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Lettera del Superiore Provinciale
08 aprile 2004.


Lettera del Superiore Provinciale, Padre Antonio Rungi
per il Giovedì Santo - Anno del Signore 2004


Carissimi Confratelli nel sacerdozio

1. Sento il dovere di proporre alla vostra attenzione e meditazione quanto ha scritto il Santo Padre ai sacerdoti di tutto il mondo in occasione del Giovedì Santo di quest’anno.
Alle illuminanti ed incoraggianti parole del Sommo Pontefice, fa riscontro anche una mia personale considerazione del momento, particolarmente significativo, per noi sacerdoti, che è appunto il Giovedì Santo, quando Gesù, nell’ultima cena con i suoi apostoli, nell’imminenza della sua Pasqua, di morte e risurrezione, istituisce il duplice sacramento dell’Eucaristia e del Sacerdozio. Da allora Eucaristica e Sacerdozio camminano di pari passo e l’una senza l’altro non è possibile immaginare. In effetti, non c’è sacerdozio senza eucaristia e non c’è eucaristia senza sacerdozio.
Il sacerdozio cattolico, infatti, è un’istituzione che va ben al di là di un semplice riconoscimento giuridico di appartenenza alla Chiesa, al clero e alla gerarchia. Esso ha una sua specificità, ha un suo fondamentale ed insostituibile ruolo nell’ambito della vita ecclesiale. Senza sacerdote non è possibile celebrare l’eucaristia, né amministrare il sacramento della riconciliazione ed altri importanti sacramenti della vita cristiana, che sono vie privilegiate per raggiungere la santità. 
Per cui, il popolo di Dio, la comunità dei credenti necessitano di questa indispensabile figura, ma soprattutto di questo ministro di Cristo, votato a tutto, al sacrificio, al dono, al servizio, alla carità, alla spiritualità.

2. La nostra Congregazione è un istituto clericale, un istituto che per volontà del nostro fondatore e per disposizioni della Chiesa è chiamato a vivere non solo la scelta di consacrazione al Signore mediante la professione dei consigli evangelici, ma anche attraverso il ministero sacerdotale, in cui sono direttamente coinvolti, da sempre, la quasi totalità dei Passionisti dei vari tempi. Oggi, infatti, anche se il numero è limitato, quasi tutti i Passionisti del mondo sono sacerdoti ed alcuni di loro sono stati elevati anche alla dignità di Vescovi ed hanno ricevuto la pienezza del sacerdozio.
Anche la nostra Provincia religiosa, dalla sua nascita ad oggi, ha generato numerosi presbiteri, diversi dei quali assunti a ruoli importanti nella Congregazione e nella Chiesa. Motivo di santo orgoglio per questa porzione della Congregazione, dedicata alla Madonna Addolorata e guidata sapientemente in questi 235 anni, nei vari uffici, da sacerdoti santi, dotti, di grande zelo apostolico, devoti particolarmente dell’Eucaristia e della Madonna, ma anche attenti custodi della propria vocazione e missione sacerdotale. 

3. Nel grato ricordo di quanti ci hanno preceduto in questo singolare ministero a servizio della Chiesa e del nostro Istituto, mi rivolgo a voi, Carissimi Confratelli, in questo Giovedì Santo per ricordare a me e a voi il grande dono che abbiamo ricevuto dal Signore e che va vissuto totalmente, senza compresso alcuno. 
“Nell'Ultima Cena –scrive il Papa- siamo nati come sacerdoti: ecco perché è bello e doveroso ritrovarci nel Cenacolo, condividendo la memoria, colma di riconoscenza, dell'alta missione che ci accomuna. Il ministero ordinato, che mai può ridursi al solo aspetto funzionale, perché si pone sul piano dell'«essere», abilita il presbitero ad agire in persona Christi e culmina nel momento in cui egli consacra il pane e il vino, ripetendo i gesti e le parole di Gesù nell'Ultima Cena. Dinanzi a questa straordinaria realtà rimaniamo attoniti e sbalorditi: tanta è l'umiltà condiscendente con cui Dio ha voluto così legarsi all'uomo! Nell'Ultima Cena lo «stare con» Gesù raggiunse per gli Apostoli il culmine. Celebrando la Cena pasquale e istituendo l'Eucaristia, il divino Maestro diede compimento alla loro vocazione. Dicendo: «Fate questo in memoria di me», pose il sigillo eucaristico sulla loro missione e, unendoli a sé nella comunione sacramentale, li incaricò di perpetuare quel gesto santissimo. Mentre pronunciava quelle parole: «Fate questo...», il suo pensiero si estendeva ai successori degli Apostoli, a coloro che avrebbero dovuto prolungarne la missione, distribuendo il Cibo della vita fino agli estremi confini della terra. Ben a ragione, pertanto, il popolo cristiano, mentre da una parte ringrazia Iddio per il dono dell'Eucaristia e del Sacerdozio, dall'altra non cessa di pregare perché mai manchino sacerdoti nella Chiesa. Non è mai sufficiente il numero dei presbiteri per far fronte alle crescenti esigenze dell'evangelizzazione e della cura pastorale dei fedeli. In alcune parti del mondo la loro scarsità si avverte oggi con maggiore urgenza, perché si assottiglia la schiera dei sacerdoti, senza che ci sia un sufficiente ricambio generazionale. Altrove, grazie a Dio, si assiste ad una promettente primavera vocazionale. Va inoltre aumentando nel Popolo di Dio la consapevolezza di dover pregare e operare attivamente per le vocazioni al Sacerdozio e alla Vita consacrata”.

4. Il mio pensiero, Cari confratelli, va alla realtà della nostra Provincia. Da anni stiamo registrando una crisi vocazionale senza precedenti. Bisogna, come ha evidenziato l’ultima nostra assemblea provinciale, dare più spazio e tempo alla promozione ed animazione vocazionale, che sia espressione di una convinzione profonda della dignità della vita consacrata e sacerdotale anche oggi. 
Da alcuni anni, sappiamo bene, che quanti entrano ed iniziano un percorso di formazione, ad un certo momento lasciano senza pensarci eccessivamente. Perdite dolorose, perché hanno interrotto un cammino in vista della meta sacerdotale, magari prossima o appena conseguita. Stessa situazione anche per coloro che hanno lasciato il sacerdozio negli ultimi anni, e sono stati diversi, per motivi che solo Dio conosce nel loro intimo. Li ricordiamo con affetto e preghiamo per loro. Non meno dolorosa è per noi la situazione di alcuni confratelli che hanno, seppure temporaneamente, lasciato l’istituto ed hanno privato la nostra provincia di un valido aiuto, ed ora vivono fuori convento e si dibattono tra l’andare via definitivamente o ritornare per sempre tra noi, dopo la lunga verifica vocazionale o assenza dal convento per permessi ed autorizzazioni ottenuti dai legittimi superiori. La Provincia sarebbe ben lieta di poterli riavere tutti, ma con uno spirito di totale disponibilità alla volontà di Dio. Ma la Provincia è riconoscente soprattutto a quanti, nonostante le difficoltà, i problemi quotidiani, le incomprensioni, le sofferenze di ogni genere hanno conservato la vocazione e lavorano costantemente sulle loro persone e psicologie per mantenere vivo dentro di loro il dono e mistero del loro essere di Dio in modo singolare, come è la consacrazione sacerdotale.

5. Tuttavia, di fronte alla crisi vocazionale, si fa urgente pregare più insistentemente perché il Signore mandi numerosi operai nella sua vigna e solleciti nel cuore di tanti giovani una risposta di impegno totale per Lui. Le vocazioni sono un dono di Dio. Se non arrivano bisogna interrogarsi e capire il perché, ma anche operare perché vengano accolte e sostenute dalla comunità dei credenti.
“È la preghiera, avvalorata dall'offerta silenziosa della sofferenza, - ci ricorda il Santo Padre - il primo e più efficace mezzo della pastorale vocazionale. Pregare è mantenere fisso lo sguardo su Cristo, fiduciosi che da Lui stesso, unico Sommo Sacerdote, e dalla sua divina oblazione, scaturiscono in abbondanza, per l'azione dello Spirito Santo, i germi di vocazione necessari in ogni tempo alla vita e alla missione della Chiesa. Gesù ha chiamato noi e, per molteplici strade, continua a chiamare tanti altri ad essere suoi ministri. Dal Cenacolo Cristo non si stanca di cercare e di chiamare: sta qui l'origine e la perenne sorgente dell'autentica pastorale delle vocazioni sacerdotali. Di essa, Fratelli, sentiamoci i primi responsabili, pronti ad aiutare quanti Egli intende associare al suo Sacerdozio, perché rispondano generosamente al suo invito”.

6. Alla preghiera deve corrispondere uno stile di vita sacerdotale, che sia promotore di vocazione per proprio conto. La testimonianza vale molto di più di mille iniziative poste in essere senza cuore e senza convinzione, soprattutto di ordine materiale ed operativo. Scrive, infatti, il Papa che “prima e più di ogni altra iniziativa vocazionale, è indispensabile la nostra fedeltà personale. Conta la nostra adesione a Cristo, l'amore che nutriamo per l'Eucaristia, il fervore con cui la celebriamo, la devozione con cui l'adoriamo, lo zelo con cui la dispensiamo ai fratelli, specialmente ai malati. Gesù Sommo Sacerdote continua a invitare personalmente operai per la sua vigna, ma ha voluto aver bisogno fin dagli inizi della nostra attiva cooperazione. Sacerdoti innamorati dell'Eucaristia sono in grado di comunicare a ragazzi e giovani lo «stupore eucaristico», che ho inteso ridestare con l'Enciclica Ecclesia de Eucharistia ”. 
Ed infine, non dimenticate che i primi «apostoli» di Gesù Sommo Sacerdote siete voi: la vostra testimonianza conta più di qualunque altro mezzo e sussidio. La vostra peculiare missione nella Chiesa esige che siate «amici» di Cristo, contemplandone assiduamente il volto e ponendovi docilmente alla scuola di Maria Santissima. Pregate incessantemente, come esorta l'Apostolo (cfr 1Ts 5,17), ed invitate i fedeli a pregare per le vocazioni, per la perseveranza dei chiamati alla vita sacerdotale e per la santificazione di tutti i sacerdoti. Aiutate le vostre comunità ad amare sempre più il singolare «dono e mistero» che è il Sacerdozio ministeriale”.

7. Questa Lettera del Papa sulla dignità di noi sacerdoti di Cristo deve aiutarci ad immetterci in quel clima di spiritualità, tipico del Triduo pasquale. Dalla celebrazione di esso, tutti i nostri sacerdoti, ovunque si trovino in questi giorni, nei conventi o nei luoghi di predicazione itinerante, o nei letti di sofferenza, vogliamo uscire fortificati nella convinzione che l’essere sacerdote oggi ha lo stesso valore di sempre, anche se cambiano i contesti sociali e, come spesso è avvenuto per altre realtà sacre, il sacerdote ha perso la sua vera identità di essere totalmente di Cristo, sommo ed eterno sacerdote.
Carissimi confratelli nel sacerdozio riscopriamo la gioia di questo grande dono e mistero che ci ha coinvolto direttamente da una vita intera oppure semplicemente da breve tempo. Tutti, come ministri ordinari dei sacramenti della vita cristiana, dobbiamo avere chiara l’idea, che quanto più santi e spirituali siamo, quanto più ci dedichiamo alle cose di Dio, quanto più ci manteniamo fedeli ai nostri impegni, quanto di più sappiamo amare prima di tutto Dio, tanto più chi ci osserva e ci guarda, non senza sospetti, apprezzerà in noi il nostro essere sacerdoti e ministri del Signore. Quanto più, invece, ci vedono equiparati a loro, potremmo risultare simpatici e significativi per un certo periodo, ma poi ci pesano sulla bilancia della santità e se pende da tale lato continuano a seguire la nostra strada; altrimenti cambiano facilmente per andare in cerca del sacerdote vero, del sacerdote santo, del sacerdote che ama fino a donare la vita per gli altri.

8. Mi preme concludere questa lettera fraterna con quanto scrive il nostro Fondatore, San Paolo della Croce, a P.Antonio Pastorelli di S.Teresa, della Comunità di Ceccano, il 12 gennaio 1765, nell’imminenza della sua ordinazione sacerdotale: “Si ricordi però che ora è obbligato a maggior perfezione ed essere vero imitatore di Gesù Cristo; imparando, dal celebrare ogni giorno, i costumi santissimi di Gesù Cristo, massime l’umiltà di cuore, l’obbedienza perfetta, la mansuetudine, la pazienza e la perfetta carità con Dio e col prossimo. Dio guardi a quel sacerdote che s’intiepidisce nei principi, segno poco men che evidente di sua condannazione! Pertanto lei s’avvezzi a celebrare i sacrosanti, tremendi misteri con grande apparecchio che deve essere continuo, colla santità della vita, con fervido e lungo ringraziamento mentale dopo: si impratichisca bene delle rubriche del Messale, che è preciso obbligo, ecc. Sia amantissimo della santa orazione, ad imitazione di S.Teresa, faccia grand’abito al raccoglimento e solitudine interna, e tutto ciò le riuscirà se starà volentieri in cella, osservantissimo del silenzio, fuggendo tutte le occasioni possibili di parlare. Studi e si abiliti per aiutare i prossimi. Celebri sempre come se fosse l’ultima volta, e si comunichi per viatico ogni mattina, come faceva san Bonaventura”.

9. Carissimi Confratelli sacerdoti, in questo speciale giorno di festa per noi, vi auguro di celebrare non solo il Giovedì Santo con tali sentimenti nell’animo, ma tutti i giorni della nostra vita, a partire dalla prossima solennità della Pasqua del Signore, che è anche risurrezione del nostro essere sacerdoti in Cristo per sempre.
La Vergine Addolorata e della Risurrezione, San Paolo della Croce e tutti i Santi e Beati passionisti ci aiutino ogni giorno a comprendere il grande dono del sacerdozio cattolico che abbiamo ricevuto e ad essere riconoscenti al Signore per la chiamata a questo singolare stato di vita a servizio di Dio e dell’umanità di questo tempo difficile e problematico. 

Napoli 08 aprile 2004

Padre Antonio Rungi
antonio.rungi@tin.it

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