16/11/02 - Biblioteca passionista di Sora (FR): Inaugurazione Fondo Antico. Relazione di P. Giuseppe Comparelli: "Origine e sviluppo della Biblioteca dei Passionisti di Sora"  SOMMARIO

Origine e incremento della biblioteca

Il Card. Baronio che volle la sede, pensò anche a costituire sul posto un patrimonio librario inviando "una cospicua provvisione di libri" (4). Il P. Filippo Cipollone, citando le Memorie del Marciano, dice che il Baronio a sue spese "Havevalo (il convento) di sacre suppellettili e di abbondante copia di libri provveduto"(5) . Qualcosa di diverso e più particolareggiato, leggiamo nelle Cronache dei cappuccini della provincia di Napoli: "Lasciò ai cappuccini di questo convento di Sora la sua gran libreria, i suoi manoscritti, ma l’esecuzione fu infedele mentre pochi libri, di niuna valuta, furono dati ad essi cappuccini" (6).
Quest’ultima affermazione può avere un certo riscontro nel testo di Raimondo Alberici, anch’egli oratoriano, che nel 1759 ebbe l’incarico, in qualità di bibliotecario della Vallicelliana, di curare la prima pubblicazione delle lettere e degli opuscoli (inediti manoscritti) del Cardinale. Egli dice: "pleraque digna mihi prorsus videbantur, ut typis impressa, in manus hominum pervenirent" (7). Questo fa capire che almeno i manoscritti del grande storico non erano partiti da Roma. Il curatore li dové raccogliere ed esaminare per la pubblicazione: "summi viri scripta publico reipublicae litterariae bono ab oblivione vindicarem" (8).
Anzi l’Alberici afferma che già altri erano all’opera, come il confratello G. Bianchini di Verona, che poi passò il materiale ad A. Galland che, a sua volta, volentieri lasciò spazio all’Alberici per il fatto che questi disponeva di scritti che egli non aveva. "Multa enim ego inveneram, collegeramque,Ven. Baronii monumenta quibus ille carebat" (9). L’Alberici curò due volumi. In essi non si parla di scritti donati o finiti altrove. Lo stesso curatore però afferma: "sed et Sorae, quae illius patria erat, minorum capuccinorum ordini monasterium a fundamentis erexit, quibus praeter multam sacrarum imaginum et librorum copiam…elargitus est" (10). Dunque libri e non manoscritti, pur rimanendo un certo disaccordo con le fonti cappuccine.
Tanto era da chiarirsi perché non si pianga qualche perdita inesistente. Non pare verosimile che il Baronio (che fu Bibliotecario di S.R. Chiesa nel 1597) mandasse a Sora i suoi manoscritti inediti, allontanandoli da Roma. Molto verosimile, invece, è che il Cardinale, anche per riguardo alla sua città natale, facesse pervenire al convento dei cappuccini qualche cassa di libri, non solo perché così dicono le fonti citate, ma anche perché la fondazione di una sede di mendicanti prevedeva pure questo.
Dove è finito questo patrimonio? E i libri successivi che ebbe la biblioteca del convento, per naturale incremento, dove sono? Certo è che all’esame dei frontespizi della biblioteca attuale di S. Maria degli Angeli non figurano timbri relativi, né diciture manoscritte che facciano risalire al fondo antico dei cappuccini. Gaetano Squilla parla di "alcune opere" dei cappuccini di Sora finite nella biblioteca del Seminario della città (11). Troppo poco per chiudere serenamente l’argomento.
Pur essendo una piccola comunità, è più che sicuro il costituirsi di una decente biblioteca per lo spazio di oltre duecento anni. Non rimane che rifarsi alle procedure dell’occupazione francese all’atto della soppressione nel 1810. Certamente l’allontanamento dei religiosi, piuttosto brusco, secondo la prassi ovunque adottata, non diede modo di proteggere beni, del resto, già inventariati e venduti. L’intenzione poi di non più riscattare la sede dissuase i superiori di Napoli a seguire la vicenda. Del resto fu in questo modo che si spensero in Italia moltissime biblioteche durante l’occupazione francese. Solo la provincia cappuccina di Napoli in questa occasione dovè chiudere definitivamente dodici conventi su trentanove (12).
Dopo 32 anni vengono i passionisti e iniziano un nuovo capitolo sulla presenza dei religiosi a Sora. Ristrutturazioni e ampliamenti danno modo di prevedere il sito della nuova biblioteca. Ignoriamo quello precedente dei cappuccini. Il Superiore Generale P. Antonio Testa, che ebbe molto a cuore questa fondazione, inviò una provvista di libri, tra cui il Ferraris e il Liguori. Lo stesso Generale dispose che l’anno seguente, 1843, la nuova sede avesse uno studio regolare che di fatto si costituì iniziando con cinque studenti chierici e un docente. Intanto all’apertura della sede era stato inviato come superiore locale P. Ambrogio Baldassi, primo consultore provinciale, docente per anni.
Da uomo di cultura pensò subito ad incrementare la prima provvista di libri risultante da contributi delle comunità di provincia (13) e da quelli inviati da Roma. Lo stesso anno 1842 risultano comprati 6 volumi, ma non si danno i titoli. Nel frattempo P. Baldassi pensa anche a far rilegare volumi danneggiati o acquistati in fascicoli. Nel marzo 1843 fa venire libri da Napoli, passando le quote di pagamento a don Antonio Passarelli che collabora come mediatore all’iniziativa. Forse comincia qui per la biblioteca passionista di Sora il lungo ingresso di titoli stampati a Napoli.
Dopo qualche anno di stasi, dovuta al forte impegno per la ristrutturazione del fabbricato, ma non senza cura per le voci riguardanti la biblioteca e le rilegature, si giunge al 1849 e 1850 con acquisti a Veroli: una Bibbia, un testo di matematica e altri libri non precisati. E’ vice-rettore in questi anni P. Filippo Squarcia, scrittore e uomo di notevole esperienza – fu anche missionario in Bulgaria – La sua presenza in amministrazione si nota con gli acquisti e con le rilegature per la biblioteca. Sempre a Veroli si tratta il primo consistente ingresso di volumi dopo quelli giunti alla fondazione: il canonico Bucciarelli propone alla comunità di Sora 500 volumi al prezzo di 50 scudi. Si accetta, e lo stesso Generale P. Testa contribuisce alla spesa. (14) Nell’Agosto 1851 si acquista il Neyreguet, moralista di indirizzo alfonsiano, per i corsi interni.
Nel 1852 si registrano "spese per libri" non precisati. P. Squarcia in questi anni cura la stampa di molti opuscoli di divulgazione popolare. Dal 1853, anno dell’apertura della sede di Aversa, iniziano i contatti con l’editore Filippo Torno cui vengono commissionate molte pubblicazioni. Ma all’inizio P. Filippo Squarcia si serve della tipografia del Morotrofio di Aversa, sempre nel 1853, per dare alle stampe un’opera spirituale del beato Domenico Barberi (15) già superiore provinciale, instancabile apostolo e scrittore, morto in Inghilterra nel 1849. Nel decennio 1853-63 la committenza a Filippo Torno è intensificata con libri di piccola mole per l’istruzione religiosa popolare, ma anche per immagini calcografiche ed altro. Questo legame si spiega anche con la frequentazione, tra le comunità di Sora e Aversa, che va dalla collaborazione pastorale a quella finanziaria.
chierici studenti che ogni tanto vanno da Sora ad Aversa e Caserta vengono anche a contatto con un mondo culturale ed ecclesiastico più vivace. Così si conoscono e si acquistano autori come Tommaso di Charmes, testo del seminario, come quello dell’aversano Gaetano de Folgore, teologo, estranei alla tradizione passionista. I prezzi sono più convenienti. Napoli abbonda di stampatori e di editori molto più che le altre città della penisola.
1854 registra gli incrementi relativi al triennio precedente: 10 tomi in folio di S. Agostino, dati dal P. Generale; 4 tomi del Tamburini, i quaresimali del P. Segneri, del P. Calino e del P. Rossi, il domenicale del Campadelli, i 6 volumi del Gonet, i 4 del Puget, uno del Crisostomo, i commenti al Vangelo, del Mondovì, i volumi storici dell’Orsi, quelli morali di S. Alfonso de Liguori che poi si infoltiranno ancora nel 1855 con altri titoli, la morale dei Salmanticensi, le decretali di Gregorio IX, i volumi di teologia dello Habert, i testi di diritto del Monacelli, due dizionari e altri titoli ancora tra cui quelli di contenuto agiografico (biografie di santi).
1855 segna un ulteriore passo avanti nella tipologia propria di una biblioteca passionista. Infatti sono gli stessi religiosi, con risparmi personali in comune, a fare notevoli acquisti. Altri vengono coperti con la cassa comune del ritiro, altri ancora provengono da benefattori, come tiene ad informare la platea.(16).
Intanto anche la cura della biblioteca prosegue con attenzione alle strutture e alle rilegature. Nel luglio e nell’ottobre 1861 si acquistano nuovi libri e si spende per stampe periodiche. Il 1862 annota l’ingresso di volumi non precisati nei titoli. Giungiamo così al 1866, l’anno nero delle biblioteche ecclesiastiche nel Regno di Napoli. Quelle dei passionisti di Aquila, Caserta, Aversa vengono requisite; solo da quella dell’Aquila si salva qualche cassa di libri pregiati, spediti preventivamente nelle case sud-laziali. La sede di Sora, invece, sembra profilarsi come una felice anomalia. Incuranti di quanto succede altrove, i religiosi curano nuovi ingressi. "Furono comprate molte opere per la biblioteca" annota la platea per quest’anno, citando solo Gaetano da Bergamo, una nuova serie di Van Den Steen e l’Enciclopedia popolare (17).
Quello che impressiona non è tanto il continuo incremento "proprio" della biblioteca, prima dei corposi donativi che presto giungeranno, quanto un diverso clima locale nei confronti delle operazioni di soppressione, attive dovunque. Fin quando può, il convento di Sora si vale della resistenza di popolo e autorità locali alle leggi piemontesi. Nuovi acquisti infatti vengono realizzati nel 1870. Nel 1872 il rettore P. Modesto Panizzi, molto venerato a Sora, compra i libri del canonico Giuseppe Passarelli, penitenziere di Atina; parte della somma è coperta con impegni di suffragi.(18). Nel 1876 il rettore P. Raimondo Scannerini, pistoiese, molto popolare in città, acquista nuovi volumi di liturgia, morale e agiografia, altri ne compra presso l’arciprete.
A questa data le altre biblioteche passioniste del Lazio ex-pontificio sono state incamerate e messe all’asta, questa di Sora continua la sua crescita. Nel 1882 muore il vicario generale di Sora Mons. Giuseppe Annoni, e lascia per testamento la sua biblioteca ai passionisti. I religiosi annotano che il "pregio" delle opere è superiore al numero che pure è considerevole. Ma non viene fornita alcuna cifra: è forse il fondo privato più ricco che entra in convento. Gli anni 1883-84 ci informano di altri ingressi. Nuovi libri vengono comprati nel 1892. Il Rettore P. Pio Sirolesi nel 1894 acquista 80 volumi presso privati, l’anno successivo 1895 spende per altri 72 volumi; dall’argomento accennato sembra trattarsi della serie di Crevier. Sono gli ultimi bocconi di una crescita continua e questi del P. Sirolesi sono forse dovuti anche all’euforia per aver recuperato la proprietà del Ritiro e, ovviamente, della biblioteca, ricomprandola dallo Stato nel 1892.
Da ora in poi le biblioteche religiose non documentano eguale ritmo di incremento, ma il ritiro di Sora anche questa volta si distingue, allungando gli scaffali con nuove donazioni di fondi provenienti dalle età floride con sicuri titoli antichi, ed è per questo che qui si registrano. Nel 1905 l’arciprete di Casalvieri lasciò i suoi libri al convento. Ugualmente fece don Luigi de Medicis che donò tutta la sua biblioteca, anche se non fu prelevata al completo (19).
Giunge il 1906 e finalmente, dopo anni di condizionamenti, sloggia l’ospedale che era in convento. Se ne approfitta per dare più spazio alla biblioteca, notevolmente cresciuta negli ultimi anni. Tra l’altro la vecchia sede soffre di umidità. Il rettore P. Damaso Trani, ottenuti i consensi, fa sventrare i vani attigui e dispone di nuovi locali e scaffali in cui i libri entrano ancora umidi dal vecchio sito (20). Nel 1911 altri titoli affluiscono alla nuova libreria: si comprano le serie di Monsabrè e Bougaud, si accettano le donazioni di "alcuni libri" appartenuti ai sacc. Leopoldo e Filippo Loffredi (21).
Nel 1914 il Signor Enrico de Gruttis, procuratore del Re in Aquila, donò 150 volumi al convento, ereditati dallo zio don Raffaele, abate di Civitella Roveto, in cambio di suffragi. Lo stesso farà nel 1923 il canonico don Ignazio Bastardi con un "buon numero di libri" (22). In ultimo, quasi a coronamento di una tradizione che è come un rito di civiltà libraria a Sora, si registra, anche con gratitudine, il gesto della sorana Suor Assunta Giovannangelo, che alla morte dello zio don Rocco Isopo, ex passionista, bibliofilo, già bibliotecario della sede generalizia a Roma, nel 1981 dona ai passionisti di Sora duemila volumi (23) moderni, tra cui l’Enciclopedia Treccani, la ricca serie Ricciardi ed altre collane di editori e testi, scelti con finissimo fiuto erudito, il meglio del ‘900. Dona poi i pregiati volumi antichi alla biblioteca dei passionisti di Paliano.
Concludiamo questi dati con qualche osservazione: l’incremento della biblioteca S. Maria degli Angeli ha seguito due linee: l’acquisto continuo dei religiosi e gli ingressi discontinui delle donazioni. Queste per forza presentano un titolario sparso (appaiono per es. materie di diritto civile, viaggi ed altro) ma mai lontano dalla tipologia ecclesiastica, anche perché è impensabile che il prelievo non seguisse un certo filtro, non fosse altro che per evitare doppioni. Qualcuno non si è evitato, e il Sacy, 31 volumi, è doppio. Inutile dire che la fisionomia di una biblioteca conventuale, passionista in specie, è più assicurata dagli acquisti. Di questo parleremo più a proposito nelle pagine seguenti.
L’altra osservazione che ci viene spontanea è che l’attuale consistenza della biblioteca passionista di Sora non pare corrispondere a tutti gli ingressi storici, anche tenendo conto delle serie ottocentesche fuori del fondo antico, molto nutrite. Noi abbiamo parlato di una certa condizione privilegiata della comunità di Sora all’epoca delle leggi anticlericali e amiamo supporre che se ne sia avvantaggiata la biblioteca per il fatto che non si rinvengono timbri della Commissione Governativa del Demanio, ma questo non toglie ogni dubbio. I documenti dicono che nel dicembre 1866 fu redatto un "nuovo inventario" da parte degli addetti governativi, ma non si specifica se furono inventariati anche i libri da alienare come per le altre sedi religiose.
Il disorientamento di quegli anni portò a trascurare un po’ ovunque la cronaca dettagliata dei fatti, sia per i controlli sia per le partenze dei religiosi. Ciò comportò lacune negli archivi e scarsa custodia dei locali. Tra l’altro il nuovo governo sistemò i carcerati nel convento di Sora. Tra essi giunse anche il colera che fece vittime. I religiosi assistettero amorevolmente i colpiti. Ai primi del 1867 furono costretti a partire i primi religiosi per Falvaterra, nello Stato Pontificio. Sarebbero dovuti partire tutti se non ci fossero state le ferme pressioni locali che ottennero la presenza di 4 religiosi con incombenze umanitarie. Tutto il complesso della proprietà, fabbricato e terreni, fu venduto dal governo. Come si comportarono i nuovi titolari nei confronti dei beni della casa? Rimase integra la biblioteca? L’assenza di timbri può anche significare l’assenza dei libri timbrati, dal momento che si timbrava appunto quello che si alienava. La mancanza di cataloghi lascia tutto nell’interrogazione.
Per le vicende successive non sappiamo se e quanto abbiano interessato la biblioteca. Alludiamo al terremoto del 1915, che danneggiò il convento, e alla guerra ultima che lo trasformò in rifugio durante i bombardamenti. Dal gennaio 1944 al gennaio 1945 vi fu trasferito l’ospedale civile.

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