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La sindrome di “Giuda Iscariota” che potrebbe manifestarsi in noi.
05 aprile 2004.


Riflessione di Lunedì 05/04/2004


Da poco abbiamo “consumato” il rito della Domenica delle Palme e già la liturgia del Lunedì Santo ci riporta alla realtà di tutti i giorni con i suoi problemi e le sue angosce. Dico “consumato”, perché anche feste importanti come la Domenica delle Palme, alla fine dei conti, si riducono ad una questione di interessi. Ricordo da piccolo che aspettavamo questo giorno perché con la palma benedetta ci presentavamo nella casa dei vari parenti, che non potevano fare a meno di mettere mano alla tasca e darci qualche soldino. Una tradizione che, ancora oggi, in diverse parti d’Italia regge. Ed i bambini erano felici perché potevano comprarsi qualcosa per loro, forse un piccolo gelato tanto desiderato e mai avuta la possibilità di acquistarlo, in quanto si viveva di stenti e sacrifici. Oggi le piccole somme di denaro non vengono accettate, da chi è abituato ad avere la paghetta tutti i giorni dai propri genitori e parenti vari. Il tutto viene destinato al consumo di pizza, ai viaggi, divertimenti, strumenti dell’elettronica, allo svago e tempo libero ed altre infinite cose, se non addirittura per acquistare cose dannose e illecite.
Ritornando a noi, è interessante il testo del Vangelo di questo speciale Lunedì, che è detto liturgicamente “santo”, in quanto siamo nei giorni della Passione di Cristo, che ci preparano all’annuale solennità della Pasqua di Domenica prossima.
“Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento danari per poi darli ai poveri?”. 
Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”.
Due i motivi di riflessione che ci suggerisce il testo. Da un lato l’amica di Gesù, Maria di Betania, che come sempre accoglie con gioia nella sua casa il Maestro ed esprime rispetto, venerazione, attenzione nei modi più gentili possibili, ma che nascono dal cuore e sono sinceri. Dall’altro, il comportamento di uno dei Dodici, Giuda, che già nel Vangelo viene classificato come “ladro”, che preso apparentemente dalla generosità, dalla solidarietà, contando sui soldi e risparmi altrui, si lamenta del gesto fatto da Maria di cospargere i piedi di Gesù con unguento profumato. A quanto sembra doveva essere costoso, se Giuda, dice: “perché non si è venduto per trecento denari” invece di sprecarlo così?
Il commento è chiaro e ci fa capire il senso di questo suo comportamento. “Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro”. Bisogna sempre sospettare di chi è troppo interessato alle casse e soprattutto se i risparmi si dicono finalizzati ai poveri. Quanta gente, fatta le dovute eccezioni, promuovere campagne di ogni genere per aiutare i tanti poveri che esistono nel mondo e spesso queste offerte non giungono a destinazione? Scandali nel passato ed oggi si registrano un po’ dovunque e in tutti gli ambienti. Perciò, bisogna essere attenti a chi si dona e se effettivamente le somme donate vanno per lo scopo preciso.
Un altro motivo che ci fa riflettere è quell’affermazione categorica che Gesù esprime in quel contesto di “interessi” plurimi e diversificati: “i poveri li avrete sempre con voi”. 
Dalla bontà e generosità di Maria di Betania passiamo all’attaccamento morboso al denaro da parte di Giuda. Questa è una “malattia” che prende un pò tutti, specie di questi tempi. Il denaro è un mezzo, anche se vogliamo, indispensabile, ma non è il fine dell’esistenza umana. Il denaro deve essere al servizio del prossimo, per la crescita morale e spirituale, culturale e sociale del popolo, non deve essere l’eterno idolo di sempre. C’è chi vive per accumulare denaro, senza neppure utilizzarlo per le esigenze più legittime di questo mondo, perché è un avaro consumato. C’è chi il denaro lo guadagna disonestamente, rubando agli altri, come nel caso di Giuda, mosso dalla sete irrefrenabile del possedere e del godere. C’è chi mette da parte e conserva e poi i parenti e conoscenti consumano e si godono la vita. C’è chi sa fare anche grandi gesti di generosità, donando interi e consistenti patrimoni per il bene degli altri e della società. 
Come dire, una molteplicità di approccio al denaro, che può essere letto nel duplice atteggiamento di Maria di Betania, che non pensa ai soldi, che spende e manifesta a Gesù tutto il suo affetto ed il suo attaccamento, versandogli una libbra di olio profumato, di vero nardo, assai prezioso, sui piedi di Gesù per poi asciugarli con i capelli; e, dall’altro, l’atteggiamento di Giuda, arrabbiato per la discepola di Gesù che aveva sprecato ciò che poteva servire a lui, più che ai poveri a cui fa riferimento in modo strumentale.
Ritornando ai quei poveri che avremo sempre con noi, tale espressione potrebbe intendersi che nel mondo ci saranno sempre ingiustizie, ci saranno sempre i ricchi da un lato ed i poveri dall’altro. Una prospettiva di una società giusta senza più poveri e senza più ricchi, come aveva ipotizzato il maxismo degli anni e secoli passati, sembra cozzare con questa affermazione evangelica. Credo che la verità stia proprio qui in questa espressione di Gesù. Ed è chiaro che Gesù si riferisca ad una categoria molteplice di poveri, compresi quelli che sono vuoti interiormente e sono attaccati ai soldi morbosamente. Pur possedendo non sanno essere felici. La società ideale di equilibrio sociale mondiale sembra una vera chimera. D’altra parte, la storia è limpida ed è facilmente leggibile: è storia di ricchi e poveri, di potenti e deboli, di presuntuosi ed umili. Rispetto a queste situazioni, frutto dell’egoismo umano, i cristiani sono chiamati in causa a contribuire al cambiamento di mentalità e a fare affermare una società più giusta e a misura d’uomo, dove ad ognuno venga assicurato il suo e viva una vita degna di essere classificata come umana. 
E’ possibile costruire una società più giusta, se il Vangelo viene accolto nella sua interezza, perché solo partendo da una prospettiva d’amore e non di interesse egoistico che il mondo può davvero cambiare in meglio ogni giorno, anche se l’ideale sarà raggiungibile nell’eternità. 
Ma bisogna lavorare, perché si affermi la giustizia ed i poveri siano sempre meno, anche, purtroppo, continueranno ad esserci. Guardando intorno ai noi, ci sono tante povertà materiali, morali e spirituali che dovremmo eliminare con la generosità di un servizio umile e disinteressato verso i fratelli più bisognosi della Terra. Ma sono discorsi che facciamo normalmente in tutti gli ambienti, compreso quello ecclesiastico e religioso, più in generale, ma solo pochi sanno concretamente attuarlo, scegliendo la strada della carità come via maestra per la santità e per giustizia sociale. 
Esempi mirabili di questa radicalità del Vangelo vissuta fino all’eroismo ai nostri giorni è stata la Beata Madre Teresa di Calcutta. Per cui, è possibile conciliare le istanze del Vangelo della carità, con le altre istanze di carattere economico e sociale. Basta dare uno spessore morale a quanto è di economico e sa di economia. C’è un’etica economica dalla quale non bisogna prescindere per far emergere solo ed esclusivamente gli interessi di alcuni, che poi, alla fine, si ritorcono contro tutti.
Ci sia di aiuto in una rinnovata volontà, da parte di tutti noi cristiani, quanto leggiamo oggi nel libro del profeta Isaia: Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Così dice il Signore Dio che crea i cieli e li spiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: “Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre”.
Solo chi non vuole vedere e vuole restare nella sua cecità morale ed intellettiva non sa capire il senso di un invito che ci viene direttamente da Gesù: “Non si può servire a Dio e a Mammona”, ovvero Dio e il denaro. Non si possono conciliare le due cose antitetiche. Chi ama davvero Dio è distaccato dal denaro e dai beni temporali e sa essere generoso in modo autentico; chi ama il denaro è distaccato da Dio ed è incapace di fare gesti di generosità. 
Un “Giuda Iscariota” è sempre in agguato dentro di noi e nei nostri contesti umani e sociali, soprattutto se sono in ballo i soldi ed il denaro. 
La “sindrome di Giuda Iscariota” la dobbiamo tenere a bada e se possibile rimuoverla dai nostri orizzonti mentali ed economici del vivere sociale. 

Napoli 05 aprile 2004

Padre Antonio Rungi
antonio.rungi@tin.it

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