La forza delle idee che portano al bene
26 marzo
2004.
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L’uomo è grande perché è capace di pensare, di progettare, di realizzare. E’ grande perché è dotato di intelligenza e di volontà. Tali facoltà le può impegnare per fare il bene e per operare il male. C’è una forza delle idee dentro di noi che, senza neppure saperlo, si sprigiona fuori di noi e si traduce in azioni. Se, profondamente, l’uomo è stato pensato e creato per il bene, da dove vengono a lui tutti i pensieri ed i progetti di male. Una spiegazione c’è e si trova nella sua libertà, nella sua capacità di poter scegliere una strada rispetto ad un’altra, optare per una soluzione rispetto ad un altro. E’ un essere intelligente e pertanto anche libero. Intelligenza e libertà fanno parte del Dna dell’essere umano. C’è un’intelligenza che porta alla vera libertà ed al vero bene, c’è un’intelligenza che porta alla schiavitù e al male. E’ evidente che, continuamente, siamo posti di fronte ad un bivio. Bisogna essere in grado di scegliere continuamente, nelle pine facoltà di intendere e di volere, la strada che più ci conviene. Non sempre imbocchiamo la strada giusta, quella che ci rende liberi il cuore, ci fa essere creativi e produttivi di idee nuove, propositive per noi e per chi ci è intorno. In realtà, dovremmo essere sempre generatori di idee nuove, di progetti nuovi. Non bisogna fermarsi, né stabilizzarsi per non produrre null’altro. C’è dentro di noi una dinamicità di pensiero che è necessario far esplodere in attività ed azioni di bene.
E vediamo cosa possiamo produrre di bene, mediante il nostro pensare veramente libero e intelligente.
Una prima idea da mettere in campo in questo tempo di pensiero debole è quella della spiritualità umana. L’essere umano possiede un’anima spirituale ed immortale. Egli è un essere per la vita e non per la morte; è un essere capace di grandi gesti di amore, di dedizione, di solidarietà. C’è una spiritualità tipica dell’essere umano, che non implica necessariamente l’aggancio con una spiritualità confessionale o religiosa. Certamente tale spiritualità di base, si indirizza verso scelte di fede o di assenza di fede, che ha un suo senso. Recuperare questa spiritualità fondamentale significa costruire veri ponti di incontro tra tutti gli esseri umani presenti nel mondo, senza eccezione di qualcuno.
Una seconda idea è quella della praticità. Ogni idea diventa progetto, o meglio ogni sogno può diventare realtà. Molto dipende da noi, dalle nostre capacità inventive, ma anche operative. Non basta essere solo mente, ma è opportuno essere anche braccio, altrimenti c’è il rischio di rimanere a livello ideale. E tutto ciò che è ideale diventa nella esperienza concreta della quotidianità qualcosa da accantonare, magari da prendere in considerazione in altro tempo della propria storia personale e della storia degli altri. Essere uomini e donne concrete ed operative, significa scendere dal piedistallo della creatività per portarsi ai livelli della normalità, quella che ci fa capire gli altri, relazionarci agli altri. Troppe persone sono semplici sognatori; mentre altri sono soli operatori. Tra pensare e fare non sempre scorre buon sangue, esiste, a volte, una conflittualità nella persona, piuttosto che negli stessi concetti. La conciliabilità delle due cose è possibile.
Premesse queste due idee, tutto il resto ne viene di conseguenza. Così se penso in termini pacifici, agiscono in modo che la pace la costruisca davvero nel mio piccolo. Se penso in termini solidaristici, agisco in modo da aiutare con le mie forze chi non ha nulla o non può fare nulla. Se penso in termini spirituali, agisco in modo che la mia interiorità trovi spazi e luoghi per esprimersi nella giornata o nel tempo della mia storia; se penso in termini di accoglienza e di tolleranza, agisco in modo da non escludere nessuno dal mio orizzonte umano.
Ecco queste sono le premesse per quella forza delle idee che dobbiamo far passare in un mondo senza idee, ma con un solo costante pensiero quello dell’odio e della violenza, quello della conflittualità permanente, quello del rifiuto di tutto ciò che è diverso da noi. Nella tolleranza e nella accettazione degli altri, tuttavia, bisogna fare i conti con la propria identità di cultura e di provenienza sociale. Nessuno essere al mondo può modificare radicalmente ciò che è stato in passato. Dovrebbe rinascere, ma non sarebbe se stesso, ma sarebbe un'altra persona. L’identità personale è irripetibile, anche perché tale identità scaturisce da un insieme di fattori, che non sono solo genetici ed ereditari, ma anche acquisti nella concreta realtà della nostra vita..
Tutto ciò ci deve aiutare ad entrare in una nuova mentalità, che è quella dell’accettazione serena e responsabile di quel che siamo, fossimo anche le persone più fragili e difficili di questo mondo. Purché abbiamo un’idea, vera o falsa che sia, di quel che siamo. L’assenza dell’acquisizione della nostra identità personale, ci proietta in un mondo che non siamo più noi, ma che appartiene agli altri e che noi semplicemente riproduciamo, come una fotocopiatrice che, dall’originale, emette una serie di copie, più o meno tutte uguali, oppure come un processo di clonazione che porta a raddoppiare, triplicare all’infinito uno stesso modello di essere o di cose da riprodurre.
Noi siamo per l’originalità e non per la massificazione, siamo per la creatività e non per la staticità, siamo per un continuo rinnovamento e non per un bloccaggio eterno. E si sa che per rinnovare ci vuole la forza delle idee e della volontà, soprattutto se ad investire saremo nel campo del bene e del positivo, perché ad ideare e progettare il male ci vuole poco o nulla per poterlo pensare e fare. D’altra parte, il Vangelo è esplicito al riguardo, i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce.
Napoli 26 marzo 2004
Padre Antonio Rungi
antonio.rungi@tin.it
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