi, consultori, è una garanzia di un cammino di Provincia, di cui l’attuale primo responsabile di essa, il Superiore provinciale, non può che gioirne ed essere grato al Signore, ma anche riconoscente a ciascuno di loro. Ognuno nel proprio compito ed ufficio, assegnato ad esso dalla legittima autorità ritrovi le ragioni della gioia della sua vocazione e missione nella Chiesa, per la Chiesa e con la Chiesa. Nessuno si senta di gestire, nelle nostre case religiose, nella Provincia e nella nostra Congregazione, autonomamente un mandato missionario ed apostolico di qualsiasi genere, pensando che è un suo diritto personale nel quale nessun altro ha diritto di entrarvi.
Noi siamo figli di una stessa famiglia e lavoriamo tutti per uno stesso fine. Quale migliore collaborazione se non quello di condividere con gli altri ansie e preoccupazioni missionarie, che riguardano tutti i settori e non qualcuno in particolare? Riguarda soprattutto l’ambito del “governo”, che oggi è un servizio ed una missione più impegnativa di ieri. Ecco perché è difficile trovare “missionari” nel campo del servizio dell’autorità, ma più facilmente individuare missionari in altri campi, soprattutto in quelli di più immediata presa sulla gente e di ritorno di immagine per se stessi.
7. Affido a San Paolo della Croce, il nostro modello per eccellenza del missionario della Passione di Cristo, il cammino della nostra Provincia in questo mese di ottobre missionario 2004. E’ un motivo di gioia e di speranza che religiosi della nostra Provincia, avanti negli anni e con la salute precaria, ma con la stessa carica missionaria degli anni verdi, ancora oggi sono impegnati nella predicazione itinerante, nelle missioni popolari, negli esercizi spirituali, nella guida delle comunità religiose maschili e femminili, nella pastorale del Santuario della Civita di Itri, del Volto Santo a Napoli e di Pontecorvo, negli ospedali e cliniche sanitarie. E ad essi associamo i giovani e maturi missionari che oggi prestano il loro servizio nelle missioni popolari e nelle altre forme di predicazione itinerante o stabili. E’ un motivo di ringraziamento a Dio anche per quanti oggi nella nostra Provincia, anziani e giovani, svolgono il loro ministero come parroci o vicari parrocchiali nelle nostre parrocchie conventuali ed extra-conventuali. E ad essi associamo il ministero, importante ed insostituibile, se fatto bene, con coscienza e preparazione adeguata, dei pochi religiosi che insegnano religione cattolica o discipline umanistiche nelle scuole statali o insegnano materie ecclesiastiche negli istituti teologici, oppure sono apostoli della buona stampa, a partire della nostra Rivista Presenza Missionaria Passionista.
Ma un pensiero speciale va a tutti quei religiosi che nel silenzio, nella sofferenza, nella preghiera, nel raccoglimento, nel consigliare gli altri, soprattutto se sono avanti negli anni, svolgono una missione di grande importanza per il bene della Provincia e della Congregazione, la missione della “sapienza del cuore”, della sofferenza offerta per il bene della Congregazione, dell’intelligenza delle cose superiori, avvicinandosi il tempo dell’incontro definitivo con il Signore. Con il pensiero di esso, distaccati sempre più dalle cose del mondo e dalle cose che passano, anche tra noi, questi nostri religiosi sono un motivo per tutti a continuare nella vita consacrata, con la coscienza che la fedeltà ad essa, fino alla morte, non è un fatto occasionale, ma un progetto di vita di totale abbandono alla volontà di Dio.
Fraternamente in Cristo Crocifisso
Napoli 1 ottobre 2004
Napoli 27 settembre 2004
P.Antonio Rungi C.P.
Superiore provinciale
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