Festa in onore di Santa Rita dalle Suore
Stimmatine
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Comunicato
stampa
Sabato
22 maggio 2004, ore
22,30
E’ diventato un appuntamento religioso al quale moltissimi fedeli e devoti di
Santa Rita da Cascia non osano mancare assolutamente. Da 15 anni, infatti,
presso l’oratorio pubblico delle Suore Stimmatine di Mondragone (Ce) si
rinnova la devozione popolare alla Santa delle “cose impossibili”, come tutti
la invocano. Semplice ed essenziale la piccola festa che le Suore, insieme ai
fedeli del Rione Mare di Mondragone, organizzano per la giornata del 22 maggio
di ogni anno.
Santa Messa, come sempre alle ore 18.00, all’aperto, nello spazio antistante
l’Istituto Adele Izzo delle Suore Stimmatine, sito in Viale Italia. Panegirico
di padre Antonio Rungi, superiore provinciale dei passionisti di Napoli, fino
allo scorso anno cappellano delle Suore da circa 25 anni, durante la messa,
alla quale partecipano non solo persone adulte, ma soprattutto mamme e papà di
famiglia con i rispettivi bambini. Offertorio per la carità a favore dei più
bisognosi della zona. Benedizione, a conclusione della messa, delle persone e
delle rose in onore di Santa Rita. Poi la breve, ma sentita e partecipata
processione per le strade del Rione.
Così da 15 anni, così domani, 22 maggio 2004, si rinnova questa bellissima e
sentita tradizione popolare in onore di Santa Rita, la cui statua è conservata
nell’oratorio pubblico delle Suore Stimmatine di Mondragone.
Domani sera sarà nuovamente il ministro provinciale dei passionisti ad
officiare tutta la cerimonia religiosa, preparata da Suor Vincenzina, Suor
Sofia e Suor Debora e dalle tante donne che venerano, con particolare zelo, la
santa di Cascia, che, come si sa, è una delle sante più conosciute e invocate
al mondo, nei casi difficili, per la straordinaria vita che ebbe a svolgere
nella triplice funzione di moglie, madre e poi monaca agostiniana. Tra dati
certi e racconti leggendari, la vita di Santa Rita è un esempio per tutti e
vale la pena rileggerla ed approfondirla soprattutto in occasione dell’annuale
festa liturgica del 22 maggio.
Nacque intorno al 1381 a Roccaporena, un villaggio montano a 710 metri s. m.
nel Comune di Cascia, in provincia di Perugina. La piccola Rita venne
battezzata nella chiesa di S. Maria della Plebe a Cascia e da piccola crebbe
nell’ubbidienza ai genitori, i quali a loro volta inculcarono nella figlia
tanto attesa, i più vivi sentimenti religiosi. Visse un’infanzia e
un’adolescenza nel tranquillo borgo di Roccaporena, dove la sua famiglia aveva
una posizione comunque benestante e con un certo prestigio legale.
Già dai primi anni dell’adolescenza Rita manifestò apertamente la sua
vocazione ad una vita religiosa. Aveva tredici anni quando i genitori, forse
obbligati a farlo, la promisero in matrimonio a Fernando Mancini, un giovane
del borgo, conosciuto per il suo carattere forte, impetuoso, perfino secondo
alcuni studiosi, brutale e violento.
Da lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi,
chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la
nascita di due gemelli e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza
alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e
renderlo più docile; fu un cambiamento che fece gioire tutta Roccaporena, che
per anni ne aveva dovuto subire le angherie.
I figli Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, crebbero educati da Rita Lottius
secondo i principi che le erano stati inculcati dai suoi genitori, ma essi
purtroppo assimilarono anche gli ideali e regole della comunità casciana, che
fra l’altro riteneva legittima la vendetta.
E venne dopo qualche anno, in un periodo non precisato, che a Rita morirono i
due anziani genitori e poi il marito fu ucciso in un’imboscata una sera mentre
tornava a casa da Cascia; fu opera senz’altro di qualcuno che non gli aveva
perdonato le precedenti violenze subite.
Narra la leggenda che Rita per sottrarli a questa sorte, abbia pregato Cristo
di non permettere che le anime dei suoi figli si perdessero, ma piuttosto di
toglierli dal mondo.
Comunque un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono, fra il dolore
cocente della madre.
Ormai libera da vincoli familiari, si rivolse alle Suore Agostiniane del
monastero di S. Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro; ma fu
respinta per tre volte, nonostante le sue suppliche. I motivi non sono chiari,
ma sembra che le Suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie
del luogo e solo dopo una riappacificazione, avvenuta pubblicamente fra i
fratelli del marito ed i suoi uccisori, essa venne accettata nel monastero.
Per la tradizione, l’ingresso avvenne per un fatto miracoloso, si narra che
una notte, Rita come al solito, si era recata a pregare sullo “Scoglio”
(specie di sperone di montagna che s’innalza per un centinaio di metri al
disopra del villaggio di Roccaporena), qui ebbe la visione dei suoi tre santi
protettori già citati, che la trasportarono a Cascia, introducendola nel
monastero, si cita l’anno 1407; quando le suore la videro in orazione nel loro
coro, nonostante tutte le porte chiuse, convinte dal prodigio e dal suo
sorriso, l’accolsero fra loro.
Quando avvenne ciò Rita era intorno ai trent’anni e benché fosse illetterata,
fu ammessa fra le monache coriste, cioè quelle suore che sapendo leggere
potevano recitare l’Ufficio divino, ma evidentemente per Rita fu fatta
un’eccezione, sostituendo l’ufficio divino con altre orazioni.
La nuova suora s’inserì nella comunità conducendo una vita di esemplare
santità, praticando carità e pietà e tante penitenze, che in breve suscitò
l’ammirazione delle consorelle. Devotissima alla Passione di Cristo, desiderò
di condividerne i dolori e questo costituì il tema principale delle sue
meditazioni e preghiere.
Gesù l’esaudì e un giorno nel 1432, mentre era in contemplazione davanti al
Crocifisso, sentì una spina della corona del Cristo conficcarsi nella fronte,
producendole una profonda piaga, che poi divenne purulenta e putrescente,
costringendola ad una continua segregazione.
La ferita scomparve soltanto in occasione di un suo pellegrinaggio a Roma,
fatto per perorare la causa di canonizzazione di s. Nicola da Tolentino,
sospesa dal secolo precedente; ciò le permise di circolare fra la gente.
Si era talmente immedesimata nella Croce, che visse nella sofferenza gli
ultimi quindici anni, logorata dalle fatiche, dalle sofferenze, ma anche dai
digiuni e dall’uso dei flagelli, che erano tanti e di varie specie; negli
ultimi quattro anni si cibava così poco, che forse la Comunione eucaristica
era il suo unico sostentamento e fu costretta a restare coricata sul suo
giaciglio. E in questa fase finale della sua vita, avvenne un altro prodigio, essendo
immobile a letto, ricevé la visita di una parente, che nel congedarsi le
chiese se desiderava qualcosa della sua casa di Roccaporena e Rita rispose che
le sarebbe piaciuto avere una rosa dall’orto, ma la parente obiettò che si era
in pieno inverno e quindi ciò non era possibile, ma Rita insisté.
Tornata a Roccaporena la parente si recò nell’orticello e in mezzo ad un
rosaio, vide una bella rosa sbocciata, stupita la colse e la portò da Rita a
Cascia, la quale ringraziando la consegnò alle meravigliate consorelle.
Così la santa vedova, madre, suora, divenne la santa della ‘Spina’ e la santa
della ‘Rosa’; nel giorno della sua festa questi fiori vengono benedetti e
distribuiti ai fedeli.
Il 22 maggio 1447 Rita si spense, mentre le campane da sole suonavano a festa,
annunciando la sua ‘nascita’ al cielo.
Fu beatificata nel 1627 da Papa Urbano VIII e canonizzata il 24 maggio 1900
da Papa Leone XIII.
Napoli 22 maggio 2004
L’Addetto
Stampa della Curia provinciale
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