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CONGREGAZIONE DELLA PASSIONE
Provincia Religiosa dell'Addolorata - DOL
(Basso Lazio, Campania e Vicariato in Brasile)
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Padre Antonio Rungi
Superiore Provinciale
antonio.rungi@tin.it

In occasione del 235° Anniversario 
della Provincia dell’Addolorata


Messaggio del Superiore Provinciale, Padre Antonio Rungi
Lunedì
26 aprile 2004


Carissimi Confratelli

1. Il 9 maggio 1769, durante il Quinto capitolo generale, da lui presieduto, San Paolo della Croce, fondatore della Congregazione della Passione di nostro Signore Gesù Cristo (Passionisti), istituì ufficialmente la nostra Provincia, dandole piena autonomia giuridica e dedicandola alla "Beata Vergine Maria Addolorata", di cui era particolarmente devoto. 
Quest’anno ricorre il 235° anniversario di tale istituzione e per noi Passionisti di questa storica Provincia, che si estende, oggi, sul territorio del Basso Lazio, della Campania e di altre zone del Meridione d’Italia, è un motivo di profonda gioia, di sincera verifica del cammino, fin qui svolto, di speranza e incoraggiamento per il cammino da compiere.

2. Ci è di conforto e di sostegno, in questo sguardo prospettico, anche quanto scrive il Santo Padre, Giovanni Paolo II, nell’Esortazione Apostolica "Vita consecrata" del 25 marzo 1996: "Voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi. Fate della vostra vita un'attesa fervida di Cristo, andando incontro a Lui come le vergini sagge che vanno incontro allo Sposo. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all'uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo"(VC 110).

3. Non si costruisce il futuro senza avere la memoria storica del proprio passato. E il nostro passato, lontano e recente, è un passato glorioso, come gloriosa è la storia di questa Provincia, per la quale si sono sacrificati tanti religiosi ed hanno offerto la loro vita di piena consacrazione al Signore, svolgendo gli umili servizi o quelli più alti e qualificati, ma tutti degni di stima e di apprezzamento. 
Un passato anche recente che, purtroppo, è segnato da tante sofferenze, dovute ai cambiamenti epocali, che hanno fatto smarrire il senso di appartenenza alla Provincia e alla Congregazione di singoli o di gruppi di religiosi. Alcuni cullano l’illusione "da figliol prodigo", convinti, come sono, che lontano dalla casa del padre si sta meglio, si vive in libertà, al di fuori di ogni regola comunitaria, che risulta essere pesante e, soprattutto, con le sicurezze economiche che vengono da varie parti.

4. E’ evidente, in qualche caso, la mancanza assoluta di amore sincero per quello che siamo e rappresentiamo, incapaci come siamo di concentrarci su Cristo e meditare profondamente i suoi misteri, nel silenzio della nostra stanza o camminando per le vie del mondo per annunciare Cristo crocifisso, che è il nostro fondamentale carisma. Quel "ripartire da Cristo", suggerito dal Santo Padre in questo inizio del nuovo millennio, si è trasformato in ripartire da noi e dalle nostre esigenze di ogni genere. Guai a non soddisfarle, perché si rischia di diventare i nuovi carnefici delle anime in pena.

5. Ma non si può non riconoscere l’impegno a tutto campo della stragrande maggioranza dei passionisti della nostra Provincia a lottare perché questo non avvenga oggi e in avvenire. Una lotta che parte dal bloccare le spinte centrifughe che si evidenziano in ogni emergenza. Nel momento della difficoltà tutti scappano via. Il racconto della Passione di Cristo ce ne ricorda alcuni comportamenti significativi. Solo pochi restano e diventano martiri ed eroi, non per caso. L’eroicità dei tanti passionisti di ieri e di oggi ci è attestata dalla santità di essi riconosciuta, o in via di riconoscimento, da parte della Chiesa. C’è altrettanta eroicità di tantissimi religiosi che, nel silenzio, preghiera e sofferenza quotidiana, hanno reso grande il nostro Istituto davanti al mondo. Essere passionisti significava per loro non solo indossare un abito, quello di San Paolo della Croce, ma di portarlo degnamente, senza che altri pensassero minimamente che quel saio benedetto e consegnato a loro nel giorno della vestizione e più compiutamente nel giorno della professione, fosse per esclusivi motivi di interessi umani e materiali.

6. Oggi c’è da interrogarsi se siamo ancora in grado di portare alto il vessillo della nostra appartenenza alla Congregazione della Passione e alla nostra Provincia religiosa. Noi abbiamo una gloriosa storia da raccontare e narrare ai bambini, ai giovani, agli adulti, agli anziani e a quanti incontriamo nel corso della nostra vita, consumando le strade del Basso Lazio e Campania. Dentro o fuori il convento è necessario presentarla con il rigore scientifico o, più semplicemente, con accenti spirituali ed affettivi, che parlano da se e dicono molto di più di quanto stia scritto nelle platee e nelle biblioteche dei nostri conventi. Non abbiamo paura di narrare il nostro passato, anche con le sue crisi e difficoltà, con i momenti bui e drammatici. Un passato, soprattutto di luci, su cui è piantato questo rigoglioso albero della Congregazione della Passione del Signore nella Terra di "Marittima e Campania".

7. Religiosi, case, apostolato, luoghi, simboli e testimonianze di qualsiasi genere che ci riportano al passato non possono essere solo occasione di nostalgici rimpianti di quello che la Congregazione e la Provincia è stata, ma una lezione di vita da cui ripartire. Perché, ne sono certo, Carissimi confratelli, che noi oggi possiamo rendere ancor più splendente il volto del nostro Istituto, facendo scelte coraggiose di vita comunitaria, spirituale, apostolica, culturale, vocazionale. Non ci possiamo appiattire su forme di presenza e di apostolato, nella chiesa e nella società, che ci assicurano la sopravvivenza di noi stessi, ma non quella della crescita della Congregazione. Non possiamo fermarci esclusivamente sotto la Croce del Cristo morente, per versare le lacrime delle nostre inadempienze, ma abbiamo il dovere morale di avanzare con coraggio verso un nuovo stile di vita comunitaria e apostolica, incentrato sulla spiritualità passionista, come è giusto che sia. 

8. Ecco, questo "tempo pasquale", iniziato con la Domenica di Risurrezione e che si concluderà con la Pentecoste, segni un cambiamento di mentalità circa il modo di pensare e progettare il futuro della famiglia passionista in generale e in quella della Provincia dell’Addolorata in particolare. Questa ha una storia che parte da lontano e guarda lontano. Una bella storia, a volte commovente, esemplare, perché fatta da anime sante e da religiosi che per amore all’abito di Paolo della Croce hanno conservato fino alla morte la propria vocazione passionista, non senza grossi sacrifici e rinunce. 
Tale storia, nonostante i tanti profeti di sventura, continua meravigliosamente oggi per la coerenza alla scelta fatta di tanti religiosi. Essa, con la benedizione di Dio, la protezione della Vergine Addolorata e l’intercessione di San Paolo della Croce, sicuramente avrà un futuro luminoso, come è stato luminoso il suo passato, liberandolo da tutti gli idoli e da tutte le paure, che anche noi religiosi, esseri umani e fragili come gli altri, ci costruiamo ed alimentiamo, al di fuori di ogni logica pasquale.

9. Vi comunico che per la fausta ricorrenza del 235° anniversario della nostra Provincia, la Curia ha pensato ad una pagina speciale su L’Osservatore Romano, che uscirà proprio nella data del 9 maggio, a pochi giorni dall’inizio del mese dedicato alla Vergine Santa.
Ogni comunità avrà, in tempo utile, le copie necessarie del Quotidiano della Santa Sede da distribuire gratuitamente a chiunque, per far conoscere a tutti "chi siamo, da dove veniamo e verso quale traguardo stiamo andando". 

Napoli 26 aprile 2004

Padre Antonio Rungi
antonio.rungi@tin.it

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