Caro
Luca,
innanzitutto mi scuso con te se scrivo ancora in modo
"sorpassato", ma mi riesce veramente difficile
l’uso del k con la disinvoltura
con cui lo fai tu: è solo questione di … età!
Mi chiedi: era un ragazzo normale Francesco Possenti?
(Si chiamava così S. Gabriele prima di diventare
religioso passionista).
E lo metti in dubbio? Certo che era normale! Anzi, solo
se si è normali si diventa Santi.
Noi abbiamo talvolta una visione distorta dei santi; li
vediamo come persone fuori dall’ordinario, lontane
dalla nostra realtà, dai nostri problemi quotidiani,
dalle nostre ansie e preoccupazioni. Non è così! E
neanche è vero che pensassero solo a pregare; lo
facevano – e bene – nei tempi e nei luoghi stabiliti
e con la serietà e l’impegno che merita un atto così
importante. La cosa importante e particolare è che
facevano tutte le altre cose con la stessa serietà e
impegno; in tal modo tutto diventava preghiera, e, come
diceva il mio Santo Fondatore S. Paolo della Croce (se
vuoi qualche volta ti parlerò un po’ di Lui), la
preghiera durava 24 ore al giorno.
Un giorno chiesero a S. Gabriele cosa avrebbe fatto
sapendo di dover morire mentre era a mensa o a letto; il
santo ragazzo, rispose: "Continuerei a fare quello
che sto facendo, seguiterei a mangiare o a
dormire". Ecco come ragionano i Santi: fare bene
ogni cosa, anche la più semplice e ordinaria. Questo ci
aiuta a vivere bene il nostro presente, senza
preoccuparci eccessivamente di ciò che ci potrà
capitare domani; anzi, vivendo bene il presente, si
costruisce già il domani e ci si prepara ad accettarlo
così come la provvidenza di Dio vorrà donarcelo.
Tornando brevemente a S. Gabriele, egli nacque ad Assisi
la mattina del 1° marzo 1838, undicesimo di tredici
figli, in una bella e normalissima famiglia. Il padre, l’avv.
Sante Possenti, era un funzionario dello stato
pontificio, e come tale dovette peregrinare per diverse
città dell’Umbria, delle Marche e del Lazio con
compiti di governatore, delegato o assessore.. Quando
nacque Francesco, era governatore della città di
Assisi, e gli dettero questo nome proprio in onore del
grande Santo di Assisi.
Visse la sua infanzia e la sua fanciullezza nel modo
più normale, coccolato e anche un po’ viziato, anche
perché la mamma, Agnese Frisciotti morì a soli 41 anni
quando Francesco (Checchino lo chiamavano in casa) aveva
solo tre anni. La sua vita fu segnata da questa grave
perdita, ma il papà e le sorelle non gli faranno mai
mancare l’affetto e l’attenzione necessarie per una
sana crescita. E cresce proprio bene Francesco,
progredendo sempre di più nella vita di preghiera,
negli studi e nella buona educazione; pensa anche a
divertirsi, eccome si diverte, ma senza mai scantonare
nella volgarità e nella mancanza di rispetto verso gli
altri. E’ socievole e disinvolto, ama vestire bene,
ballare, recitare in teatro, andare a caccia,
passeggiare in compagnia degli amici. Frequenta i
salotti e le belle compagnie, anche di ragazze della sua
età; lo chiamano il ballerino e il damerino elegante, e
lo era per davvero.
Che ti pare, Luca, è normale un ragazzo così? Giudica
tu stesso. E proprio questo ragazzo così normale,
quando avverte dentro di sé che il Signore ha altri
progetti su di lui, non indugia a lasciare tutto per
seguire Colui che lo chiama. Soli quattro anni
trascorrerà tra i Passionisti, ma saranno sufficienti a
trasformare la sua normalità in una vita
straordinariamente vissuta come dono totale a Dio e ai
fratelli. Non avrà il tempo di diventare sacerdote,
perché morirà prima, stroncato dalla tisi. Era la
mattina del 27 febbraio 1862.
Spero che queste poche notizie ti siano sufficienti a
farti guardare a Gabriele come ad un amico in tutto
simile a te, al quale puoi sempre rivolgerti per
chiedere un aiuto e un incoraggiamento a vivere bene la
tua vita, normale come la sua.
Con affetto
P. Pietro
Caro
Luigi,
innanzitutto
ti saluto e ti ringrazio del tuo interessamento per il
nostro sito, anche se scoperto casualmente durante una
navigata in internet, anche se io credo che nulla
avvenga per caso e quindi neanche questo nostro incontro
epistolare è casuale; prova un po’ a pensare chi è
che potrebbe divertirsi a combinare queste cose…! Eh
si…, è proprio Colui al quale tu stai pensando, anche
se si serve del nostro impareggiabile webmaster Pasquale
Della Ragione che cura il nostro sito con grande
passione e ha ideato questa "grata
elettronica" (a lui piace tanto questa
denominazione) che ci permette di incontrarci sul web e
comunicarci le nostre esperienze.
Caro
Luigi, mi chiedi se è pensabile che ci possa essere
finalmente un po’ di pace:
CERTAMENTE SI !!!
Anche se tutto ciò che avviene nel mondo ci può
indurre a pensare diversamente, non smettiamo neanche
per un solo attimo di sperarlo e di impegnarci a dare il
nostro contributo per costruirla ogni giorno. Dobbiamo e
vogliamo essere degli inguaribili ottimisti.
Tu
mi chiedi: è insita nella natura umana combattere il
proprio simile? E ancora: serve pregare se poi l’uomo
è stato creato con tanta cattiveria?
Le
domande così poste presuppongono una certa convinzione:
che Dio abbia creato l’uomo cattivo!
Se
il concetto di Dio è quello derivante dalla mitologia
greco-romana, cioè passionale, allora è possibile che
l’uomo sia stato creato con la tendenza a fare il
male. Se invece la conoscenza di Dio poggia sulla
Rivelazione dataci da Gesù Cristo che ci dice che è un
Padre buono fino al punto di dare la sua vita, dobbiamo
concludere che è impossibile la creazione di un uomo
fondamentalmente e tendenzialmente cattivo. Da un albero
buono non vengono frutti cattivi.
Dirò
piuttosto che l’uomo è creato libero, che è una
delle qualità divine. Ed è da queste qualità, non
sviluppate correttamente, che scaturisce la schiavitù
interiore dell’uomo e la sua condotta prepotente
(prepotenza=cattiveria) verso i suoi simili. Nostro
compito è, allora, educarci ed aiutare gli uomini ad
educarsi alla ricerca e al raggiungimento di ciò che fa
bene allo sviluppo integrale della propria persona.
Educarsi vuol dire incontrarsi, aiutarsi a costruire
giorno per giorno la propria personalità umana e
cristiana; vuol dire aprirsi all’altro, entrare in
dialogo, superare l’egoismo di vedersi soli e
superiori agli altri; rispettare e valorizzare la
dignità e le qualità dell’altro, le sue esperienze,
i suoi pensieri, i suoi ideali, i suoi sentimenti , i
suoi gusti, i suoi sogni, la sua vocazione. Educarsi
vuol dire, in ultimo, crescere insieme nell’AMORE!!!
Solo
così diventiamo possessori, operatori e costruttori di
pace.
Ti
saluto con affetto e ti auguro tanta pace
P. Pietro |