45º Capitolo Generale dei Passionisti
ROMA 1 - 23 OTTOBRE 2006
UNA SPIRITUALITA’ PER LA RISTRUTTURAZIONE
0. Ambientazione
a. Buon giorno. Rivolgo a tutti un saluto fraterno.
b. Il P. Fernando Rabanal CP,(provinciale di Saragoza) mi trasmise l’invito del Padre Generale di accompagnarvi con la mia riflessione all’inizio di questo capitolo. Dissi di no una prima volta, perché consideravo questo compito superiore alle mie forze ed alle mie capacità. Dissi di no una seconda volta, e la terza accettai. Secondo le parole del Padre Generale il mio compito sarebbe il seguente: “Riscaldare i cuori ed illuminare la mente con un intervento profetico sulla vita religiosa… O una comunicazione sulla ristrutturazione nel contesto della vita religiosa”.
Forse è stata un’imprudenza accettare questo invito!
c. Feci un piccolo schema per preparare le mie riflessioni. Ma dopo José Luis Quintero mi inviò diversi materiali: gli Atti del vostro Sinodo del 2004, il Compendio delle risposte al Questionario, Le Costituzioni dei Passionisti. Ho letto e studiato il tutto, traendone molto frutto per me. Ma nel leggere questo materiale mi sono reso conto che ciò che io pensavo dirvi era già detto e molto meglio. Ebbi la tentazione di dire di nuovo no all’invito, ma sono un po’ timido e questa timidità mi ha recato molte complicazioni nella mia vita, come questa. Quindi la colpa di essere qui è solo mia.
d. La mia resistenza nell’accettare questo impegno obbediva a due motivi:
i. Il vostro è un auditorio troppo selezionato o di molta categoria per me: non credo che possa dire nulla che voi non sappiate o su cui non abbiate già riflettuto.
ii.Ma soprattutto sento una resistenza crescente a parlare sugli stessi temi della vita religiosa, una volta dopo l’altra, perché può succedere che la parola o il discorso diventino un pretesto per eludere o rimandare la re-azione, l’impegno, la conversione, nel vostro caso, la ristrutturazione.
iii.Io credo che è stato detto già quasi tutto sulla vita religiosa.
iv.E’ giunto il momento di porci domande assai dirette, assai sincere, assai personali.
1. Cosa siamo disposti a fare per re-agire nel momento attuale, per ristrutturare la Congregazione?
2. In cosa siamo disposti a cambiare?
v. Ciò che diciamo al margine di queste domande o delle risposte alle medesime è inutile e può perfino procedere dal maligno. Fuori dalla verità tutto si costruisce falsamente.
vi.io non vorrei aggiungere molte parole, e vorrei che fossero parole di incoraggiamento. Ma le parole di incoraggiamento non devono stare al margine della realtà.
vii.Comunque, ringrazio per l’invito. E mi sento a mio agio tra di voi passionisti. Ho gradito molto l’ultimo incontro a Saragozza.
e. Credetemi, ho riflettuto molto per preparare queste riflessioni, per dire, non qualcosa di nuovo o di spettacolare, ma semplicemente qualcosa di sincero da parte mia ed utile per voi. Non so se l’otterrò.
i. Ho letto con molta attenzione i materiali che mi ha mandato José Luis Quintero, ed altri materiali sulla situazione attuale della vita religiosa…; ho consultato alcune mie cartelle recenti e non così recenti sul tema…; sono rimasto sopraffatto da tante idee.
ii. Alla fine ho messo tutto da una parte ed ho deciso di fare davanti a voi alcune riflessioni quasi sotto forma di meditazione sulla situazione attuale della vita religiosa e le sfide che ci presenta. Desidero condividere alcune mie convinzioni sul tema. Non so se risponderò alle vostre aspettative. Ma il Padre Generale non fu molto esplicito nell’esplicitare il tema.
f. Lascio a voi il compito del governo, perché a questo serve un Capitolo, a discernere e decidere.
PRIMA CONVINZIONE: Secondo me il problema di fondo della vita religiosa oggi è un problema di spiritualità, ma questa parola bisogna prenderla sul serio.
a.Tutti i vostri documenti attorno alla ristrutturazione indicano la necessità di animare il carisma e la spiritualità passionista ed impostare di nuovo le presenze ed i ministeri della Congregazione. Ciò suppone cambiamenti istituzionale importanti.
b.Ma la viabilità di questi cambiamenti dipendono, in buona parte, dalla capacità di cambiamento dei membri della Congregazione. Quindi, la faccenda che avete tra le mani è sia costituzionale che personale.
c.Il problema di fondo della vita religiosa è oggi un problema di spiritualità. Abbiamo bisogno di una spiritualità per il cambiamento, per la ristrutturazione, di risorse teologali per essere capaci di cambiare. Come voi dicevate nel Sinodo del 2004, la ristrutturazione non è un problema semplicemente giuridico, “ha bisogno di energia dello Spirito”. Altrimenti non saremo capaci di cambiare nulla, o cambieremo tutto e non sarà successo nulla di importante nella Congregazione. Se manca questa dimensione teologale o questa esperienza di Dio, un religioso tradizionale finisce per essere un fariseo intransigente ed intollerante; senza questa dimensione teologale un religioso progressista e liberale finisce per essere un frivolo e banale, ed anche intransigente ed intollerante.
d.Per lo meno abbiamo bisogno di audacia per porci in situazioni di cambiamento: altrimenti il volontarismo, il proposito di emendamento, le buone intenzioni… falliranno. Nelle risposte al questionario ci sono riferimenti a frustrazioni di questo tipo, perché sono stati fatti tentativi di ristrutturazione prima e finirono nel nulla. A
volta non cambiamo perché vogliamo, ma perché le circostanze ci obbligano a cambiare ed a favorire il nostro cambiamento.
e.Lasciamo dialogare prima i sociologi ed i mistici, in modo da vedere cosa deve mettere ciascuno in questa urgenza di cambiamento, e chi deve muovere per prima la pedina.
f.Sono convinto che se la ristrutturazione deve avere successo, i fratelli della Congregazione devono caricarsi di molta fede, speranza e amore, che sono le tre virtù teologali.
SECONDA CONVINZIONE: La vita religiosa in generale (probabilmente anche la vostra Congregazione) si trova in una situazione critica, in un momento critico.
a.Alcuni chiarimenti.
i.Non si tratta né di pessimismo, né di Apocalisse, né di catastrofe…
ii.Si tratta di assumere con realismo e lucidità i cambiamenti culturali e sociale (ed anche alcuni cambiamenti ecclesiali) che stanno avvenendo e che interpellano radicalmente i modelli esistenti della vita religiosa. C’è in giro una sensazione generalizzata secondo cui l’attuale modello della vita religiosa sta giungendo al termine. Bisognerà cercare altri modelli che ci aiutino a vivere il Vangelo con gusto e con sapore, e ci permettano di trasmetterlo al mondo attuale.
b.Solamente alcuni esempi di cambiamenti culturali che toccano i fondamenti classici della vita religiosa, i voti.
i.La sessualità è considerata oggi un valore positivo, non un nemico della vocazione umana.
ii.La povertà è considerata come una disgrazia, non come un ideale evangelico.
iii.L’autonomia è un ideale ed un valore irrinunciabile.
iv.Conclusione. Cosa significano i voti oggi? Che senso hanno? Si possono riconvertire nella cultura moderna e postmoderna?
c.Il mondo diventa sempre più globale. Forse noi stiamo diventando più provinciali, cioè più afferrati alle nostre strutture provinciali e vicariali, ai nostri limiti culturali?
d.Nella vita religiosa molte cose sono cambiate e stanno cambiando, al margine delle nostre intenzioni, ma forse mancano i cambiamenti più importanti e decisivi. Per questo si trova in questa situazione critica.
i.Siamo passati dal modello classico e disciplinare della vita religiosa al modello liberale e postconciliare, ma siamo rimasti istallati su questo punto, sapendo che ci sono sfide da affrontare.
ii.”Siamo meno, più vecchi…, ma conserviamo le stesse opere” (salmo responsoriale). Il tempo è cambiato, ma forse non siamo cambiati a fondo. O sono cambiate le nostre circostanze, e noi non siamo cambiati o non ci siamo resi conto dei cambiamenti.
iii.Scarseggiano le vocazioni, ma né siamo capaci di modificare il nostro modello di vita religiosa, né di rivedere e ristrutturare le nostre presenze ed i nostri ministeri. (Il tema vocazionale non è una questione di pesci, uova e latticini, come nelle origini della Congregazione).
iv.E qualcosa che sta avvenendo nella vita religiosa, e che secondo me è grave: proporzionalmente, molti giovani stanno abbandonando la vita religiosa. Cosa succede? Bisogna evitare risposte semplicistiche.
e.Alcune conclusioni
i.Tutto indica che ci troviamo in un momento critico, spinti da cambiamenti profondi.
ii.So che ci sono nella Chiesa e nella vita religiosa persone che credono che la soluzione sta nel ritorno ai vecchi tempi della disciplina e dell’osservanza regolare. Voi potete discuterlo. Io credo che il futuro della vita religiosa non sta nel passato, anche possa questa essere la tentazione in momenti critici come questo. E’ urgente per la Congregazione promuovere la fedeltà verso lo straordinario carisma delle origini, ma non c’è fedeltà senza attualizzazione. San Paolo della Croce seppe cambiare le cosa fino a poco tempo prima di morire, per essere fedele al Vangelo. Non dovrete farlo anche voi? (Lo stesso successe nelle origini domenicane: solo 25 anni dopo la fondazione Tommaso
d’Aquino ed Alberto Magno consigliarono ai domenicani di leggere i libri dei pagani, che San Domenico aveva proibito. Tutto questo per essere fedeli al carisma ed all’ideale di Domenico: la ricerca ed il servizio alla verità).
iii.L’urgenza di cambiamenti profondi ha un’altra ragion d’essere molto più personale ed esistenziale: c’è molta tristezza, sconcertamento, solitudine nella vita religiosa. La qualità della vita umana non è molto elevata. E la salute psichica sta diminuendo. I superiori sanno bene che ogni volta i problemi aumentano e le situazioni personale sono di difficile gestione.
iv.Anche se nella storia della vita religiosa ci sono state altre situazioni critiche, questa è la nostra. Affrontare questa situazione critica è una sfida spirituale. Voi passionisti esperti nella passione per Cristo e nella passione per il mondo, dovreste saper gestire questi momenti di crisi come un momento pasquale, un momento di morte-vita, come un esercizio dell’ ars morendi. E’ importante “imparare ad invecchiare”. Vedo che sono molte giuste alcune riflessioni dei vostri documenti che leggono questo momento di fragilità e di vulnerabilità come un segno dei tempi per il carisma passionista. Mi sembra molto opportuno che parliate “della natura pasquale del cambiamento” o di “affrontare la ristrutturazione con l’ottica del mistero pasquale”.
TERZA CONVINZIONE: Ci sono una serie di reazioni dinanzi a questa situazione critica che ci fanno più male che bene, come direbbe San Paolo ai Corinzi.
a.Ignorare la situazione: Credere che la faccenda è passeggera, aspettare che la tormenta passi, aspettare tempi migliori. E così la vita passa, e lasciamo spazi vuoti. Una specie di morte per inanizione. Arriviamo troppo tardi sia per la diagnosi che per la terapia. Nelle risposte ai vostri questionari, si allude frequentemente a mezzi che rendono difficile o ritardano la ristrutturazione. Una brutta reazione.
b.Cercare spiegazioni infinite ed eternizzare il lavoro:
i.Questa suele essere la tentazione di Capitoli, Sinodi ed Assemblee.
ii.E' necessario ed importante, ma è insufficiente. Può condurre alla frustrazione. Alla fine terminiamo con non credere alle nostre stesse parole ed ai nostri documenti. Quanti di voi siete saturi del discorso sulla ristrutturazione?
iii.Spiegare le cause non è risolvere i problemi: ragionare non è re-agire.
iv.Nelle comunità e nei capitoli è bene avere persone con un po’ di buon senso, con senso pratico, con olfatto… per non perderci in discorsi e proposte inviabili. Mi sembra che "la viabilità" sia nel nostro caso un criterio per la ristrutturazione.
c.Cercare colpevoli e capri espiatori per eludere responsabilità e liberarci dalle nostre frustrazioni personali ed istituzionali:
i.E' importante esigere responsabilità. Bisogna rispondere dei ministeri che ci sono stati affidati, dal Generale, al Procuratore, al Provinciale, tutti i Superiori Maggiori ed i loro consigli, i Rettori…
ii.Ma diverso è cercare i colpevoli: ciò suppone abbandonare la presunzione di innocenza ed attribuire attuazioni, no all'errore o alla fragilità, bensì ad una cattiva idea, a cattive intenzioni…
iii.Non risolve u problemi ed aggrava il problema della convivenza.
d.Fare esercizi di sopravvivenza (istituzionali e personali).
i.Segnalo alcuni a livello istituzionale: (Quasi sempre sono inconsapevoli, ma a questo serve un capitolo, per essere coscienza critica a livello istituzionale).
1.Riparare la pianta fisica. Mai abbiamo avuto tante opere.
2.Scrivere la storia e contare le glorie del passato. Mai tanta storia.
3.Scrivere documenti belli. Mai tanti e bei documenti come nel postconcilio. (Mi sono sembrate straordinarie le Costituzioni rinnovate dopo il Concilio).
4.Mantenere opere malgrado essere giunti alla fine del loro ciclo.
5.E perfino la promozione vocazionale, se è ossessiva e non ha altro obiettivo che la sopravvivenza istituzionale.
ii.A livello personale gli esercizi di sopravvivenza sono molti:
1.Dedicarsi alla tristezza ed al pianto.
2.Cercare consolazioni sensibili, come direbbe Santa Teresa. Questo è un rischio nelle società del benessere, ma anche nelle altre.
3.Rinchiudersi nell'individualismo. "Si salvi chi può".
4.L'attivismo sfrenato, che a volte falsamente chiamiamo zelo apostolico.
5.La routine conventuale o la noia monastica, o il dedicarsi semplicemente ad uccidere il tempo.
6.Alcuni hobbies (ruolo svolto dal computer e da Internet nella vita religiosa).
iii.Solo un commento: Sopravvivere non significa vivere con dignità. A volte vuol dire vivere male, vivere senza qualità di vita, senza sapore e senza senso (V.Frankl diceva che il problema dell'essere umano non è il piacere, ma il senso. Senza piacere si può vivere, senza senso no. Molti dei nostri contemporanei lo sanno e bene. E forse anche molti nostri confratelli.)
e.Due reazioni urgenti e salutari:
i.Fare un esercizio di sincerità:
1.Un capitolo non deve lasciarsi ingannare dalla bellezza della parola o dalla retorica facile dei documenti.
2.Non deve dedicarsi a coltivare l'immagine di fronte al pubblico.
3.Bisogna porre nomi propri alle situazioni, ai problemi, ed alle soluzioni, mentre ci proponiamo mete ed ideali. La ristrutturazione è una meta da desiderare, ma ci sono veri ostacoli lungo il cammino. Non dovete nascondere questo ai vostri confratelli della Congregazione.
4. Questo è un esercizio di umiltà teologale, specialmente obbligatorio per uomini evangelici che diciamo essere ricercatori della verità.
5.In un capitolo non dobbiamo dire di più di quello che crediamo o più di ciò che siamo decisi a fare o a cercare di fare. Forse dobbiamo essere più sobri nelle parole, nei discorsi e dei documenti.
ii.Re-agire:
1.Fare qualcosa per affrontare la situazione. Oggi è urgente la ristrutturazione in tutti i livelli della vita religiosa.
2.Credo che in questo momento è preferibile prendere decisioni, anche se ci sbagliamo, prima di rimanere con le braccia incrociate in una specie di lenta agonia.
3.Sappiamo già qual è il risultato del ritardo nel prendere decisioni. Mi è piaciuto il cronogramma che avete fissato fino all'anno 2012.
QUARTA CONVINZIONE: Non è bene che nella vita religiosa i cambiamenti avvengano solamente per pressione delle circostanze o per fattori esterni. (Sarebbe un peccato che giungessimo ad essere poveri perché espropriati).
a.E' vero che molti cambiamenti nella vita religiosa hanno avuto e continuano ad avere luogo per circostanze storiche e fattori culturali, più che per propositi e intenzioni della vita religiosa stessa.
b.Che sebso ha la vita religiosa se è solo il prodotto di circostanze storiche e culturali? La vita religiosa perde tutto il suo significato quando non ha motivazioni evangeliche, né risorse teologali per reagire, per discernere a partire dal Vangelo i cambiamenti imposti dalla storia, per assumere alcuni liberamente ed opporsi ad altri controculturalmente.
c.Sarebbe triste che fossimo solo poveri per forza, o che tutte le nostre virtù fossero prodotto della necessità. Sarebbero virtù accompagnate da tristezza. ("Continenza con tristezza non è virtù" diceva Aristotele). Sarebbe triste che ci ristrutturassimo solo perché obbligati dalle circostanze.
d.Sono convinto che la vita religiosa cambia solamente nella giusta direzione, nella direzione del Vangelo, quando conta con risorse teologali, con una spiritualità del cambiamento. Ci sono cambiamenti che si assumono solo a partire dalla fede.
e.Oggi la vita religiosa ha bisogno di lucidità evangelica e di coraggio per assumere alcuni valori della cultura attuale (democrazia, libertà, autonomia, tolleranza, etc…) e per opporsi ad alcuni controvalori (l'assolutizzazione del mercato, la competetività, l'individualismo, etc….)
f.Hanno ragione coloro che affermano che la ristrutturazione non deve essere sola la risposta a necessità impellenti. Bisogna anche vederla "come una porta aperta a nuove possibilità".
QUINTA CONVINZIONE: Oggi abbiamo urgente bisogno di una spiritualità per il cambiamento istituzionale e personale, per la ristrutturazione.
a.Il cambiamento non è troppo raccomandabile quando è una moda, una forma per eludere la noia, un sintomo di instabilità e di incostanza.
b.Il vero cambiamento è quello che ci incammina verso la ricerca della verità e la realizzazione della medesima. (E' diverso cambiare casa perché siamo dei disadattati o perché non sopportiamo la convivenza, o cambiare perché la missione lo esige).
c.Il vero cambiamento suppone sempre la rinuncia a certe sicurezze (o false sicurezze) che ci vengono dal luogo, dai costumi, dalla routine, da uno spostamento verso ciò che è sconosciuto, ma anche la possibilità di crescita. Mi è piaciuta molto la metafora della "ristrutturazione" come una "porta aperta" sul futuro, e su nuove possibilità. In qualsiasi cambiamento bisogna contare con le rinunce, e per questo il cambiamento richiede una spiritualità, risorse teologali.
d.Per reagire dinanzi alla situazione attuale della vita religiosa si richiedono molti cambiamenti istituzionale. Ma questi non avvengono senza i cambiamenti personali: cambiamenti di mentalità, usi e costumi di vita, di comunità, di ministeri, di opere… I superiori lo sanno bene: molti piani istituzionali ben concepiti rimangono lettera morta perché manca disponibilità da parte delle persone.
e.E' giunto il momento di armonizzare l'autonomia della persona, il discernimento comunitario e le esigenze della missione. "Non si forzeranno le cose; tutto sarà gestito con rispetto ed amore", sono parole del Generale molto giuste in questi programmi di ristrutturazione. In questi momenti "è necessario porre la Congregazione in stato di dialogo e discernimento"- E' giunto il momento di ripensare seriamente al senso che hanno l'obbedienza e l'autorità nella vita religiosa, e come deve essere esercitata l'autorità in modo da armonizzarla con la libertà solidale.
f.Se l'unico criterio di attuazione è l'autonomia personale, chiudete il capitolo e rinunciate a programmare la ristrutturazione. (Preoccupa un argomento crescente nelle comunità religiose: lasciare le persone che si sentono a loro agio dove sono semplicemente perché si sentono a loro agio. Sappiamo noi cos’è la felicità ed in cosa consiste la nostra? Certe esperienze della vita mi hanno dimostrato che non possiamo essere così sicuri).
g.Un’osservazione sotto forma di esortazione: che i cambiamenti non siano inspirati da una fuga dalla responsabilità, dalla convivenza, da noi stesi, bensì dalla ricerca di una vita e di una missione più evangelica.
h.La resistenza personale ed istituzionale al cambiamento solitamente è prodotta dalla paura, a volte mascherata, e dalla mancanza di fede. Paura dei cambiamenti, paura della burocrazia sterile, paura di rinunciare al proprio provincialismo. Ma la maggior parte delle paure sono gratuite. Per questo il problema del cambiamento nella vita religiosa è in buona misura un problema di fede.
i.La fede ci permette di sentire e di mantenerci nell’essenziale, in mezzo o malgrado i cambiamenti.
SESTA CONVINZIONE: I cambiamenti nella vita religiosa devono orientarsi o tendere verso tre obiettivi o sfide centrali: recuperare la nostra identità carismatica, recuperare la nostra missione profetica, creare le condizioni istituzionali per rendere tutto questo possibile.
a.Recuperare l’identità carismatica.
i. I cambiamenti da realizzare a livello personale, comunitario ed istituzionale dovrebbero essere incamminati verso il recupero di questa identità carismatica della vita religiosa, verso la rivitalizzazione del carisma e della spiritualità passionista, verso la rivitalizzazione della missione passionista.
ii. Nella tappa post-conciliare la vita religiosa si inclinò piuttosto verso l’attività o l’attivismo (moltiplicazione di impegni e militanze pastorali e docenti). Oggi tutto ciò viene chiamata la ragiona strumentale, che si è appropriata di certi settori della vita religiosa a livello individuale e comunitario.
iii. Il risultato è che abbiamo fatto e continuiamo a fare molto e lo facciamo perfino bene. Ma la vita religiosa continua a perdere la sua capacità di convocazione. Siamo lodati per il lavoro, ma il nostro significato è scarso. Forse soffriamo ciò di cui parla il vostro Generale quando dice che “ci si è abituati alla vita religiosa ed all’apostolato”, o abbiamo la tentazione di far diventare tutto questo una professione nel senso più routine della parola. E’ curioso constatare che nelle società dove la vita religiosa non ha potuto fare molte cose, a volte si è dedicata ad essere vita religiosa ed a offrire la testimonianza della sua presenza.
iv.Questa situazione lancia una sfida fondamentale alla vita religiosa: recuperare la sua identità carismatica. Non siamo un gruppo di funzionari ecclesiali o di operatori pastorali. La nostra missione fondamentale non è fare molte cose (ragione strumentale), bensì essere vita religiosa (ragione simbolica9. O far sì che la nostra condizione carismatica si esprima in ciò che facciamo. “L’efficacia della nostra missione è la nostra propria vita” (P.Generale). Ciò vuol dire che la nostra missione fondamentale è essere nel mondo attuale e nella Chiesa testimoni del Vangelo, ricordare l’Assoluto, indicare la trascendenza, essere testimoni dell’amore divino rivelato nella Passione di Cristo. Un religioso dovrebbe essere anzitutto un maestro di spiritualità (uno staretz); una comunità religiosa dovrebbe essere un centro o una fonte di spiritualità per la Chiesa, per la società, dove giungono i ricercatori della verità e di Dio, coloro che vogliono iniziarsi nell’esperienza di dio, coloro che vogliono imparare a pregare…Cosa rimane di tutto ciò nella vita religiosa? La falsa secolarizzazione o l’adattamento indiscriminato ai valori secolari ci hanno reso insignificanti. Bisogna imparare ad annunciare il Vangelo in un mondo secolare, ma senza rinunciare al Vangelo. Questo mondo secolare ha diritto di ricevere dai credenti risposte alle sue domande su Dio, o sentire suscitare in esso, da noi, le domande su Dio. Ma queste domande si suscitano solo partendo da una profonda esperienza di Dio o, per lo meno, a partire da una sincera ricerca di Dio.
v. Ciò suppone un vissuto della vita religiosa partendo dalla dimensione teologale (non bastano – anche se sono necessarie – le dimensioni ascetica, disciplinare, morale…). E’ la sfida della fede radicale di cui parlò già molti anni fa Tillard, esponendolo come il problema fondamentale della vita religiosa.
vi. In ritiri spirituali oggi io non oso chiedere frontalmente: e tu, quanto tempo dedichi alla preghiera? Perché non chiederlo in un capitolo di Passionisti, se me lo permettono?
b.Recuperare la dimensione profetica della missione
i.Oggi ci lamentiamo del fatto che la gerarchia non permette alla vita religiosa di essere profetica e di svolgere la sua missione profetica. Ma questa non è tutta la verità. C’è una domanda più radicale che ci riguarda tutti. I Vescovi, ci strumentalizzano per compiti diocesani e parrocchiali di supplenza? O la vita religiosa si sente a suo agio in questi compiti, perché non sa fare altro, forse più duro, che richiede più creatività ed è meno redditizio? Forse alla VR manca oggi l’esperienza carismatica o il coraggio profetico per essere vita religiosa nel senso che abbiamo commentato prima? (In una congregazione maschile, uno studio sociologico giungeva alla seguente conclusione: le due terze parti dei membri erano più identificati con i valori del clero diocesano che con quelli della VR.) Cosa succederà se per ipotesi domani ci togliessero il presbiterato e rimanessimo semplicemente religiosi?
ii.J.B.METZ, nel suo libro gli Ordini Religiosi impostò questo problema con tutta la forza ed esattezza possibili. Denunciò il parrocchialismo della VR come la morte della VR stessa e l’indebolimento della sequela di Cristo nella comunità cristiana. Con questo parrocchialismo hanno pero la VR, la Chiesa e la società. (Il libro è molto utile e pone interrogativi radicali alla VR. Ed è particolarmente rilevante perché scritto fuori di essa).
Ciò non significa che dobbiamo porre la vita religiosa al di fuori o al margine della Chiesa locale e della pastorale d’insieme. Significa semplicemente che il contributo della VR alla Chiesa locale ed alla pastorale d’insieme deve essere specifico della sua identità carismatica e della sua missione profetica. Ciò farà crescere la Chiesa locale nella vita cristiana, e non la farà funzionare solo bene istituzionalmente. Qui le Congregazioni devono stare molto attente al loro carisma e considerarlo criterio della loro missione. (I compiti di supplenza dovrebbero limitarsi ad essere situazioni di emergenze, mai istituzionalizzate perpetuamente). Bisogna chiedersi con onestà cosa cercano i fedeli nelle nostre parrocchie (servizi effettivi o vita evangelica?) o nei nostri collegi (eccellenza accademica solamente o anche valori evangelici?), etc…
iv.La sfida fondamentale per la vita religiosa oggi è riscattare la sua dimensione carismatica ed offrire una testimonianza profetica nella società e nella Chiesa (testimonianza di trascendenza, sequela radicale, esperienza contemplativa, missione evangelizzatrice).
v.Per affrontare questa sfida è necessario impostare tre caratteristiche fondamentali della vita cristiana radicale: la dimensiona contemplativa o l’esperienza di dio; il ritorno reale ed effettivo alla povertà evangelica;
l’esperienza teologale della comunità (non basta la comunità semplicemente sociologica). Sono sempre molto colpito dal fatto che questi tre grandi valori evangelici corrispondano a tre grandi carenze o necessità del mondo attuale: il secolarismo e la nostalgia dell’esperienza religiosa; l’idolo del vitello d’oro ed il bisogno di solidarietà, la triste solitudine o l’individualismo chiuso in se stesso ed il bisogno di comunicazione e comunità.
vi.Questa missione profetica richiede dalla vita religiosa un coraggio profetico speciale e sapersi collocare come un movimento anticulturale nella Chiesa locale e nella società, partendo dai margini, dai poveri e dagli esclusi. San Paolo della Croce “vedeva il nome di Gesù Cristo scritto sul volto dei poveri”. Voi Passionisti dovreste essere esperti in questo, perché l’opzione per il Crocifisso porta con sé unita l’opzione per i poveri e gli esclusi, per i crocifissi. Il vostro fondatore chiamava i primi confratelli e compagni “i poveri di Gesù”. “Il Crocifisso è stato il mio grande maestro”. (San Paolo della Croce). Il Generale dice con giustezza: “Parlando di ristrutturazione si guardi principalmente il mondo esterno: ascoltare il dolore del mondo”.
c.La riconversione istituzionale o ristrutturazione o creare le condizioni istituzionali per i due obiettivi precedenti. Per la vita religiosa oggi la “ristrutturazione” è urgente.
i.”Non sa, non risponde” E’ questa la situazione della VR riguardo alla maggior parte dei suoi problemi. Non mancano buone intenzioni e buona volontà da parte di tutti. Dichiarazioni di buona intenzione appaiono in tutti i Capitoli Generali, Provinciali, Vicariali, Conventuali… di tutti gli Ordini e Congregazioni. Ma ci sono pochi cambiamenti radicali nella VR, a meno che la pressione non vanga da circostanze esterne. “Non sappiamo, non possiamo”: questa è la realtà dinanzi alla maggior parte dei problemi. Detto in un altro modo: la maggior parte dei problemi sono istituzionali. E quindi ecco la sfida. O c’è una riconversione istituzionale o non si esce dai problemi. (Frequentemente l’individualismo, l’imborghesimento, la ricerca del benessere sono solo meccanismi di difesa spiegabili dinanzi alle minacce istituzionali o alla debolezza istituzionale.
ii.La riconversione istituzionale o la ristrutturazione esige oggi fare molta attenzione ad alcuni problemi non risolti, direttamente relazionati con il nostro stile di vita e con le nostre presenze.
1.In primo luogo, forse dobbiamo ridurre le nostre opere ed alleggerire la pianta fisica o l’infrastruttura che le sostiene. I grandi edifici suppongono, con frequenza, un peso finanziario insopportabile per molte congregazioni ed una dedizione esagerata di risorse umane per il loro mantenimento. Alcune lanciano perfino i propri abitanti verso un processo di invecchiamento fisico e spirituale, di ritiro prematuro, di isolamento dalla gente. La VR oggi devo affrontare la sfida di alleggerire e semplificare la pianta fisica per facilitare la vita e la missione. (Questo senza entrare nella questione dell’antitestimonianza: le grandi opere, tra l’altro, rendono impossibile alla VR ed alla Chiesa far credere che sono povere). Naturalmente questo tema deve essere oggetto di discernimento tenendo conto delle necessità della missione. (Una comunità
contemplativa richiede meno infrastruttura di una comunità educativa).
2.In secondo luogo, forse la vita religiosa deve alleggerire anche le istituzioni e le opere che sottopongono i suoi membri ad un lavoro e attività eccessivi. In alcune congregazioni si sente una lamentela generalizzata in questo senso: i pochi membri disponibili, a vote di avanzata età, si vedono obbligati a dedicare tutta la loro forza per mantenere opere ed istituzioni, fino a sperimentare l’esaurimento fisico e spirituale. (Parlando dei periodi sabbatici, un autore americano dice con un po’ di malizia: “Bruciamo le persone e le ricicliamo per bruciarle di nuovo”). Questo attivismo vorace non è compatibile con la dimensione carismatica e profetica della vita religiosa (strumentalizzata dinanzi all’essere simbolico). Oggi abbiamo dinanzi la sfida di non sacrificare la VR al lavoro, all’efficientismo ed all’utilitarismo sociale. Naturalmente questa sfida deve essere oggetto di discernimento anche partendo dai bisogni della gente. E’ vero anche che alcuni religiosi peccano per l’estremo opposto, l’eccessivo riposo e la pensione prematura.
3.In terzo luogo, la ristrutturazione esige anche alleggerire l’apparecchiatura burocratica ed attualizzare l’organizzazione delle opere ed istituzioni, per facilitare la vitalità della Congregazione. Un mondo più globale, internazionale ed interculturale…ci chiede un’organizzazione meno provinciale e regionalistica, più globale ed internazionale, interculturale. Avete ragione: per realizzare la ristrutturazione “bisogna pensare la Congregazione nella sua totalità e non solo pensare nelle province, separatamente”. Ma anche un mondo schiacciato dall’eccessiva burocrazia deve farci pensare e non cadere nella stessa rete: non creare tanti organismi e così complessi da fermare la macchina, cioè che paralizzano la vita e la missione. (Un Generale dei Domenicani diceva: arriverà un momento in cui tutti i Domenicani faranno parte di qualche commissione preparando la predicazione e nessuno predicando). In tutto il processo di ristrutturazione è necessario stare attenti per alleggerire la burocrazie e non renderla sempre più complessa.
4. In quarto luogo, è necessario fare attenzione all’ubicazione opportuna delle comunità. Il tema dell’inserimento è stato molto dibattuto e criticato, in alcuni casi perché non è stato frutto di una scelta evangelica, in altri per semplici pregiudizi ideologici o politici. Ma, per molti religiosi ha supposto rincontrasi con la propria identità carismatica e con la loro missione profetica ed evangelizzatrice. La missione viva e la vicinanza alla gente ha rivitalizzato dimensioni essenziali della vita religiosa (preghiera comunitaria, riflessione teologica condivisa, progetto apostolico comune, vita fraterna…). Le comunità di inserimento indicano a molti le prospettive di futuro della VR: nuova forma di collocarsi nel mondo; vicinanza alla gente; apertura della nostra vita alla gente e cercare di rivitalizzarla con la partecipazione della gente stessa; convocazione vocazionale; solidarietà con i poveri, ovvero cammino di recupero della povertà evangelica. La vita religiosa si trova ora in una situazione propizia per risolvere questo problema in modo radicale, posto che in molti casi si tratta di iniziare, di nuove fondazioni.
5.Alcuni criteri della ristrutturazione che mi sono sembrati più significativi nei vostri documenti.
a.Farla con senso di Congregazione, e non con senso provinciale. Ciò supporrà unificazione o fusione di entità. Non è bene che “ogni provincia si dedichi a pensare ai suoi problemi”. “Non bisogna lavorare alla difensiva, come se credessimo di essere destinati inevitabilmente alla morte” (P.Generale). Alcune strutture nelle Congregazioni appartengono ad altri tempi in cui la cultura era molto distinta e la distribuzione geografica del mondo, era anch’essa diversa.
b.L’internazionalità e l’interculturalità sembrano parole chiave in tutto il vostro discorso sulla ristrutturazione. E’ giunto il momento di cercare “un nuovo modo di stare insieme”. “Dobbiamo entrare nella cultura dell’altro” per cui è necessario imparare l’arte del dialogo e della comunicazione.
c.Farla con senso solidale, e ciò supporrà essere più attenti alle entità che hanno bisogno di consolidamento. E farla pensando nella missione, no in noi. “La ristrutturazione è una risposta carismatica alla missione che ci è stata affidata” (P.Vital).
d.Cercare il consenso dal basso e non imporre la ristrutturazione dall’alto. “Congregazione in stato di dialogo e di discernimento”. “Riflettere come Congregazione, non come Provincia” (P.Vital).
e.Il servizio alla Chiesa locale, senza rinunciare al carisma ed alla spiritualità passionista, alla “memoria passionis”. Il contributo della missione e l’internazionalità alla Chiesa locale.
f.Contare con la presenza dei laici nella vita e nella missione passionista. Questo è un segno dei tempi nella Chiesa, ma in questo campo la pratica è molto più lenta della teoria.
g.Concedere spazio e rappresentatività ai giovani. Non è una questione di sopravvivenza. E’ questione di aprirsi alla novità e coltivare il futuro affinché il carisma e la spiritualità passionista non perdano vigore.
Felicísimo Martínez, O.P. |
|