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Pasqua: il mistero della vita oltre la vita


Riflessione del Superiore Provinciale, Padre Antonio Rungi
Sabato 10 aprile 2004


“Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato e siede alla destra del Padre… Credete alla risurrezione della carne e la vita eterna”
Questa professione di fede la manifestiamo in tante circostanze della nostra vita cristiana ed ecclesiale, ma la manifestiamo in modo più solenne durante la Veglia pasquale, che ci introduce alla Domenica di Risurrezione. Veglia che celebreremo, anche quest’anno in un clima di preoccupazione generale per le sorti dell’umanità, in tutte le comunità parrocchiali e nelle chiese conventuali, negli oratori pubblici e nei luoghi di culto, ove i fedeli di tutto il mondo di ritroveranno, come tutti gli anni, per festeggiare la risurrezione di Gesù, dopo aver contemplato nella sua passione e morte in croce.
Credere significa professare verità e dogmi di fede sui quali deve esserci l’adesione della mente e del cuore. Non si tratta di ripetere meccanicamente un testo dottrinale scritto da altri ed elaborato, non senza difficoltà e diatribe, soprattutto nella fase della formulazione, agli inizi del cristianesimo, per dare contenuto e spessore al proprio credo e alla propria religione. Ma, al contrario, si tratta di affermare con certezza assoluta che siamo nella verità e nessun dubbio, per quanto legittimo, può sminuire il nostro atteggiamento di fede.
E’ significativo che proprio davanti al mistero del Cristo crocifisso, l’apostolo Giovanni che descrive gli ultimi istanti della vita di Gesù, mentre era ai piedi della croce sottolinei questo aspetto importante della sua testimonianza oculare: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate”.
Ci basiamo sulla testimonianza degli altri che hanno visto e vissuto ciò che Gesù ha fatto per noi; ma ci basiamo molto di più sul dono della fede che abbiamo ricevuto con il Battesimo. Nel Battesimo, infatti, siamo stati consacrati in Cristo, lui che è il Re, il vero ed unico Sacerdote ed il vero e definitivo Profeta, ed abbiamo celebrato la nostra prima fondamentale Pasqua della nostra vita di rinati alla Grazia.
A simile convinzione si arriva con la preghiera e con lo studio. Ma da un punto di vista liturgico si giunge, ogni anno, attraverso un itinerario ben preciso che è la Quaresima. E la Liturgia della Veglia Pasquale sottolinea proprio questo aspetto. “Fratelli carissimi, per mezzo del Battesimo siamo divenuti partecipi del mistero pasquale del Cristo, siamo stati sepolti insieme con lui nella morte, per risorgere con lui a vita nuova. Ora, al termine del cammino penitenziale della Quaresima, rinnoviamo le promesse del nostro Battesimo, con le quali un giorno abbiamo rinunziato a satana e alle sue opere e ci siamo impegnati a servire fedelmente Dio nella santa Chiesa cattolica”.
A riflettere attentamente su queste affermazioni bisogna riconoscere quanto cammino dobbiamo fare per conseguire risultati di autenticità in questo campo.
La Pasqua è appello a vivere il Battesimo in profondità e a non essere soli cristiani iscritti nel libro parrocchiale che registra la nostra venuta alla fede. Quel primo fondamentale incontro con il Cristo morto e risorto, nel quale noi veniamo consacrati per essere, re, sacerdoti e profeti, va rivissuto quotidianamente mediante scelte di vita e di risurrezione in ogni situazione. La fede nella risurrezione di Cristo e della nostra risurrezione ci impone scelte radicali per la vita oltre la vita. I cristiani non possono, né devono essere uomini della “morte”, del buio, del nulla, del disfattismo, ma uomini della gioia, della speranza, della continua risurrezione, nonostante le continue realtà di morte che si presentano intorno a loro. E soprattutto in questo ultimo periodo e in questi giorni precedenti la Pasqua sono stati tanti i segnali di morte che abbiamo registrato in Italia e nel Mondo. Troppa violenza e troppa offesa alla vita, soprattutto dei bambini e delle persone più deboli.
E’ vero che noi sappiamo, nella fede, con certezza che risorgeremo tutti alla fine dei tempi, quando Dio verrà a giudicare i vivi e i morti ed anche i nostri corpi mortali riprenderanno vita, sotto altra forma, per recuperare la indistruttibilità della persona umana, fatta di anima e di corpo. Ma si tratta di una verità di fede che dobbiamo calare nella realtà del tempo presente, ostica ad accogliere gli appelli della fede, soprattutto se parla di eternità e del mondo che verrà. “Sappiamo che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli” (2Cor. 5,1). Ma è pur vero che la risurrezione per la vita la si costruisce nel tempo e nella storia. “Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia nel bene che nel male” (2Cor 5,10).
Logica vuole che noi agiamo in vista di un bene supremo come quello della salvezza eterna. Ciò significa che bisogna fare delle scelte precise, scelte per il bene e non per il male, scelte per la vita e non per la morte, scelte di speranza e non di disperazione.
Di fronte a tantissimi fatti di negatività del tempo presente (non molto diverso dai tempi passati) c’è da chiedersi in quale direzione noi stiamo andando di questo passo. Se abbiamo optato per la vita e la risurrezione o per la morte e la distruzione. La risposta più sincera ed autentica sta dentro di noi, nel profondo della nostra scienza e coscienza, ovvero nella nostra conoscenza e sensibilità. Il bene è evidente per sé, come il male è altrettanto evidente. Chi sceglie Dio è dalla parte della vita. Chi sceglie il Demonio è dalla parte del male. 
Non senza motivo nella notte più solenne, la liturgia cristiana cattolica ci fa ricordare alcuni importanti impegni battesimali e ci dà la possibilità di rinnovarli nella sincerità del nostro cuore e nell’onestà intellettuale che dovrebbe caratterizzarci. Noi nella Veglia pasquale “rinnoviamo le promesse del nostro Battesimo, con le quali un giorno abbiamo rinunziato a satana e alle sue opere e ci siamo impegnati a servire fedelmente Dio nella santa Chiesa cattolica”.
Oggi, la nostra vita è servizio fedele a Dio nella Chiesa cattolica? Di fronte alle tante infedeltà dei singoli cristiani, di intere comunità di qualsiasi genere e natura, l’appello si fa più pressante, affinché la Pasqua 2004 segni una svolta morale nella direzione della fedeltà alla Parola del Signore, che è parola di vita e di risurrezione continua. Non abbattersi di fronte ai personali drammi e a quelli dell’umanità è già un primo passo per sentire in noi e vivere in noi il mistero della risurrezione, che è mistero di vita oltre la vita.
Buona Pasqua a tutti! Che sia una Pasqua serena e apportatrice di pace e gioia in tutto il mondo.

Napoli 10 aprile 2004

Padre Antonio Rungi
antonio.rungi@tin.it

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